Un approfondimento sul progressive italiano degli anni 70 nella nuova puntata di Rock in Onda, il programma condotto da Claudio Fabretti tutti i mercoledì dalle 12 alle 14 sulle web-frequenze di Radio Città Aperta (www.radiocittaperta.it).
Dalle Orme al Banco, dalla Pfm ai Goblin, dagli Osanna ai Napoli Centrale, passando per solisti sperimentatori come Alan Sorrenti, Franco Battiato, Claudio Rocchi e Juri Camisasca, una panoramica su una stagione esaltante per la scena musicale italiana.
Ascolta o scarica gratuitamente il podcast:
Spaghetti prog
La stagione del prog italiano classico è interamente situata negli anni 70, in modo particolare nella prima metà del decennio. Un periodo in cui il progressive britannico è stato assorbito, elaborato e trasformato in quella versione mediterranea tipica del nostro sound, in un continuo fiorire di nuovi suoni, nuove idee che non aveva precedenti nel nostro paese. Il 1970 e 1971 avevano già dato alla luce Lp rilevanti (il primo album omonimo dei Trip, “Syrio 2222” del Balletto di Bronzo nel 1970, “Collage” delle Orme, “Concerto Grosso” dei New Trolls, “L’uomo” degli Osanna) ma è il 1972 l’anno in cui vengono pubblicati i primi grandi capolavori del genere. Solo per citarne alcuni: l’esordio del Banco e il successivo “Darwin!”, il debutto di Alan Sorrenti con “Aria”, “Uomo di pezza” delle Orme, “Ys” del Balletto di bronzo, la colonna sonora di “Milano calibro 9” degli Osanna. Il 1972, quello che potremmo definire l'anno della maturità del progressive italiano, è segnato in modo indelebile anche dall'irruzione sulla scena della Premiata Forneria Marconi che avrà un ruolo centrale e indiscusso all’interno di quella più ampia del progressive italiano. Sono stati certamente - insieme a Banco, Area, Osanna, Orme e New Trolls - una delle formazioni capaci di partire dall’influenza del prog-rock imperante in Gran Bretagna, raggiungendo però livelli tali e duraturi da mettersi sullo stesso piano dei giganti anglofoni.
Ma ad arricchire l'età dell'oro del progressive nostrano saranno anche alcuni audaci solisti, come l'impareggiabile Franco Battiato e tre voci-strumento come Alan Sorrenti, Claudio Rocchi e Juri Camisasca. E se band come Perigeo, Picchio dal Pozzo e Napoli Centrale hanno aperto la scuola prog a una profonda contaminazione con il jazz-rock, sull'onda degli alchimisti di Canterbury, un gruppo come i Goblin di Claudio Simonetti è riuscito addirittura a plasmare il prog come sfondo ideale per gli scenari orrorifici del cinema italiano, magistralmente disegnati da un regista come Dario Argento. Scavalcata la metà del decennio 70, però, inizierà il declino. E a chiudere la nostra scaletta è un ultimo grande album, considerato unanimemente "il canto del cigno" del progressive italiano: "Forse le lucciole non si amano più" firmato dalla Locanda delle Fate.
Non ci sono dubbi, insomma, sul fatto che la scena prog italiana degli anni 70 sia da considerare competitiva con quelle internazionali. Non solo, è con ogni probabilità la più collezionata al mondo dopo quella britannica, e batte di gran lunga quella statunitense. Ma perché proprio nel nostro paese si è sviluppata una scena prog tanto imponente? Il rock progressivo nel mondo anglofono non aveva indirizzo politico, la maggior parte del genere si interrogava su filosofia e spiritualità o inventava scenari fiabeschi di completa evasione dalla realtà… In Italia la neutralità politica del prog non venne percepita. Venne invece percepita la sua capacità di destrutturare la forma canzone imperante. Canzone che veniva frantumata e allungata, privata dei tipico baricentro strutturale composto dalla precisa alternanza di strofa e ritornello, seguendo tempi inusuali e divagazioni strumentali inedite. Se si analizza la struttura musicale dei dischi prog, il suo potere anarchico è evidente... Del resto l’ideologizzazione della musica ha segnato l’intellighenzia e i movimenti studenteschi degli anni 70 e in un simile contesto, il prog aveva terreno fertile per fiorire, e fiorì nella sua dimensione più verace e impegnata. Ma non si tratta della sua pervasività capace di generare musicisti con quell’indirizzo in ogni luogo della penisola. Il prog in Italia è riuscito ad avere anche un grande impatto sulle classifiche, ed è questo che ha forse reso la nostra scena tanto appetibile agli occhi dei collezionisti di tutto il mondo: la spropositata quantità di materiale da cui poter attingere combinata all’aura di prestigio data dalla nomea di “paese dove il progressive era mainstream”.
Ma la presenza di diversi nomi capaci di scalare le classifiche ha fatto da riflesso anche ai nomi del sottobosco. Così, si è iniziato a scavare alla ricerca di una serie infinita di “graal”, dischi che, all’epoca della loro uscita, vennero stampati in poche migliaia di copie e divennero poi oggetti di culto, spesso addirittura all’estero, negli Stati Uniti o in Giappone. E tutto questo ha contribuito a rendere ancor più leggendaria la splendida scena progressive italiana.
(contributi da Italia in tempi dispari - Guida al prog italiano in 50 dischi)
Vi ricordiamo di iscrivervi alla pagina Facebook di Rock in Onda, presso la quale potrete sempre trovare i podcast da scaricare, più le scalette integrali e tutte le news relative alla trasmissione.
Inviateci pure commenti, suggerimenti e proposte per le prossime puntate, su Facebook e all'indirizzo mail: rockinonda@ondarock.it Sarà un piacere costruire le scalette anche grazie al vostro contributo.
Scaletta del programma | |
|