Dieci Piccoli Italiani

N.145 - Settembre 2023

di AA.VV.

01_torredif_600TORRE DI FINE - GIRL ON THE SHORE (Ghost City Collective, 2023)
post-rock

I due nordestini Torre Di Fine (M. Cella e M. Trevisan) si impongono col primo mini omonimo (2021) e il singolo  “Caorso/7Gold” (2021) come nuova forza per una credibile ipotesi di rivitalizzazione dello slowcore. Nel debutto lungo “Girl On The Shore” comunque già procedono in altre direzioni preferendo vieppiù allontanarsi dal tracciato. La cantilena psichedelica di “Attraction” non è che un disturbo inintelligibile abraso dagli sconquassi elettronici. “Coercion” finge di intonare una barcarola pianistica solo per rivelarsi guerra sanguinosa tra campionamenti in autodistruzione. A rilevare sono però soprattutto le composizioni estese in apertura e chiusura. Gli 8 minuti di “Vanta” muovono da campioni vocali in loop che in qualche modo imbastiscono una sonata per tuoni e fulmini di distorsione e vibrato d’archi, a dischiudere poi un canto spiegato di chitarra e cello, come un duetto tra John Fahey e Yo-Yo Ma. I 12 minuti di “Sorrow” vanno più sul sicuro con la tipica progressione chitarristica del post-rock, ma straziata in dissonanza dagli archi da camera e poi dopata in maniera apocalittica da un tifonico fracasso post-industriale. Disco ispido, dilapidato, dal poco canto (belle eccezioni: “Thirst” e “Kenopsia”, duetti implosi nel nulla) e quasi niente ritmo (forse unico album post-rock in cui nei primi 10 minuti non si ode nemmeno un battito), rinforzato da una forma-suite che tutto lega e in parte accomodato sotto l’influsso degli ultimi Low. Punge e lacera anche, forse soprattutto, nel solenne tetragono umore da suicidio. Notevole dispiegamento di mezzi tra cui l’elettronica di Marco “Ankubu” Zanella. Pubblicato su Cd e in chiavetta Usb immersa in finta boccetta di barbiturici (Michele Saran7/10)


02_gleaGLEAM - GLEAM (Folderol, 2023)
avantgarde

Due esperti avanguardisti di estrazione classica, il flautista romano Gianni Trovalusci e il compositore riminese Luigi Ceccarelli, s’incontrano a nome GLEAM in una suite omonima in sei parti per flauto e live electronics. Le influenze spaziano da Maderna a Nono a Evangelisti a Gazzelloni, specie nella prima parte di gragnuole di sfiati, solfeggi e percussionismo elettronico che ha però anche spianature ambient modali condotte fino al pianissimo. La breve seconda parte è poco più di un interludio, un giardino armonico di legni puntinistici. Il flauto finora spadroneggiante passa in secondo piano nella terza parte, un poemetto per rasoiate saettanti e suoni concreti post-industriali. La quarta parte, la più complessa, si fregia di un’arte di deformazioni e rifrazioni desunta da Terry Riley, un altro slargamento ambient meditativo, e un tentacolare assolo incantatore di flauto, poi smembrato e dissolto dalle distorsioni elettroniche. La quinta è probabilmente ridondante, mentre la chiusa affastella gli spunti raga precedenti per intonare una serenata spaziale. Edificio modernista imponente e insieme arretrante, fatto più di abbozzi che composizioni, colpa anche del riverbero in eccesso che tende a togliere anziché aggiungere. Eppure rimarchevole nel suo arrischiare un aggiornamento della vetusta elettroacustica all’era del deconstructed club, riuscito nella sua vampa aleatoria, equilibrato nella sua viva trascendenza sott’anima. Copertina: “La Clarté I” (2019), G. Napoleone. Prodotto da M. Contini (Michele Saran6,5/10)


