Deerhoof - Noble and Godlike in Ruin

2025 (Joyful Noise)
alt-rock

Dopo una doppietta riuscita con “Actually, You Can” e il successivo “Miracle-Level” - interamente cantato in giapponese - i Deerhoof hanno prima sostenuto la scelta del batterista e leader Greg Saunier di esordire come solista, con l’ottimo “We Sang, Therefore We Were”, e poi pubblicato un triplo album live che certifica, senza mezzi termini, la straordinaria potenza dei loro concerti.

Nonostante 31 anni di carriera, la compagine di San Francisco non si ferma mai. Con l’energia tipica delle band agli esordi, i Deerhoof tornano con la loro ventesima uscita: “Noble And Godlike In Ruin”, una creatura strana e affascinante, il cui titolo è tratto da una citazione del "Frankenstein" di Mary Shelley. Un lavoro che sembra voler mostrare il lato più spigoloso e meno immediato della loro produzione. “Noble And Godlike In Ruin” non è infatti un’opera omogenea: è fatta di strutture complesse, assemblate come le parti del mostro di Frankenstein, proprio come suggerisce la copertina, che unisce i volti dei membri della band in un’unica figura.

Ci troviamo di fronte al risultato di molteplici spinte creative in un disco ricco di suggestioni: dalle contorsioni math-rock di “Sparrow Sparrow” ai gorgheggi prog di “Ha, Ha Ha Ha, Haaa”, dai suoni di una banda militare che annuncia ammutinamenti e avarie in “Disobedience” alle trombe free jazz che inseguono riff alla Jon Spencer in “Who Do You Root For?”.
Non mancano momenti più eccentrici, come i vocalizzi dedicati ad animali e alieni in “Overrated Species, Anyhow” e incursioni in territori finora poco battuti dalla band come il featuring rap di Saul Williams (“Under Rats”) o le esplorazioni downtempo tra tastiere allucinate (“A Body Of Mirrors”) e archi su andamento cadenzato (“Return Of The Return Of The Fire Trick Star”).

Tutto l’album è attraversato da repentini cambi di tempo e dinamica, in perfetto stile Deerhoof - un approccio che sembrava essersi leggermente attenuato nei lavori più recenti, ma che qui ritorna con rinnovata intensità. Forse siamo alle soglie di una nuova fase per una band dal suono davvero inconfondibile. Le liriche, intanto, restano fedeli al loro spirito: surreali, ironiche, ma anche profondamente impegnate, tra ambientalismo, allarmi climatici e critiche alla tecnologia lasciata in mani sbagliate.

Scientist give birth to me/ Then forsake me

“Immigrant Songs”, definita dalla band una sorta di sequel del brano scritto nel 2019 “Exit Only” contenuto in "La Isla Bonita", è un’invettiva sulle tribolazioni legate all’immigrazione, chiude l’album con un andamento sambato e un coretto diretto, che sembrerebbe il momento più lineare di “Noble And Godlike In Ruin”, se non fosse per la lunga coda noise, in cui le chitarre barriscono come elefanti in fuga da una foresta in fiamme.

Il drumming funambolico di Greg Saunier, il continuo gioco d’inseguimenti chitarristici tra Ed Rodriguez e John Dieterich, e la voce fragile ma sempre più espressiva di Satomi Matsuzaki restano un marchio di fabbrica inconfondibile (e chi li ha visti dal vivo sa bene di cosa si parla). Anche se “Noble And Godlike In Ruin” non possiede l’immediatezza ammaliante delle due uscite precedenti, il gioioso caos creativo dei Deerhoof è sempre lì, pronto a esplodere.

05/05/2025

Tracklist

  1. Overrated Species Anyhow
  2. Sparrow Sparrow
  3. Kingtoe
  4. Return of the Return of the Fire Trick Star
  5. A Body of Mirrors
  6. Ha, Ha Ha Ha, Haaa
  7. Disobedience
  8. Who Do You Root For?
  9. Under Rats
  10. Immigrant Songs


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