Do Nothing

Snake Sideways

2023 (Exact Truth)
indie-rock, art-punk

Tra le tante conseguenze della battuta d’arresto dovuta alla pandemia, per gli artisti vi sono stati essenzialmente due modi di interfacciarsi alla possibilità di pubblicare nuovo materiale, in attesa della fine della stessa. La prima strada seguiva l’ottica delle release serrate a causa della mancanza dei live, l’altra invece quella di lasciar sedimentare alcuni lavori in cantiere, preferendo puntare su poche uscite selezionate e ottenendo a volte risultati notevoli. Tra i vari progetti che hanno scelto la seconda opzione figurano i Do Nothing, quartetto formatosi nel 2017 a Nottingham, che ha dosato con il contagocce le anticipazioni in vista del suo debutto.

Gli ottimi “Zero Dollar Bill” e “Glueland Ep”, pubblicati rispettivamente nel 2020 e nel 2021, avevano svelato parzialmente le carte del gruppo guidato dall’interessante voce di Christopher Bailey e completato dal bassista Charlie Howarth, il batterista Andrew Harrison e il chitarrista Kasper Sandstrom, vedendosi successivamente affiancare a nomi del calibro di Interpol, Ought e Parquet Courts.
Nel primo breve capitolo a farla da padrone erano le atmosfere scure di matrice post-punk riconducibili agli irriverenti Fall di Mark E. Smith, spezzate da deviazioni dal sapore indie-rock, il cui principale riferimento era immediatamente rintracciabile negli Strokes; mentre il secondo episodio si prodigava ad amalgamare meglio tali influenze, includendo maggiormente derive danzerecce di stampo new wave e art-punk.

L’atteso esordio “Snake Sideways” ha rappresentato una grande sfida soprattutto per Bailey, trovatosi a fare i conti con il blocco dello scrittore e numerosi alti e bassi, trasposti nel titolo dell’opera come qualcosa di intricato da cui tentare di divincolarsi. Al suo interno la band rinnova la volontà di affrancarsi dall’attuale corrente post-punk per seguire il proprio istinto, e avvalendosi della collaborazione del producer Andy Savours (Black Country, New Road, The Natvral, The KVB), propende per una matrice di base indie-rock da guarnire a piacimento, sorprendendo chi si aspettava qualcosa di molto più ruvido e schizofrenico dal punto di vista del sound, come sembravano suggerire le premesse. Ad assumere ulteriore peso è la qualità delle liriche, stravaganti e ansiogene, i cui tratti sarcastici sono posti in risalto dai video dei singoli. Graziato dalla già comprovata somiglianza vocale con Julian Casablancas, Bailey si destreggia tra i più svariati registri, dal confidenziale stile crooner all’uso del falsetto, e tale elasticità assume un ruolo di primissimo piano all’interno del disco.

Le melodie di chitarra placide e un po’ sghembe di “Nerve” inaugurano efficacemente il percorso tra indie-rock e passi di velata sensibilità folk-pop, che rimandano in parte ad alcune produzioni dei Grizzly Bear e all’esordio solista di Albert Hammond Jr., proseguendo sui ritmi e i versi surreali di “Happy Feet”, che prende piede nel segno di guitar riff sottili e taglienti, e sfuma via in una direzione più armonica, dominata da leggere note di piano, quasi a voler emulare l’atmosfera di un musical. Ancor più difficile da etichettare è la successiva “Snake Sideways”, cupa traccia aperta da una nuvola sintetica alla quale si aggregano arie jazz-funk dettate dal basso in secondo piano, e il cui andamento complesso si regge principalmente sulla sezione ritmica e sulla voce di Bailey.

La dinamica “Fine” ingrana invece un paio di sferzatine che strizzano l’occhio al post-punk dei Lounge Society, continuando ad alternarle a toni giocosi e leggeri, ai quali fanno seguito le sonorità altrettanto allegre di “Ivy”, che vedono i synth protagonisti in chiusura e si contrappongono all’ennesimo testo grottesco, il cui effetto è riassumibile senza bisogno di troppe spiegazioni nei versi: “Yeah, go ahead and die/ You don't have to be afraid/ 'Cause I got a good feeling about it”.
I moti vivaci e concentrici degli esercizi di stile di “Hollywood Learn” precedono alcuni dei passaggi più apprezzati del disco, ovvero i refrain smaccatamente strokesiani di “The Needle” e gli accenni tra neo-psych e post-punk che richiamano vagamente alla memoria gli Echo And The Bunnymen nella dinoccolata e oziosa “Amoeba”.
La conclusione è ceduta alla semi-ballad dal finale acido “Moving Target” e alla liberatoria “Sunshine State”. Originariamente scritta per “Zero Dollar Bill”, quest’ultima traccia funge da luce in fondo al tunnel, attraverso la quale il gruppo accetta le proprie imperfezioni e si lascia andare, traendo ispirazione dall’arte inquieta e urgente di Keith Haring.

Sebbene non rappresenti a tutti gli effetti il genere di debutto che ci si aspettava dalla band di Nottingham, meno grezzo e solo all’apparenza (contrariamente alle sonorità, le liriche esprimono un sentore ben differente) più accomodante rispetto agli Ep di partenza, “Snake Sideways” merita ben più di una possibilità, proprio per aver puntato su espedienti stilistici difficili da maneggiare, scampando il rischio di risultare “piatto”. Preludio di prossime novità rivolte verso strade non ancora esplorate, e che non tarderanno ad arrivare, come dichiarato dallo stesso Bailey, l’album pone in evidenza la buona versatilità del gruppo e la volontà di continuare a evitare possibili etichette come la peste. Dato l’esordio divisivo e meno convenzionale del previsto, varrebbe la pena vedere i Do Nothing all’opera dal vivo per verificare la resa live del loro repertorio: chi avesse tale curiosità avrà la possibilità di soddisfarla a novembre, quando il quartetto farà tappa per la prima volta in Italia a Milano, Bologna e Pordenone.

23/08/2023

Tracklist

  1. Nerve
  2. Happy Feet
  3. Snake Sideways
  4. Fine
  5. Ivy
  6. Hollywood Learn
  7. The Needle
  8. Amoeba
  9. Moving Target
  10. Sunshine State








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