Dieci Piccoli Italiani

N.158 - Dicembre 2024

01_qlowsk_600QLOWSKI - THE WOUND (Maple Death, 2024)
new wave

Il duo di vocalist composto da Michele Tellarini e Cecilia Corapi si unisce a una rotante quantità di musicisti in terra albionica e diventa Qlowski. Per “The Wound” la sigla sembra stabilizzarsi in quintetto con l’apporto di Lucy Ludlow, basso e cello, e la doppia sezione percussioni e batteria data da Christian Billard e James Luxton. Il loro “twee punk” si esprime a meraviglia anzitutto con “Mastering The Motions” e “The Wound”, sorta di meeting tra dei Joy Division appena più giocosi e dei B-52’s appena più seriosi. Lo scattante drum’n’bass di “Desire” s’impenna in un refrain Human League fregiandosi di un organo etereo. Punto alto sta nella samba synth-pop di “A Vision”, come dei Throbbing Gristle arrangiati da Joao Gilberto sul tema di “Enola Gay” in super ralenti, ma non meno creativi sono “Stronger Than”, con un elemento comico imbastito incrociando vaudeville e discoteche off, e “Surrender”, cartoonesca con tocco Cure prima maniera. Nondimeno il sentore melanconico tipico dei Bronski Beat d’annata in “Praxis” si stempera in un’apoteosi Pixies-iana, laddove “Off The Grass” conta vieppiù per il fervore strumentale di chiusa. Secondo album per la formazione italolondinese, primo a beneficiare della produzione obliqua di Daniel Fox dei Gilla Band. Ad eccezione della sua endemica derivazione non ha grossi cali né intoppi. Coerente nella sua felice incoerenza, tra tutto il coevo revival del post-punk è uno di quelli che meno si prende sul serio, perciò uno dei più leggiadri e divertenti, allo stesso tempo coibentati d’un certo dotto postmodernismo e col colpo tragicomico sullo zeitgeist del decennio 20 in canna (Michele Saran7/10)


02_petrigPETRIGNO - LA LINGUA DEL SANTO (Vina, 2024)
songwriter

Eclettico musicista originario del palermitano, dopo svariate esperienze (anche supporter di Fabrizio Cammarata) Marco Petrigno debutta in proprio ne “La lingua del santo”. Se “Il mare”, metà folk-blues Califone e metà stomp siculo pestato, rallentato e tuonante, non può vantare una degna melodia a supporto, allora “Nella folla” svetta per crooning dolente e arredo bombastico garage-rock. A parte il medesimo passo power-desertico, pure un rap imploso Tom Waits-iano pervade “Domani partirò”. Ancor più estrema “Fermati” si regge solo sul lamento canoro rarefatto e uno stentoreo battito trip-hop inzaccherato da un brusio di piano elettrico jazz e uggiolii elettronici. Da un lutto e dallo sradicamento dalla terra natia: tutto all’insegna di distacco e dolore, del blues verace. Al neoautore e a Valerio Mina, produttore quotato, riesce bene una prima facciata di magie d’arrangiamento e di clima tetragono, febbricitanti esaltazioni dell’elogio della sconfitta e della nenia depressiva a serpeggiare tra i testi. Seconda facciata di ripensamento ma non proprio da buttare (ascoltare “Il bosco”). Inciso da un piccolo ensemble di sette elementi (Michele Saran6,5/10)


