L’ho atteso per tredici anni. Nel mezzo, un Ep (“Antinumerology” del 2013) e uno split condiviso con gli Auroch (“In Cronian Hour”, 2016), poi null’altro. Il terzo Lp dei Mitochondrion era a un certo punto diventato il mistero meglio custodito dell’universo del metal estremo. Di tanto in tanto, sollecitato da qualche fan, Shawn Haché garantiva che da qualche parte la band era al lavoro, che i nuovi brani stavano prendendo forma, ma intanto i giorni, i mesi, gli anni passavano e di quel nuovo album non vi era traccia. Poi, all’inizio di ottobre, la notizia che finalmente il dado era stato tratto è giunta come una vera liberazione per quelli che, fin dal capolavoro “Archaeaeon”, avevano puntato forte sulla band canadese.
Dunque, “Vitriseptome”, doppio album a cui nel complesso i nostri hanno lavorato per quasi cinque anni (dal 2017 al 2022), alfine partorendo una bestia sonora dalla densità incredibile, che solo ascolti ripetuti possono sviscerare, così da giungere al nucleo pulsante di un caos finemente cesellato e incentrato sui misteri del pensiero alchemico e sulla potenza abbagliante dell’occulto.
Insieme a Shawn Haché (voce, chitarra, flauto, corno e percussioni) ci sono i soliti Nick Yanchuk (voce, chitarre, sample, tastiere, percussioni e mandolino) e Karl Godard (batteria, voce, percussioni, flauto e bandoneón), cui si è aggiunto, ormai in pianta stabile, il bassista Sebastian Montesi, già in forza ai conterranei Auroch. A completare il quadro, la partecipazione, in alcuni brani, di Nick Gibas (già in formazione tra il 2003 e il 2009) al sintetizzatore e della coppia Robert "Scythe Bearer" Hamilton/Xavier Berthiaume ai cori.
Introdotto dai nastri in reverse di “[malascension]”, “Vitriseptome” comincia fin da “Increatum Vox” a macinare con furia disumana un mix di death, black e war-metal dalle tinte miasmatiche, trasmettendo la sensazione di essere al cospetto di un enorme conflagrazione cosmica, le cui diverse fasi sono scandagliate a volo di rondine. In “Oblithemesis”, la musica sciama come la voce di un Dio terribilmente incazzato e ribolle, di secondo in secondo, come propulsa da una tensione titanica, mentre le chitarre scagliano il loro grido di agonia oltre la barriera del suono.
Il passo di “Vacuuole” ricorda quello di un battaglione votato allo sterminio totale, mentre la voce, o forse sarebbe meglio dire quello che sembra il ruggito di un gigantesco mostro lovecraftiano incatenato nel bel mezzo di un buco nero, attraversa da parte a parte il cervello dell’ascoltatore, evocando una "Banishment (Undecaphosphoric)" rifatta, in un universo parallelo, dai Nachtmystium di “The Antichrist Messiah”. Quando, in coda, tutti gli strumenti battono il tempo come rapiti da un impeto marziale, la voglia di spaccare a testate il muro è davvero fortissima…
Senza soluzione di continuità, il brano sfocia in “Flail, Faexregem!”, che fa registrate altri undici minuti di intensità superomistica, tra sequenze militaresche, assoli al fulmicotone che sfilano impazziti, cori di angeli ribelli sepolti dalle fiamme dell’inferno e una sezione ritmica che si ostina a maciullare quello che incontra sul proprio cammino.
ADDICATE TO THE PATH
ERYTHREGEM SHALL BURN
SCEPTRE OF ASH
FORCE OF BECOMING!
ASCEND TO THE THRONE
NEOPHITE REGNANT
REIGN IN FILTH
METAMORPHOSIZE!
Crawl against the flame within
Call unto the flame within
All Thee Chained To Eyes
Let thy voices sing
Finito, almeno idealmente, il primo capitolo del disco con l’interludio ambient di “[“calcination”], il singolo “The Protanthrofuge” dichiara, tra le righe, che questa musica, oltre ai maestri Portal, deve anche qualcosa alla brutalità dei Nile e alle visioni fantascientifiche dei Mithras (come confermano anche i due minuti scarsi di “Ignis Caecus”), mentre “Argentum Mortifixion” guarda agli Ulcerate più soffocanti, destreggiandosi tra ennesime colate di caos astratto e geometrici scambi strumentali.
Se possibile, “The Cruxitome”, che apre in epic-mode con chitarra “pulita” e miraggi spaziali, spinge ancora più oltre il limite della loro forza esplosiva, toccando punte di grind e fiammate di rumorismo supersonico. Dal canto suo, la title track è essenzialmente un interludio esteso in forma di opprimente cappa noise-drone, infarcita di voci sempre più abominevoli.
In chiusura di questo loro colossale ritorno, che eleva la lezione di “Archaeaeon” e “Parasignosis” a vette disumane, e in cui tecnica e brutalità parossistica concorrono a generare un sound monolitico che nulla vuole concedere all’ascoltatore distratto, i Mitochondrion piazzano la doppietta costituita da “Viabyssm”/“Antitonement”, che insieme fanno altri ventidue minuti di inferno in musica, la prima esibendo anche un’outro per batterismo ferroviario e chitarre lancinanti, la seconda muovendo da una prima parte più cadenzata e old school (i Morbid Angel sono da menzionare assolutamente), salvo poi sfociare in un’allucinazione death-doom.
Sempre più asfissianti, caotici e brutali, i Mitochondrion sono tornati prepotentemente a reclamare un posto d’onore nel gotha del metal estremo.
EPILOGUE:
“The serpent slithered to the peak under delusions of deification
A voice beckoned the Truth and cast the worm into darkness.
1000 days of misery and torture endured in the great crucible,
Until the faintest glint pulsated from above in the perceptible ether.
Burning the soul to ash and nailing the flesh upon the cross
The spectral father spoke and the sacred mother listened
Until the gift of consummation was received through Initiation
Vitriseptome returned the elixir that frees the Atma”
The Fool ascended to the zenith
Endless view from the Other side
Precipice of cast off corpses of the slain Self
Observe Golden hues and shining horizons
22/11/2024