Da dieci anni Erik Wøllo ha iniziato una proficua collaborazione con la Projekt di Sam Rosenthal, dai tempi del bel disco registrato con Steve Roach (“Stream Of Thought”, 2009). Da allora sono stati stampati dall’etichetta americana una dozzina di album che hanno fatto conoscere il nome del musicista norvegese a un pubblico più ampio. Altrettanto importanti, anche se meno numerose, le collaborazioni degli ultimi anni con Ian Boddy e con la sua DiN, l’ultima della quali uscita l’anno scorso (“Meridian”, 2018).
Molti anni prima Erik Wøllo aveva cominciato a pubblicare album di elegante musica ambient/new age su etichette come la Cicada (Popol Vuh, Roedelius, Tim Story) e la Origo Sound (Biosphere). Non prima di un paio di collaborazioni in ambito jazz che influenzeranno la sua carriera: la prima nel gruppo jazz dei Celeste (“Design By Music”, 1983); la seconda pubblicata a suo nome (“Where It All Begins”, 1984), imbevuta di quella fusion nordica che fece innamorare anche Miles Davis (“Aura”, 1986).
“Sources (Early Works 1986 - 1992)” raccoglie brani rimasti fuori dalle scalette dei suoi seguenti tre album, “Dreams Of Pyramids” (1984), “Traces” (1985) e “Silver Beach” (1986), e ora recuperati dalle originali registrazioni su nastro dalle sapienti mani di Helge Sten (Deathprod). In scaletta dieci composizioni che mostrano come già a metà anni 80 fosse definita la grammatica del musicista norvegese. Sebbene l’ispirazione principale sia inesorabilmente quella di Klaus Schulze e della Berlin School (“Swamp Land”, “The Movie”, "Luftreise"), lo stile chitarristico di Wøllo mostra colori del tutto personali. La chitarra che accompagna il risveglio di “Blooming” sembra uscita da un disco dei King Crimson con Adrian Belew.
Un’altra ispirazione dichiarata dallo stesso musicista norvegese è quella per Jon Hassell e per la sua personale declinazione dell’ambient "del quarto mondo": “Soft Journey” sembra il tentativo di creare una forma originale di crossover tra fusion, rock psichedelico e ambient. Il risultato peraltro non è molto distante dagli esperimenti che in quegli anni stava compiendo il compianto Barry Craig, né dalle soluzioni che da lì a breve troverà anche Steve Roach per personalizzare il suo stile. D’altro canto la passione di Wøllo per le collaborazioni tra Brian Eno e Harold Budd lo spinge a sperimentare con suoni e atmosfere ai limiti del silenzio (“The Near Future”, “Big Sky”).
"Sono molto felice che l'album si senta come un tutt'uno. Non guardo spesso indietro e raramente ascolto le mie uscite dopo la loro pubblicazione", scrive lo stesso Wøllo nelle note che accompagnano il disco. "A volte mi sorprendo positivamente scoprendo nuovi aspetti del mio vecchio materiale. Questa è musica che nasceva d'impulso seguendo il desiderio di creare qualcosa di nuovo. Non mi fermavo molto a pensare a come sarebbe dovuta essere confezionata. Almeno questo è quanto ricordo".
19/03/2019