03_valerians_600VALERIAN SWING - LIMINAL (Pax Aeternum, 2024)
post-rock

Il multistrumentismo eclettico di Stefano Villani, la batteria spettacolosa di David Ferretti e i raccordi di synth e chitarra baritona di Francesco Giovanetti (al posto del fuoriuscito Alan Ferioli) costituiscono i Valerian Swing di Correggio. Al loro quarto album “Liminal” sono ormai capaci di sciorinare fantasie isteriche come “Gor-ai”, quasi schizoidi, a base di tastiere tanto bizantine quanto innodiche, a districarsi tra strappi e cambi di tempo, stacchi vertiginosi. Gli 8 minuti di “The Ritual”, vertice del disco, si spingono oltre in un’altra folle altalena sonica che suona come un pezzo fantasy medievaleggiante rimaneggiato da dei Fuck Buttons particolarmente furibondi. “Pond Riddim” e “Atacama I” incrociano più melodie abbozzate al fulmicotone, mixando jam suonata con creazione elettro-house. Ci sono anche pezzi cantati da ospiti: mentre il grime di “Badman (Ting)” interpretato da Flowdan sbanda nell’alveo delle idee infelici, in “Indigo” risuona invece alto il grido new age di Giovanna Cacciola su una sarabanda eterea-cibernetica. Insuperabile in fatto di strutture mutevoli al di là della razionalità, il terzetto non si limita a copiare i secondi Animal Collective o i Battles ma incorpora progressive rock e jazz. Alieno, qua e là anche coraggioso perlomeno nell’ambito del retronuevo, accusa qualche indolenza nell’eccesso di tono austero. Dopo il primo “A Sailor Lost Around The Earth” (2011) che frullava math-rock, funk e post-hardcore, un “Aurora” (2014) già più piacione con parti cantate e un approccio più fluidamente orientato al ballo da discoteca, e un “Nights” (2017) spinto come non mai nella componente elettronica e progressiva, tredici anni dopo chiude la transizione e raggiunge il livello del debutto su altre sfere. Bella tromba di Paolo Raineri. Reso dal vivo su YouTube in una “Live Session” (2025)  (Michele Saran6,5/10)


04_antoniol_600ANTONIO LOMBARDI - CANZONE DELLA CONTEA DI LEVANTE (Squilibri, 2024)
songwriter

La misconosciuta ma onorevole carriera di Antonio Lombardi che comprende “Cinque rose” (1996), “Estrella” (2000), “Seinada De Mae” (2005) in collaborazione con Armando Corsi, “L’uomo che ascolta le formiche” (2008) prodotto dagli Yo Yo Mundi, “Raità” (2009) con il poeta Paolo Bertolani e il più recente “Km zero” (2013), ha un nuovo picco nel ciclo di ritratti De Andrè-iano di “Canzone della Contea di Levante”. A comporlo sono lettere nostalgiche a tema marinaresco (“Il cuoco di bordo”, con lamento di cello, e “Il contadino del mare”, quasi un inno), veglie funebri (“Il figlio di Maddalena”), gentili serenate tirreniche (“Il messo comunale innamorato” con vocalizzi di soprano e “Il Cristo del trattore” con un sentore di canto di chiesa), fino all’epilogo metafisico (“Il cantore soggettivo” sull’assoleggiare della battente riverberata). La filastrocca per bimbi mista a stornello da osteria in andamento di salterello di “Il prete di collina” e, soprattutto, lo scat soul cupo e trafelato, a tratti quasi rap, di “Il pozzo dello Spazzone”, si ergono genuinamente a esperimenti stilistici. Con raffinata compostezza e melodie sempliciotte eppur vibranti Lombardi dà un tenero omaggio al suo Levante Ligure (Ameglia, La Spezia) in questa gemma di folk poverista senza spericolatezze ma, sotto sotto, forte anche d’inflessioni neoclassiche e black. Accompagnato da un romanzo omonimo (2024) in cui intreccia le figure dipinte nelle canzoni. In collaborazione con l’associazione Archivi della Resistenza. Registrato in un oratorio (Michele Saran6,5/10)


05_oOU - URANIO (Folderol, 2024)
rock in opposition

Gli Ou, sardagnoli, ricordano al mondo la loro esistenza con “Uranio”: il sostenuto rhythm’n’blues di “Nido” (un susseguirsi di sceneggiata spagnoleggiante e giochi sfrenati di fanfare), lo spedito calypso hawaiano di “Tartaruga” (riverberi dub, ritocchi honkytonk e nuova baraonda metafisica delle trombe), la cantata-tango di “Armadillo” (capitolata in sferzante improvvisazione di cacofonie di gruppo che peraltro prosegue in “Woodpecker”). Ancor più operistica e assurdista clownesca (caos di boccacce) è “Polpo”. La baricentrica estesa “Tortorella” invece spezza un po’ tutto con una elegia pianistica in tono minore recitata per stridori all’unisono, poi allungata banalmente in una coda corale strascicata in stile “Hey Jude”. A nove anni da “Scrambled” (2015) e undici dal mitico debutto “Pisces Crisis” (2013) il trittico Ersilia Prosperi-Claudio Mosconi-Cristiano De Fabritiis riesce a reincarnarsi ringalluzzito dall’apporto della genietta conterranea Valeria Sturba frattanto emersa. Dalla compagine una terza boccata d’anticonformistico, patafisico estro creativo, anche se con crucci: una sezione ritmica qua e là rugginosa, una produzione perfettibile, e un arsenale d’ambizione non del tutto detonato. Amy Denio dietro le quinte come agli esordi (Michele Saran6/10)


