EDIPO - Bacio Battaglia (2012, Foolica)
A guardarlo in foto, Edipo (al secolo Fausto Zanardelli) sembra quasi un Sebastien Tellier appena uscito dall'ora di palestra. In realtà, a conti fatti, potrebbe essere un nuovo Franco Battiato. I suoi testi geniali e velenosi in salsa elettro-pop ci avevano già colpiti all'epoca dell'esordio "Hanno Ragione I Topi". Il cimento si rinnova con "Bacio Battaglia" che, sulla scia di altre proposte odierne come quelle de I Cani o Lo Stato Sociale, ma con una verve del tutto originale, lancia provocazioni e sberleffi all'odierna repubblica della "musica bella" made in italy (sentite l'agrodolce "Idroscalo" o "Cattivo"). Ma il vero bersaglio del nostro è costituito probabilmente dal cinico conformismo che divora ogni giorno relazioni e rituali sociali ("I Nudisti del mar Baltico", "Baristi Stagionali", "La Classe Operaia Va All'Inferno"). Zanardelli dimostra così di possedere uno sguardo acutissimo nonché un fiuto tutto suo per la melodia, abbinati ad un estro decisamente surreale (per non dire grottesco). Produce Matteo Cantaluppi. (Francesco Giordani 7/10)
JURI LENARD Ep (2011, autoproduzione)
Juri Lenard (all'anagrafe Juri Di Lenardo) è un ventiquattrenne folksinger nel senso più classico del termine. In questo suo Ep, infatti, non c'è altro a parte la sua voce e la sua chitarra. Ultimamente, chi si avvale di un impianto così essenziale, cerca soprattutto la delicatezza, le tonalità tenui e porta con sé un impianto emozionale sussurrato e soffice. Juri, invece, trova il giusto equilibrio tra le caratteristiche appena menzionate ed una buona intensità sia nel timbro vocale che nel tocco sulle sei corde. Il bello di questi cinque brani sta proprio qui: da un lato l'artista non si mostra mai dimesso o rassegnato e il suo stato d'animo sognante non appare mai troppo etereo o scollegato dalla realtà, dall'altro la gentilezza tipica del folk intimo non perde i propri contorni per via di una maggior intensità esecutiva rispetto alla media. Juri Lenard, quindi, dopo il disco del 2010 si ripropone in modo tale da invogliare l'ascoltatore a seguire il suo percorso. (Stefano Bartolotta 7/10)
MADAME X - Dive Cattive (2011, Ponderosa)
I Madame X tornano con un secondo lavoro che si propone programmaticamente (e con un filo di piacevole irriverenza) come una "soap-opera horror". Ma non bisogna equivocare: l'operazione è serissima. Ogni brano, cesellato con perizia filologica servendosi di equipaggiamenti vintage (microfoni d'epoca, moog, synth), cita infatti pellicole e b-movies noir/ horror degli anni ‘60 e ‘70, principalmente italiani ("La Settima Vittima", "La Dama Rossa Uccide Sette Volte"), rielaborandone l'impianto narrativo in un canzoniere elegante e ricercato, dai tratti pressoché impeccabili. Brani come "La Donna Tarantola" o "La Sposa In Nero" infatti, al di là di ogni più fine gioco metatestuale, si reggono sulle proprie solide gambe, sfoggiando arrangiamenti curatissimi e ritornelli di rara felicità. Oltre ogni pedanteria cinefila, "Dive Cattive" è un disco davvero brillante e freschissimo. (Francesco Giordani 7/10)
ELEVATORS TO THE GRATEFUL SKY - Elevators To The Grateful Sky (2012, autoproduzione)
Derivativo quanto vi pare, sia nei suoni, sia nelle immagini scelte per la copertina, sia nei caratteri utilizzati per le scritte, ma questo è un quartetto che farà parlare di sé. Gli Elevators To The Grateful Sky arrivano da Palermo ed hanno un valido background artistico, costruito attraverso partecipazioni in band della scena metal siciliana, più o meno estrema. A poco meno di un anno dalle prime prove ecco il loro esordio, che assume le sembianze di un poderoso EP di sei tracce, pronte a sposare tutto l'immaginario hard psych dei tardo sixties, già omaggiato da una sfilza di formazioninel corso del nuovo millennio, Black Mountain