Fly or Die. Era il nome scelto da jaimie branch per il suo principale progetto artistico tra musica, arti visive e spoken-word poetry, diviso in capitoli come “Coin Coin” di Matana Roberts. Ma alla fine il talento della trombettista di stanza a Brooklyn, all'insegna del genio e della sregolatezza, è rimasto fedele a quell’azzardo e oggi, dopo un anno, ci troviamo a ricordarne la sua assenza e a celebrarne la vita, nel momento in cui quello spirito è stato libero di “volare”.
L’ultimo lavoro di cui ha potuto vedere la pubblicazione è stato il terzo episodio del duo Anteloper, esperienza che condivideva con Jason Nazary, dopo i tentativi di dare evidenza e forma ai take live di “Kudu” (International Anthem, 2018) e “Tour Beats vol. 1” (International Anthem, 2020). In testa abbiamo ancora le parole dell’intervista che ci aveva concesso prima del live a Jazz Is Dead 2022 e i suoni di quella performance, seguendo sempre le linee guida che ci erano state fornite: “Anteloper parte sempre dal suono”.
“Pink Dolphins”, ancora una volta accompagnato dall’artwork realizzato dalla stessa branch, è l’opera più completa della seppur breve vita del duo e uno dei titoli più significativi del roster della International Anthem, etichetta che ha contribuito e sta contribuendo col proprio catalogo a creare un’idea di scena jazz contemporanea made in Usa che potesse travalicare i confini di Chicago. Ci immerge esattamente nel processo compositivo della coppia fatto di psichedelia e free jazz, ma con l’eco anche della musica di avanguardia che a New York ha saputo scrivere così tanta storia.
L’album è come se ruotasse sull'unica vera e propria canzone presente, “Earthlings”, cesellata dalla maestria alla produzione di Jeff Parker che ha incanalato le debordanti improvvisazioni del duo attraverso quella che branch definisce “songitude”, la capacità di trasformare dei flussi sonori in canzoni partendo dall’individuare e loopare dei fraseggi.
Ecco serviti 38 minuti circa di musica tra cavalcate lisergiche innervate di elettronica (“Inia”), motivi slabbrati che scarabocchiano lo standard (“Delfin Rosado”), beat nervosi frustati di controtempi (“Baby Nota Halloceanation”) e bozzetti sintetici fatti di pulsazioni, suoni rarefatti e arpeggi di chitarra che invocano Sun Ra e i Doors per poi finire diretti tra le maglie sonore di Pauline Oliveros e Laurie Spiegel (“One Living Genus”). Al centro troviamo proprio “Earthlings”, straordinario pop tune di matrice jazz/hip-hop che vede branch alle prese con un cantato melodico estremamente catchy.
Oggi quella voce così personale e atipica nel panorama jazz contemporaneo, con la sua aura esplosiva di creatività che andava dalla poesia alle arti visive, ci manca. Insieme alla percezione di essere immersi in un flusso sonoro debordante che non sai in che direzione stia andando e quindi dove ti stia portando, sensazione dal vivo evidente ed emozionante. Intanto attendiamo che dai cassetti spunti ancora qualche registrazione.
22/08/2023