Sono passati più di dieci anni dalla loro ultima fatica, quel “Dream Seed” che, pur non raggiungendo le vette di “Secular Works”, confermava l’assoluta originalità di una formazione che aveva nel chitarrista Charlie Looker il suo deus ex machina. Ma come suonava quel primo, affascinante lavoro? A suo tempo – mi sia consentito autocitarmi – scrissi che la musica del collettivo newyorkese era “un coacervo di influenze miracolosamente calate dentro strutture spigolose, un incontro micidiale tra cenci di avant-prog, grumi math-rock e la musica medievale, soprattutto quella di Guillame de Machaut (1300 ca. - 1377), massimo esponente della cosiddetta 'ars nova' francese”… e sostanzialmente è quanto si può dire anche di questo secondo volume di “Secular Works”, per la cui realizzazione Looker, oltre al vecchio collaboratore Caley Monahon-Ward (violino, viola), si è valso dei servigi di una nuova line-up, costituita da Toby Driver (basso) e Gil Chevigné (batteria, percussioni), cui si sono aggiunti, in qualità di ospiti, Nate Wooley (tromba) e Michael P. Atkinson (corno francese).
L’iniziale “What Is Carved” è puro Extra Life sound, un mix di ripetizioni ossessive, poliritmie, simmetrie, improvvise fiammate melodiche e i classici melismi di Looker, che fanno pensare a un canto gregoriano desacralizzato, come emerge con ancor più prepotenza in “What’s Been Lost?”, un brano che sembra provenire da spazi remoti, dove il tempo si è dissolto dentro il vortice dell’eternità.
Struggente ed epica, “Coming Apart” fa leva sulle tessiture cameristiche degli archi e su trame ora pensose, ora così drammatiche che sembra di essere piombati in un disco dei Tool, mostrando, inoltre, quanto sia stato fondamentale l’apporto di Chevigné, che ha aggiunto un tocco jazz a una musica che, forse ancor più che in passato, esercita una lenta, strisciante attrazione sull’ascoltatore, purché quest’ultimo sia disposto a non arrendersi alle difficoltà del primo ascolto.
Oltre che a quello di Arthur Russell, il timbro di voce di Looker è stato accostato anche a quello di Morrissey e, dunque, nessuna meraviglia se, durante l’ascolto della spigliata “The Play Of Tooth And Claw”, attraversata da lampi di nostalgia, faranno capolino dinanzi alle vostre orecchie gli Smiths.
Lasciatisi alle spalle “We Are Not the Same”, che ha il piglio di un’antica ballata folk e assomiglia a un incrocio tra gli Steeleye Span e i Black Heart Procession, il suono degli Extra Life s’indurisce nei dodici minuti di “Diagonal Power”, che torna perennemente e geometricamente su se stessa, prima che le malinconiche atmosfere di “How To Die” innalzino l’ultima, accorata preghiera verso un cielo intriso di distanze tutte interiori e da percorrere in perfetta solitudine.
Learning how to die, releasing my intensity
Pressure of desire, the river seeks the sea
The world without me
Capture the flow
Pooling inside of the fold of a life
Press through the vessel slow
Only to flee to the outsideOpen the flow…
21/12/2022