06_michaeli_600_01.MICHAEL IT’Z - MNEMONICA (Rohs, 2024)
ambient

“Mnemonica” del produttivo Michael “It’z” Carria comincia con “Anima”, un esercizio di contrappunto intuitivo stocastico tra soffi di flauto di Pan, archi elettronici e scalpiccio lontano, e continua con “Coccinella”, corale d’organo tallonato da un glitch di parlato femminile, e risolto in una nobile sonata pianistica. Sono due delle sue migliori creazioni (cui va aggiunta “Remember Me”, piccola appendice caotica a “Coccinella”). Qualche scricchiolio invece emerge da una “Fragile” non in grado di capitalizzare sul suo fervore minimalista, oltre all’ormai suo tipico intasamento di campioni parlati a soffocare il pianismo melanconico-trascendentale di “Anatomy Of A Frail State Of Mind” (bel titolo), l’ultimo ampio adagio da camera di “January The 12th”, e il vortice di lemmi pesante sul carillon di pianoforte di “I Would Have Loved You”, chiuso però da un fondo digradare nel nulla. Meglio la cavatina lenta, spettrale e via via distorta nell’etere di “Memories Of What Used To Be”. Nessun reale scatto in avanti nella carriera dell’alchimista sardo-britannico. Dopo le pacchianerie del predecessore “Ambivalence” (2023) - ma sempre non senza esuberanze e frammentazioni - un album più lieve e più unitario, meditato come non mai sui temi di perdita e mancanza, fortemente connotato dal pianoforte. Parto nostrano (la conterranea sarda Rohs Records) a seguito delle sue ultime trascorse discografiche estere (Michele Saran6/10)


07_pugnPUGNI - TUFFO (autoprod., 2024)
songwriter

Chiusa la breve ma intensa esperienza con gli Scarlett, il toscano Lorenzo Pagni debutta come Pugni con “Tuffo”, ma ancor di più con “Orchestra di silenzi”, anche singolo di lancio, la sua canzone più originale nella sua alternanza tra rabbia emo e sublimazione neosoul, flusso di coscienza schizofrenico alla “Tre verità” di Battisti. “Falco ubriaco” ricompone appena l’isteria in un lungo refrain-inno enfatico, e poi “Trentasette denti” appiana ancor di più la temperatura alla componente affettata solo acustica (ma dove vale di più il “controcanto” del violino in sottofondo). Così “Amore bisturi” suona come una “Orchestra di silenzi” ormai rasserenata nel far prevalere la propria anima black e la ballata di “Plutone”, per quanto rabbiosa, s’indirizza senza voltarsi indietro alla melodia da palazzetto, dunque poco conta il cloud-rap d’assalto di “Inchiostro blu” (che è vieppiù frutto del featuring di Michael Sorriso). Co-scritto e co-prodotto con Bruno Chiaffredo e Danny Bronzini - oltre a Zeno Marchi e Nicola Meloni -, arrangiato di tutto punto con un gruppetto di musici e ospiti, agli esiti zuppo di sentimento, ha però il soma del mordi e fuggi. Un tantino rinunciatario nella sua onda d’urto emotiva - contraddizioni di vita, depressione, fantasmi mentali, nevrosi - che avrebbe molto per cui dirompere (Michele Saran5,5/10)