03_estebESTEBAN - NUVOLA+SOLE (Visory Indie, 2023)
songwriter

Dopo un breve tentativo nell’hip-hop, Esteban Ganesh Dell’Orto debutta con il canzonettistico “Nuvola+Sole”, un territorio più autenticamente congeniale. Dimostrazioni sono “Abat-Jour”, roco anthem su andatura disco-funk, e “Meda”, anche singolo, d’un delizioso passatismo a ricalcare i bubblegum zuccherosi di Tommy James. “Milano abbracciami” e “Cbd” vanno invece sicure nel modernariato casual-pop alla Carboni, e in “Nina” si traveste persino da ironico chansonnier. Quanto ad arrangiamenti - tutti artigianali -, spicca “Ipocondriaco”, di rime palleggiate tra bolle di sapone d’organo. Canzoni imperfette e testi banalotti, ma dal caldo afflato, di buona fibra e adornate di scenografie kitsch, semplici e riconoscibili, estruse e colorate, abbastanza estranee ai dogmi dell’it-pop. Quelle della seconda parte dai suoni più basicamente lo-fi, a parte il gioiellino di leggiadria lisergica “Lux De Vela”, le aveva pubblicate in origine nel primo Ep “Nuvola” (2022). Per fortuna l’ha espanso, ci ha messo il “Sole”. Nel solco di Hugomorales. Origini cilene, cresciuto tra Palermo e Milano, campioncino del pop tricolore 2023 (Michele Saran6/10)


04_locatelliphillBARRE PHILLIPS, GIANCARLO NINO LOCATELLI - DANZE DEGLI SCORPIONI (We Insist!, 2023)
free improvisation

Giancarlo Nino Locatelli, distinto improvvisatore free-jazz del parmense, compie una trasferta straniera per incontrare il contrabbassista statunitense Barre Phillips. Il risultato della sessione si ha in “Danze degli scorpioni”, un disco che vale più che altro per l’improvvisazione a due più estesa, i 26 minuti di “Dance Of The Scorpions No. 1”, in cui svariano dal brutalismo ritmico al melodico mellifluo, passando per pregiati effettismi e rumorismi d’avanguardia, in un rovescio d’invenzioni strumentali. Nettamente inferiori, e non solo per durata, le due “Dark Moon Dance” e “Dance Of The Scorpions No. 2”. Registrazione dal vivo - qualità audio un po’ dubbia - del concerto per l’edizione 2008 dell’Ulrichsberger Kaleidophon, rassegna austriaca dedicata ai liberi improvvisatori in seno al Jazzatelier Ulrichsberg, documenta uno dei tanti e tanti incontri sperimentali del nostrano avventuroso clarinettista, ed è necessario quantomeno per farsi un’idea a tuttotondo della sua arte. Ispirato dalle danze di J. Hamilton, ballerino, coreografo e a sua volta improvvisatore al cello. Le immagini in copertina sono scatti dello stesso Locatelli (serie “Moon No Moon”) (Michele Saran6/10)


05_carminet_01CARMINE TUNDO - LA VALLE DELL’ASSO (Discographia Clandestina, 2023)
songwriter

Carmine Tundo si allontana risolutamente dall’arte creativa del doppio “Nocturnae Larvae” (2018) per riappropriarsi del suo Salento folk in “La valle dell’Asso”. Ci riesce e pure in maniera non scontata grazie al quasi-ska quasi-twist quasi-flamenco con ritornello corale “Tempesta”, a ballate scattanti come “Il canale dell’Asso” che mischiano stilemi meridionali con stilemi sudisti Usa, a tarante dolenti e pruriginose come “La chiesa madre di Galatin” che lo pongono come solerte seguace di De André. Più compita “L’arcangelu Michele”, in tempo ternario e cantata in dialetto, mentre la picchiettante “Il primo raccolto” sembra il pezzo acustico che i Verdena non concepiranno. Disco pulito, scorrevole e godibile, ben prodotto, ad accompagnare testi sciorinati in romantica scioltezza. Scorciato ma, a differenza del quasi coevo “Culacchi” (2023) dei suoi Mundial, qui la brevità fa giustezza, come prova anche l’incastro della piccola bozzettistica strumentale (“Lucia da Collemeto”, “L’onorevole De Maria”). Uscito su disco a 33 giri da suonare alla velocità dei 45 (Michele Saran6/10)


06_martazapMARTA ZAPPAROLI - INTERDIMENSIONAL GENERATED SPACE (Dissipatio, 2023)
avantgarde

