“Ah, poor dogsbody. Here lies poor dogsbody’s body.” È da un passaggio dell’“Ulisse” di James Joyce, dove un cane fiuta il cadavere di un suo simile, che deriva il titolo dell’esordio dei Model/Actriz. Il quartetto di Brooklyn guidato da Cole Haden è ormai in giro da ben sette anni, ma a fronte di tre Ep pubblicati tra il 2016 e il 2017, erano stati i singoli “Suntan” e “Damocles” ad attirare l’attenzione in maniera consistente sul progetto nell’estate del 2020, dopo tre anni di silenzio.
Il cupo e notturno “Dogsbody” arriva a seguito di un altro biennio di stop, proponendosi come un inno alla vita che alterna esplosioni violente di gioia e di rabbia, e serpeggia tra il tema del distacco, della perdita e di amori abusivi. Alla produzione insieme alla band spicca il nome di Seth Manchester (Daughters, Lingua Ignota, Liturgy), e i territori sonori esplorati includono una matrice tra noise e industrial-rock, associata ad afflati sperimentali di natura no wave, che sfociano a più riprese in un dance-punk assillante, richiamando alla mente le diverse sfaccettature degli Swans di “To Be Kind”, i ritmi dei Gilla Band, reminiscenze dei Birthday Party, stramberie dei Xiu Xiu e quote “ballabili” che echeggiano da lontano gli Lcd Soundsystem e i Cabaret Voltaire.
Murder my dull mind If it puts me in his eye
La marcetta minacciosa di “Donkey Show” nasconde al suo interno un sax tenore distorto, oltre a rimandi ai Nine Inch Nails, e presenta il protagonista dell’opera, la cui bassa autostima lo rende disposto a tutto pur di attirare l’attenzione della persona desiderata. I ritmi si fanno più frenetici e asciutti nell’edonistica “Mosquito”, per poi passare alle danze scure e meccaniche in direzione industrial di uno dei pezzi cardine dell’opera, “Crossing Guard”, trascinando l’ascoltatore in una vertigine senza scampo che prosegue sulle stilettate di “Slate”. Gli accenni sinistri delle percussioni di “Divers” si spostano in direzione dark-ambient, permettendo di riprendere fiato, non emergendo dagli abissi, ma immergendosi ancora di più come si evince dal titolo della traccia; ed è rovistando all’interno del proprio subconscio che il protagonista realizza di aver trovato uno scopo nella propria vita, ma non in qualcosa che lo riguardi direttamente, come dovrebbe essere, bensì nella figura del suo partner.
Un’ulteriore chiave di volta dell’opera è rappresentata dal ballo macabro e martellante di “Amaranth”, dove la forma fallica (simbolo ricorrente nei vari brani e perfino sulla copertina) del fiore dell’amaranto funge da metafora per raccontare i sentimenti provati all’interno di una relazione abusiva; tale pianta non è senz’altro stata scelta per caso, considerato che la varietà dell’Amaranthus caudatus viene anche definita Love-Lies-Bleeding.
Si prosegue con le rasoiate stridenti di chitarra di “Pure Mode”, le cui atmosfere orrorifiche sono frutto di una combinazione tra no wave, industrial e alcuni dettagli screamo, rintracciabili nel sasscore dei Daughters di “Hell Songs”. L’intreccio dei corpi descritto in “Maria” mostra la rottura di un confine da parte dell’interesse del protagonista, poiché totalmente incurante del fatto che questo stia sacrificando parte della sua personalità rimanendo legato a lui. Sebbene non innamorato, il partner utilizza il sesso come strumento “di ricatto” per fare leva psicologica sul personaggio e tenerlo legato a sé, per pura soddisfazione personale.
Il punto più profondo del crepaccio viene raggiunto nella rumorosa “Sleepless”, nella quale i crepitii elettronici e la bassline conducono all’ultimo scoppio di furia cieca prima della chiusura, affidata alla scarna e dimessa “Sun In”, traccia semi-acustica tra folk e slowcore, guidata dalla voce di Haden, che trae ispirazione dai Microphones di “The Glow Pt. 2” e dai primi lavori dei Sun Kil Moon. In essa è finalmente possibile scorgere un barlume di luce in fondo al tunnel, e il protagonista inizia ad affrontare il processo di guarigione da una relazione tossica ormai giunta al termine.
The surfacе of the water crushed
Likе silk in my hand, the sky is shaking out
The stains I left, and it’s
So bright with the sun in my eyes…
Viscerale, crudo, opprimente, e proprio per questi motivi ben riuscito, “Dogsbody” rappresenta un debutto coi fiocchi per i Model/Actriz, nel quale a emergere in primis è la padronanza in materia di songwriting di Haden, oltre alle azzeccate scelte corali compiute per quanto concerne la ricerca di sound. Se si volesse soddisfare la curiosità di assistere a una loro performance live, per averne un quadro più chiaro, la prima data italiana del gruppo è prevista quest’autunno al C2C Festival di Torino.
24/05/2023