08_nitrit_600NITRITONO - CECITÀ (My Kingdom Music, 2024)
alt-metal

I Nitritono (Siro Giri e Luca Lavernicocca) riaffermano più che mai il loro stile in “Cecità” e in particolare nella suite in tre parti “A denti stretti”: la prima parte s’iscrive ai melodrammi post-metal dei Neurosis, la seconda vieppiù la ripete, e la terza introduce appieno i loro elementi psichedelici, vagiti indianeggianti alla “The End” dei Doors su un tamburellare di danza bellica, che però si dilunga sviando la tensione e perviene a una furia metal ormai scarica. “Nodus Tollens”, il pezzo centrale, in sostanza aggiunge solo maggior enfasi e un nuovo giochicchiare lisergico. Il terzo album del duo di Cuneo, seguito di “Panta Rei” (2017) e “Eremo” (2020) e latamente ispirato al romanzo di J. Saramago, non manca di pregi. Il chitarrismo antivirtuoso Tom Morello-esco di Giri si adopera e si slarga fino a una buona vignetta di allucinazioni e tuoni (“25 Aprile 1945”) e in generale l’ambientazione sonica suona spesso impervia, ma non riesce a superare i limiti del genere. Artwork di Ilaria Bellone (Michele Saran5/10)


09_daydreamt_600DAYDREAM THREE - STOP MAKING NOISE (autoprod., 2024)
grunge

Non molto emerge da “Stop Making Noise” del siculo cantante e chitarrista Enzo Pepi in trio a nome Daydream Three dopo la non meno personale esperienza con Pepiband: l’amatoriale “Flow”, la mezza cantilena psych Screaming Trees di “Meat Sauce”, la cantata effemminata e sussurrata in andamento sincopato di “Only Sweet Words”. La canzone-manifesto “Death Makes Fun Of Us” cerca di ergersi acrobatica ma è un hard-rock monolitico pago della sua distorsione con un canto da udienza papale; piuttosto una maggior dose d’epica sta nella trance melanconica della quasi Codeine-iana “Dark Days”. “Empty Boxes” tenta d’insufflare un’aria sinistra nel refrain, ma è un non-refrain; l’unico vero e proprio (ed è come se l’intero album si sfogasse) si trova nella quasi corale “You Can’t Deceive Me Anymore”. Grazie alla produzione di Carlo Barbagallo è il più arroventato dei tre dischi dopo “Daydream Three” (2019) e “Lazy Revolution” (2021), il meno laccato, l'unico capace di restituire la ruvidezza degli scantinati underground, il “buona la prima” in presa diretta e le canzoni a malapena sgrezzate da riff schitarrati a oltranza. Strasentito con dignità (Michele Saran5/10)


10_atom_600ATŌMI - ATØMIA EP (Atme, 2024)
ambient

Lo specifico di “Atømia” a cura dell’incarnazione elettronica di Lorenzo Setti, Atōmi, è più che altro melodico: “Thebes1358” (fondamenta synthwave, fisionomia di balletto, esercizio di ricomposizione di armonie contrappuntistiche) e “Berlin1933” (il suo miglior tema ma reso troppo formulaico). Anche la pulsazione elettronica fatalista insita a “Alexandria642” finisce per approssimarsi a nient’altro che una canzone synth-pop non cantata. Ep più parto d’arrangiatore provetto che di compositore maturo. Seguito del fulgido “Little Floating Oracles” (2022) ma soprattutto diretto successore del primo Ep “Armønia” (2020) in titolo, tracklist e intenzioni (lì la creazione, qui la distruzione), finanche nell’artwork. I momenti abbastanza convincenti - pochi: due su cinque e diverse irrilevanze - posseggono una loro potenza ma più potenti ancora sono le grossolanità. La personale Atme Records al varo (Michele Saran4,5/10)

12/12/2024

Discografia

QLOWSKI - THE WOUND(Maple Death, 2024)
PETRIGNO - LA LINGUA DEL SANTO(Vina, 2024)
VALERIAN SWING - LIMINAL(Pax Aeternum, 2024)
ANTONIO LOMBARDI - CANZONE DELLA CONTEA DI LEVANTE(Squilibri, 2024)
OU - URANIO(Folderol, 2024)
MICHAEL IT’Z - MNEMONICA(Rohs, 2024)
PUGNI - TUFFO(autoprod., 2024)
NITRITONO - CECITÀ(My Kingdom Music, 2024)
DAYDREAM THREE - STOP MAKING NOISE(autoprod., 2024)
ATŌMI - ATØMIA EP(Atme, 2024)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Dieci Piccoli Italiani sul web

  Qlowski

  Petrigno

  Valerian Swing

  Antonio Lombardi

  Ou

  Michael It'z

  Pugni
  Nitritono
  Daydream Three
  Atōmi