Weste

Abanico

2020 (The Orchard/Geiser)
art-latin-pop, avant-lounge

Una seduzione in riva al mare, all'ombra di un palmeto dalle verdi foglie cerate; in sottofondo, fili di ottoni che sibilano con l'eleganza di un jazz, il calore di percussioni battute con mano nuda, intangibili origami di carta velina elettronica e bassi che indugiano su un pavimento di sabbia e velluto. Clara Trucco, dall'Argentina, è la sirena al microfono, che incanta l'ascoltatore col fascino cinematografico di una vecchia diva dell'exotica, mentre Ignacio Perez, dall'Uruguay, si occupa della cura sonora assieme a un variegato manipolo di strumentisti.
Tutti questi spunti fanno di "Abanico" un affascinante ascolto di lounge insolitamente progressiva, con un contorno di articolate soluzioni produttive e arrangiamenti latini orchestrati con un gusto quasi barocco. Un po' come Hansel & Gretel nel bosco, i Weste rilasciano lungo il sentiero tanti sassolini e solo raccogliendoli tutti appare evidente il disegno finale di un canzoniere ricco, disinibito e alquanto originale.
 
ll sinuoso snodarsi di "Polvo" è il momento più scherzoso del disco, quello col quale Clara e Ignacio fanno l'occhiolino alle sonorità pan-latine della propria infanzia, tra un passo di samba e una brillante partitura di pianoforte dirottato su Cuba. Brani come "Ficcionar" e "Filo" fanno tornare alla mente il piratesco cantautorato ricco di nostalgia dei vecchi Cousteau, intinto però in una folkloristica ghiera di garbato funk.
Ma presto "Abanico" inizia a permutare la formula verso mille direzioni diverse, creando un arazzo di impercettibili trame sonore; "Razones" indugia su una sommessa serie di smottamenti di ottoni, tastiere e arpeggi di chitarra a sorreggere una costruzione a più parti vocali - tra le quali trova posto anche un inciso di rap.
Le lente dilatazioni post-funk di "Tinta" danno modo a Clara di infilare una preziosa interpretazione delle sue, a cavallo tra il languido, l'implorante e la saudade brasiliana. Fa specie la struttura poliforme di "Abanicando", srotolata su una ritmica marziale tra sentori downtempo, rintocchi french e un finalino quasi fusion: Sebastian Tellier e la sua personale musa Dita Von Teese applaudirebbero con garbo a tale risultato. E questo per tacere di "Murmurar", una sorta di divertissement composto da cascatelle di flauti, tastiere multicolori e i giocosi sorrisi di Clara.
 
"Abanico" non è certo un disco per tutti. Raffinato al punto da toccare l'astratto, inusitatamente articolato quanto sempre molto lascivo nell'atmosfera, capace di impiegare lussuosi arrangiamenti tropicali con la parsimonia di un compositore minimalista: canzoni come queste finiscono inevitabilmente con l'assumere la forma di collage mini-sinfonici dove le parti strumentali hanno lo stesso peso di quelle vocali - vedasi la doppia apertura di "Cantaro", le steel drums e il pizzicato di mandolino che conversano tra di loro su "Sombra" (salvo poi lasciar posto a una conclusione elettronica che sembra l'intermezzo nel pregap di un cd anni 90).
Eppure è proprio questo il fascino della musica dei Weste. Nel variopinto panorama contemporaneo della musica latina di estrazione indie che vede muoversi di pari passo tanto gente come Buscabulla e Sotomayor quanto Kali Uchis, Malena ZavalaLido Pimienta, Populous e Clap! Clap!, un disco come "Abanico" conquista una nicchia tutta sua. Tra il cantautorato e la lounge più dinoccolata, tra cultura latina e bizzarre divagazioni personali: uno spaccato sonoro da scoprire in tutta calma.

05/01/2021

Tracklist

  1. Polvo
  2. Razones
  3. Tinta
  4. Abanicando
  5. Ficcionar
  6. Murmurar
  7. Quisiera
  8. Suavidad
  9. Cantaro
  10. Disuelvo
  11. Filo




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