su tutte. Su quegli aromi vengono introdotte modalità stoner e doom che vedono possenti chitarroni appropriarsi della scena a scariche di fuzz e wha-wha. Anche i titoli delle canzoni rimandano ad un immaginario fatto di deliri cosmici, e fascinazioni lisergiche, mentre la potenza espressa riporta a mente i Motorpsycho di "Demon Box". Questo convincente EP risulta quasi un omaggio ai numi tutelari 13th FloorElevators e Grateful Dead, ben rappresentati anche nel nome della band siciliana, che attendiamo con ansia al traguardo del primo full length. (Claudio Lancia 6,5/10)
LOVESPOON - Lovespoon (2012, autoproduzione)
Che la si chiami "sudditanza psicologica" o, in modo più magnanimo, la si identifichi in un'insopprimibile desiderio di riprodurre e imitare ciò che la propria mitologia insegna, il risultato non cambia. I Lovespoon presentano questo esordio omonimo e pubblicato sul proprio sito ufficiale in download libero - scelta lungimirante, che per fortuna sempre più band italiane abbracciano- all'insegna di un folk-rock blueseggiante piuttosto "normale", perché sarebbe difficile definirlo in altra maniera. "Normale" alla maniera di una band come gli Uncle Tupelo, per cui non c'è nessuna accezione negativa nel termine. "Normali" sono però anche le canzoni e gli arrangiamenti, "normali" e prevedibili. Difficile quindi sotenere l'accostamento di questo "Lovespoon" a band molto più estrose, come ad esempio alcune di quelle evocate dal gruppo nella propria presentazione (Big Star e Blitzen Trapper). La sensazione insomma è quella di un disco di una band ancora in fase di rodaggio, almeno in fase di scrittura, il che è ancora perfettamente comprensibile. (Lorenzo Righetto 6/10)
MALE DI GRACE - Tutto È Come Sembra (2012, Paracadutista Equino)
Già presenti con un Ep anticipatorio omonimo risalente al 2008, Male Di Grace debuttano nel 2012 con "Tutto è come sembra". Epurate le scorie stoner degli esordi, "Anni luce" e "Il condannato" sono puri post-grunge, ma adornati dalle modulazioni tra piano (dall'atmosfera thriller e cori dolenti) e forte (con scoppi hard-rock) della "Paranoid Android" dei Radiohead. Il loro uso degli stereotipi più datati, come in "Ai confini", o nell'intro rullante alla "Pride degli U2 di "Disfatta" è sorprendentemente buono. Quando il complesso fa sul serio risulta una "Dolce miele" con canto da psicosi urlata post-hardcore. Gli strumentali ("Il paracadutista equino", "Ninnananna per Grisù", etc.), in compenso, fanno intuire come il canto sia un surplus francamente superfluo. Così "Tentazione" è un po' un problema, perché sarebbe un semplice lentone distorto alla Soundgarden (poi accelerato) e le due voci sarebbero suggestive, se non fossero quasi afone; di contro, "Ai confini" ritorna alla foga di "Dolce miele" (con scampoli del deragliante flusso di coscienza dei CCCP). Il disco si risolve in "vino e tarallucci" nella catarsi della band-track, in cui i due mondi, cantato (qui in netta minoranza) e strumentale confluiscono in una sarabanda nevrotica. Ha espressionismo, specie nelle ballate velatamente allucinate, e più di qualche spunto progressivo incalzante. Niente "desert", niente "stoner", come si proclama in giro, a parte lo special guest Mario Lalli (di cui peraltro non si nota particolarmente la presenza), già con Brant Bjork, Fatso Jackson, Yawning Man e altri. (Michele Saran 6/10)
THE MANTRA ATSMM - Ghost Dance (2012, Rare Noise Records)
