Probabilmente non basterà a solleticare le fantasie delle generazioni odierne, ma se il record di solista femminile britannica di maggior successo degli anni Ottanta appartiene a lei deve pur esserci un motivo valido. Anzi, almeno diciassette per la precisione, tanti sono i singoli che Kim Wilde fu in grado di piazzare nella Top 40 del Regno Unito tra 1981 e1990, quando il flop di “Love Moves” diede inizio a una lenta parabola discendente, interrotta solo in tempi recenti dal discreto “Here Come The Aliens” nel 2018 e dall'imponente greatest hits “Pop - Don't Stop”, confezionato nel 2021 per celebrare il quarantennale di una carriera che, a conti fatti, ha conosciuto sicuramente più alti che bassi.
A differenza della precedente, questa nuova collection ”Love Blonde – The Rak Years 1981-1983” concentra le attenzioni esclusivamente sugli esordi, rispolverando per intero i primi tre dischi incisi dall'artista, e cioè l'eponimo “Kim Wilde”, “Select” e “Catch As Catch Can”, pubblicati tutti dall'etichetta Rak di Mickie Most e ciascuno ampliato da una serie di bonus e outtake.
Era l'epoca in cui il punk andava affievolendo la propria onda d'urto e la bellissima biondina di Chiswick, allora appena ventenne, si arrampicava sino al secondo posto delle classifiche Uk con “Kids In America”, singolo di debutto del gennaio 1981 composto (come quasi tutti gli altri brani di quel periodo) dal fratello produttore Ricky e dal padre Marty Wilde, ex-cantante rockabilly che aveva raggiunto una certa notorietà sul finire degli anni Cinquanta, mentre gli strumenti sono suonati dal gruppo prog-rock Enid. Il primo album si inserisce alla perfezione nel contesto della dilagante moda new wave, con un sound vicinissimo a quello proposto da Tubeway Army, Skids, Stranglers e soprattutto Orchestral Manouvres In The Dark, vero modello di riferimento di “Kids In America”, che per la linea di synth principale attinge dichiaratamente alla loro “Messages”.
A parte i singoli bestseller (gli altri sono “Water On Glass” e “Chequered Love”, da ascoltare anche le rispettive B-side “Boys” e “Shane”) si fanno apprezzare “Tuning In Tuning On”, l'inno ribelle “Young Heroes”, “Our Town” (il soggetto cita “My Little Town” di Simon & Garfunkel) e un paio di pezzi dalle divertenti cadenze ska-reggae (“2-6-5-8-0” e “Everything We Know”) che valsero a Kim il paragone con i Blondie di Debbie Harry.
“Select”, uscito nel 1982, è ancora una faccenda di famiglia: stavolta papà Marty e Ricky Wilde spostano con decisione l'accento sulle tastiere, facendo ampio ricorso a Moog, Roland JP 8 e Yamaha CS80, mentre gli ardori giovanilistici lasciano spazio a versi impegnati. Nascono così canzoni orecchiabili ma dall'impatto duraturo, capaci di coniugare freddi battiti elettronici a calda emotività vocale, come “Action City”, la paranoica “Chaos At The Airport” (sulla paura di volare), “Words Fell Down” (dalle frasi robotiche ultravoxiane) e la vorticosa “Ego”, la cui intro ricalca quella di “Key” dei contemporanei Yellow Magic Orchestra.
“Can You Come Over” e “Wendy Sadd” possono considerarsi prove generali di ballad, il piatto forte sono però anche qui i 45 giri, ossia “View From A Bridge” (è la triste storia di una ragazza che si suicida gettandosi da un ponte dopo aver scoperto di esser stata tradita dal partner) e i sette minuti circa della commovente “Cambodia + Reprise”, la gemma in assoluto più luminosa del repertorio, che mette magistralmente in scena, sia a livello lirico che musicale, lo strazio di una donna che perde il marito in guerra.
Le tematiche si fanno meno cupe nel terzo “Catch As Catch Can” dell'autunno '83, che negli intenti avrebbe dovuto essere l'album della maturità artistica (al sax c'è Gary Barnacle) ma non ottenne i risultati sperati, malgrado al suo interno contenga numerosi spunti creativi. Lo spettro sonoro qui si allarga ulteriormente, e alle solide basi elettroniche si aggiungono via via ottoni swing-jazz - la sinuosa “Love Blonde” - ed elementi hi-nrg che fungono da trampolino di lancio verso la formula dance degli anni a venire (gli altri due singoli “House Of Salome” e “Dancing In The Dark”, quest'ultima scritta dall' esperto team di hitmaker Nicky Chinn/Paul Gurvitz e rimasterizzata nella versione 12 pollici da Nile Rodgers degli Chic). Le cose migliori però si nascondono tra i meandri della scaletta, che tra le frecce al proprio arco annovera le sperimentali “Shoot To Disable” e “Dream Sequence”, le ballate “Stay Awhile” e “Can You Hear It” (la seconda delle quali di vago sapore new age) e il synth-pop più convenzionale “Sparks”, dal groove fiero e incalzante à-la A Flock Of Seagulls.
Oltre agli album succitati, il box comprende un quarto cd extra di operazioni remix di varia natura e un paio di autentiche chicche da segnalare tra le bonus track, come “Bitter Is Better” (originariamente disponibile solo sul mercato giapponese) e l'ottimo singolo non-album “Child Come Away”, distribuito nel 1982 sulla scia del successo di “Cambodia”, di cui costituisce in qualche modo il sequel. Nulla che i fan di vecchia data non sapessero già, ma nel complesso “Love Blonde – The Rak Years 1981-1983” è un ripassino sempre gradito e per quanti ancora non conoscessero Kim Wilde il modo ideale per cominciare.
28/03/2024
Disc Two – Select
Disc Three – Catch As Catch Can
Disc Four – Special Disco Mixes