Anche a non essere troppo distanti anagraficamente parlando da Olivia Rodrigo, un aspetto è immediato: la sua musica semplicemente non parla a chi ha compiuto 25 anni, a chi certe esperienze le ha vissute e ormai ha già voltato pagina da un pezzo. Certo, la maturità emotiva non bussa a tutti nello stesso istante, si può anche applicare la lente della nostalgia guardando alla musica della ventenne californiana come si guarda alla propria adolescenza, ma è chiaro che il pubblico di riferimento, quello che veramente costituisce l'ossatura della sua multiforme fanbase, vive le canzoni dell'ex-stella Disney come le pagine di un diario. È un gioco di riferimenti e specchi che "GUTS", l'attesissimo secondo album, amplifica e restituisce con forza tripla, cementando la vena pop-punk dell'autrice ma accostandole al tempo una veste da balladeer tutt'altro che scontata. Cosa si può quindi carpire da questo dialogo tra coetanei quando coetanei non lo si è ormai più? Certamente qualche prezioso dato stilistico.
Tra ragazzi sbagliati, dichiarazioni di rancore eterno che tanto eterne non sono, errori da ripetere col sorriso stampato sulle labbra, Rodrigo ha certamente affinato i propri mezzi, scrive con maggiore ironia e con un pizzico di necessario distacco. Nondimeno, lascia che le sue esperienze da ascoltatrice filtrino nei brani, rivestendo arrangiamenti e progressioni di una patina che a suo modo ripudia gli atteggiamenti mainstream. È sicuramente il caso del singolo di lancio, una "vampire" dalla costruzione inesorabile, ballata pianistica in costante accumulo, che da un lato richiama il taglio drammatico del migliore Rufus Wainwright, dall'altro reca le stimmate melodiche della prima Fiona Apple. "lacy", da conto suo, parla di gelosia e complessi di inferiorità, ma con una delicatezza folk che ben contrasta il taglio vivido, finanche violento dei versi. Sono questi i segnali di una voce che sta pian piano trovando il suo spazio, digerendo le esperienze mano a mano che la vita le lascia sedimentare.
È evidente, però, come questi siano soltanto i primi passi, slanci necessari ma ancora tutt'altro che decisivi verso una reale definizione di sé. Se è vero che l'attitudine pop-punk già ampiamente espressa in "SOUR" è ormai diventata un marchio di fabbrica per Rodrigo, nondimeno non fornisce particolari appigli a chi ha abbondantemente digerito Alanis Morissette, Avril Lavigne, ma anche la prima Demi Lovato. Non manca la competenza, e l'atteggiamento compiaciuto con cui viene affrontata "bad idea right?" smuove e diverte, viaggia quasi sulle coordinate power che hanno reso celebri le Wet Leg. È però una parentesi, giustamente selezionata come singolo, un tocco scanzonato che momenti come "ballad of a homeschooled girl" trasformano in pura parodia disneyana.
"get him back!" d'altro canto è talmente Avril Lavigne prima maniera che quest'ultima potrebbe quasi risentirsi: che sia un gioco di insignificanti ripicchine per ingelosire una vecchia frequentazione rende l'accostamento ancor più disarmante. Meglio fanno le tese paturnie sentimentali di "love is embarrassing", synth-rock alla Paramore tradotto in una decisa carica interpretativa, ma ci vuole poco prima che l'ennesima denuncia contro irraggiungibili standard di bellezza ("pretty isn't pretty") si risolva in un omaggio a Taylor Swift.
Comprensibile che Olivia Rodrigo, con i suoi vent'anni e poco più, affronti gli argomenti di cui parla con la fresca schiettezza di cui dispone. Comprensibile che stuoli di ragazze e ragazzi riescano a rispecchiarcisi e a sentirsi a casa. Decisamente meno comprensibile è che ci si sia già affrettati a sancirne i risultati come quelli di un'autrice affermata, di una paroliera di assoluto livello. Il percorso segnato da "vampire" parla di una proprietà di mezzi che piano piano comincia a farsi visibile, siamo però ancora a metà del guado.
24/09/2023