ATSMM è l'acronimo per Above The Spotless Melt Moon, ma per semplicità potremmo chiamarli semplicemente Mantra, una band dell'area napoletana che incide per la label inglese Rare Noise Records. "Ghost Dance", interamente cantato in inglese, è il loro secondo album, a due anni di distanza dal precedente "Defeated Songs", a cinque dal primissimo EP, a quattro da uno split realizzato con gli irlandesi God Is An Astronaut. Attualmente la line up è formata da Adriana Salomone (chitarre e voce), Maurizio Oliviero (chitarre), Davide Famularo (basso e synth) e Salvio Sibillo (batteria). Tecnicamente la band è egregia, basti pensare che alcuni membri iniziarono il proprio percorso suonando progressive rock, non certo un genere per sprovveduti delle sette note. In "Ghost Dance" emergono tutti i paradossi ed i contrasti di una città meravigliosamente bella ma proverbialmente ricca di problemi, un lavoro nel quale una folta galleria di personaggi (anche presi dalla tradizione napoletana, come nel caso del Vesuvio o di Arlecchino) narrano le proprie storie su linguaggi musicali che si muovono fra post rock, light shoegaze, speziature space rock, elettronica (il closing di "Slow Motion" potrebbe essere degnamente sviluppato in un remix per il dancefloor) e momenti di elegante intimismo. La presenza di almeno un paio di tracce memorabili ("The Wolf" su tutte) assicura la sufficienza piena. Tradizione e modernità che si sposano in maniera assolutamente naturale, senza forzatura alcuna. (Claudio Lancia 6/10)
SÙR - Brainshift (2012, TDMC Records)
I Sùr sono un trio di Asti che esordiscono con questo EP di quattro pezzi. Suonano un grunge intenso, ben registrato, ed eseguito con estrema perizia; il cantato e l'incedere marziale risentono evidentemente di Layne Staley, ma la tecnica è decisamente superiore a quella degli Alice In Chains. Ogni canzone è in costante mutamento, e tutto l'EP è caratterizzato da nevrotici cambi di tempo e registro che sfociano nel prog-metal. Il problema dei Sùr, forse, è che sono troppo bravi: sembra che la band sia più preoccupata di dimostrare quanto bene suona, piuttosto che trasmettere qualcosa all'ascoltatore. Il grunge è spontaneità, sfogo, contestazione. Tutte caratteristiche che "Brainshift", asettico nella sua perfezione formale, non ha. (Andrea Vascellari 6/10)
VIOLADIMARTE - La Sindrome Dei Panda (2012, MK)
I Violadimarte, quintetto di Cosenza, esordiscono con "La sindrome dei panda", un nuovo capitoletto del canzoniere italico reso stereotipo per gli anni 2000 dai Negramaro. Lamentazioni Thom Yorke-iane, ballate, testi esistenziali struggenti, patetismo ostentato. Qui e là c'è un certo senso del dramma, e una ninnananna in duetto maschile-femminile (cantata in finnico) che ci si potrebbe aspettare dai Grimoon, qui fuori posto, come "Trollmors". Arrangiamenti di archi più sanremesi che atmosferici. (Michele Saran 5,5/10)
PICCOLI ANIMALI SENZA ESPRESSIONE - This Incanto (2012, Seahorse Recordings)
"This Incanto" è l'elegante esordio dei Piccoli Animali Senza Espressione, formazione toscana che vede al basso l'ex Virginiana Miller Andrea Fusario. Accanto a lui ci sono Edoardo Bacchelli alla voce e Filippo Trombi alle chitarre, mentre gli aspetti testuali vengono curati da Gianluca Pelleschi. L'ambiente nel quale si muovono è quello di un cantautorato maturo innestato su basi electro, a cavallo fra il tardo Battisti (ma senza ermeticità), i Subsonica ("Sei non sei") ed apprezzabili reminescenze new wave ("Crisi di verità"). Non secondarie la cura degli arrangiamenti (in "Memento" intervengono anche gli archi), alcune preziose partecipazioni (su "Stelle di una notte d'estate" interviene Gianluca Maria Sorace degli Hollowblue alla voce) ed un paio di chiusure strumentali davvero notevoli ("La soglia del dolore", "Miserere"). Qualche momento eccessivamente narcolettico ("La soglia del dolore") rischia però di far perdere verve ad un esordio comunque apprezzabilissimo. Buone idee, un bel frullato stilistico ed un ottimo lavoro in fase di produzione, ma anche la generalizzata impressione che i P.A.S.E. possano riuscire a fare qualcosa di più. (Claudio Lancia 5,5/10)
The Mantra ATSMM | |
Sùr | |
Violadimarte | |
Piccoli Aninali Senza Espressione |