Marta Zapparoli inventa “Interdimensional Generated Space”, un lungo brano di rumore radio, basandosi sulle dinamiche delle aurore boreali. All’inizio si ode un frinire glaciale; altre frequenze subliminali e impercettibili si aggiungono e scompaiono; oscillatori posti in contrasto di fase si accumulano e a tratti sembra risuonare una sonata per radioworks in stile Cage; in chiusa dissonanze stridenti si coagulano a far detonare un razzo di cacofonie fibrillanti. La divisione in tre parti separate dal silenzio scarica un certo illusionistico sentore tragico già di per sé flebile (il segnale radio più difficile da captare). Ultima per cronologia delle performance di Zapparoli - all’inizio nota come Penelopex - e seguito di “Sonata per Eterna” (2020), registrata in Norvegia alla ricerca del “Natural Radio Phenomena” e poi integrata in studio con un autofabbricato “crystal radio”. Sofisticato, quasi metafisico nei presupposti, arcano nel vago fascino di poema elettronico d’antan, discutibile nei risultati. Fissato su supporto, l'evento immersivo, grandioso e irripetibile si riduce a monocromatico rombo in bassa definizione (Michele Saran5,5/10)


07_danielemDANIELE MORELLI - ARS MUSICA (Off, 2023)
modern creative

Rilocato in Messico, dunque a contatto con i momenti più ancestrali del rapporto tra uomo e assoluto, il chitarrista jazz-rock Daniele Morelli dedica un album strumentale alle divinità protettrici di arte, creatività e fertilità, “Ars Musica”. “Enki”, un tema minore ma marcatamente ritmato e poi elegantemente smembrato e dissolto dai pedali, e “Arubani”, mistura un po’ allucinata di Sudamerica e Oriente, sono i brani-chiave ma in negativo. In ben quindici pezzi emergono solo un altro paio: gli effetti allucinogeni più pronunciati (e in ritmo appena in slap più brutale) di “Kinich Ahau” che proseguono nella soundscape tremula, tutta mentale di “Oshun”. Solo in parte vi si aggiunge “Kokopelli”, stridula, onirica, e pure incompiuta. Senza la batteria di Matteo D’Ignazi che l’aveva supportato nel precedente “La valigia dei sogni” (2021), Morelli compie un discreto rinnovamento sullo strumento e la sua artisticità, ma in questa sua post-chitarra vi rimane come impigliato. Abusa, anziché dosarle con parsimonia, di accordature ipercromatiche da esotismo oleografico, e ottiene stoppa incommestibile più che polifonia fantasiosa. Frammentato e ripetitivo il suo virtuosismo, ristrette le melodie. Ha le sue specialità negli effetti elettronici (anche qualche raffinato sciacquio concreto quasi alla Hassell) che talvolta restituiscono una qualche funzione drammatica, e nell’apparato ritmico ottenuto smanacciando lo strumento e mettendo tutto in loop, un tamtam sincopato uguale a sé stesso ma di superba spontaneità (Michele Saran5/10)


08_droningmDRONING MAUD - NON ABBIAMO FATTO NIENTE (I Dischi Del Minollo, 2023)
alt-rock

I laziali Droning Maud ritornano dopo uno iato di sei anni col primo disco cantato in italiano, “Non abbiamo fatto niente”. Piccoli classici dell’ipotetica nuova fase potrebbero essere la ballata post-britpop di “Appennini”, maestosa e di poche e aforistiche parole, e la scattante, Carmen Consoli-iana “Sincero”. Invece, per quanto disinvolte e curate, “Pandora” e “Lontano dagli sguardi” si portano appresso un certo quale effetto-Stadio, e “Triviale” e “Orbite” si portano appresso un certo quale effetto-Negramaro, laddove il tentativo di crossover in “Benny Carter” (rap di Giampaolo Evangelista) segna poi il punto basso. Ridotta al duo fondatore - i fratelli Maurizio e Iacopo Tavani, qui anche alla produzione - e ispirato dalla pandemia da Covid-19 anche se solo velatamente, la sigla trae un disco fin troppo prevedibile e innocuo nelle sue derive di pop-rock italianesco, nonostante qualche efficace tocco di classe, memoria dei predecessori “Our Secret Code” (2013) e “Beautiful Mistakes” (2017), e le nobili intenzioni autoriali di fondo. La piccola jam “quasi una fantasia” del pezzo eponimo, più che chiudere col botto, fa chiedersi se avrebbe avuto più senso, o anche solo nerbo, un album tutto strumentale (Michele Saran5/10)


09_okieOKIEES - RAGEEN VOL. 1 (Kappabit Music, 2023)
folk-rock

Progetto “transmediale” a nome Okiees in quel di Catania composto da un libro di illustrazioni e poesie (Mauro Melis), una serie di canzoni (Andrea Rabbito, Adriano Murania e Gian Marco Castro), di reading e performance (Pippo Delbono), e un film sperimentale, “Rageen Vol. 1” (2021), tutto incentrato sul viaggio di due migranti in fuga dalla guerra, viaggio tra paesi, medium espressivi e stati della realtà. Rabbito (chitarra e voce), Murania (violino) e Castro (tastiere e samples) estrapolano poi le canzoni, mantenendo la sigla Okiees e il titolo “Rageen Vol. 1”, per farne un album. Chiaramente centrale è la lunga ballata di “You Get Your Rope”, la più essenziale (o la meno confusionaria) nelle sue svelte figurazioni arpeggiate, il suo sentimento Eels-iano, e il suo refrain cantato a filo di voce. Vero manifesto rappresentativo del grosso, nel bene e nel male, lo dà però la foga grunge da shouter nero di “Move On This Movie”, dai continui improvvisati ornamenti del violino, la scarsa costruzione armonica cui si contrappone una centrata costruzione drammaturgica, in linea col progetto-madre. In questo filone decente è ancora l’energia di “April Stop” e della seconda parte di “Sometime”, laddove “I Was Dreaming Of You” casca a piombo sul tedio. “Love The Prisoners You Have Got” potrebbe essere un Mark Lanegan minore, un riferimento che in realtà sgocciola un po’ ovunque. Nei vari blues (“Dawn”, “Long Walk In The Desert”) la sovrabbondanza di canto viene mitigata di quel tanto dal violino. Problemi endemici vanno dal carattere basico della scrittura all’andatura tirata per le lunghe, indecisa tra flusso di coscienza inquieto e innodia rabbiosa. Ammirevoli nel loro assetto poveristico con un violino pigliatutto che fa bello e cattivo tempo, cercano di cavare molto dal poco per farne un tutto, ma - Guccini dixit - “quel tutto è ancora poco”. Discreto, in ogni senso, il controcanto angelico di Serena Anzaldi. Elettronica aggiuntiva a cura di Simone Liotta. Codice Qr per “extra contents” (Michele Saran5/10)


10_ag_600AGA - IMAGINE (Drummer Caffè, 2023)
electronica

Batterista e docente di batteria di origini cesenaticensi, Alessandro Gomma Antolini avvia svariati progetti e collaborazioni, anche di grido, tra cui spicca l’ideazione di un proprio spettacolo teatrale, diretto da Cristina Casadei e poi inciso su disco, “Nomenclature” (2003). Quando vara la sua sigla-acronimo AGA diventa genietto di tastiere analogiche e ritmi cadenzati da ballo tecnologico per “[R]Evolution”, laddove il secondo “Dream On” (2020) e il singolo “Are You Ready” (2021) si rammolliscono alla ricerca di un cantautorato elettronico. Il terzo “Imagine” perde la bussola nonostante possa vantare qualche intuizione. “I’m Waiting” fa un notevole tentativo di annodare l’elettronica con la musica da camera per tratteggiare un’elegia ermetica-androide per piano e viola e spezzoni parlati. Ancora mediamente interessanti “Aria”, cantata con trascendenza e dipanata su una linea quasi-dub, e la breve strumentale “No name”, una progressione solenne dai sentori dervisci. Rimangono pezzi non riusciti (“Piano ma non solo”, “Nella tua stanza”) e puri riempitivi (remix e una cover). Primo album per la Drummer Caffè di sua fondazione, e proprio il suo peggiore, ma “I’m Waiting” - anche se idealmente brutalizzata dal remix dei conterranei Mono Han - va incorniciata. Archi di Marica Casadei (Michele Saran4,5/10)

Discografia

TORRE DI FINE - GIRL ON THE SHORE(Ghost City Collective, 2023)
GLEAM - GLEAM(Folderol, 2023)
ESTEBAN - NUVOLE+SOLE(Visory Indie, 2023)
BARRE PHILLIPS, GIANCARLO NINO LOCATELLI - DANZE DEGLI SCORPIONI(We Insist!, 2023)
CARMINE TUNDO - LA VALLE DELL’ASSO(Discographia Clandestina, 2023)
MARTA ZAPPAROLI - INTERDIMENSIONAL GENERATEDSPACE (Dissipatio, 2023)
DANIELE MORELLI - ARS MUSICA(Off, 2023)
DRONING MAUD - NON ABBIAMO FATTO NIENTE(I Dischi Del Minollo, 2023)
OKIEES - RAGEEN VOL. 1(Kappabit Music, 2023)
AGA - IMAGINE(Drummer Caffè, 2023)
Pietra miliare
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