In occasione del nuovo tour dei Simple Minds, in arrivo in Italia a fine luglio (il 26 a Modena, Piazza Grande, il 27 a Roma, Ippodromo delle Capannelle e il 28 a Grado, Gorizia, Diga Nazario Sauro), agganciamo Jim Kerr per una chiacchierata a tutto campo. Su presente, passato e futuro dei Simple Minds. E sul perché la loro stagione d'oro, quella della new wave dei primi anni Ottanta, è riuscita a riemergere prepotentemente in questi anni.
Avete deciso di dedicare un tour interamente ai vostri primi cinque dischi. Personalmente ne sono entusiasta, perché li considero i vostri lavori migliori, ma credo anche sia una scelta molto coraggiosa: non temete di spiazzare tutti quei fan che vi conoscono soprattutto da "Don't You" in poi?
Sono stati cinque album speciali, prima del grande successo. Volevamo ritrovare le canzoni che ci eravamo lasciati alle spalle e fare un regalo a persone come te, ai nostri "hardcore fans".
Sì, in effetti sembra proprio un regalo ai fan della prim'ora.
Sì, credo che si debba vedere la storia dei Simple Minds in prospettiva. Per tanta gente la nostra storia inizia con Mtv, con "Don't You (Forget About Me)" e tante altre grandi hit. Ma credo che siamo stati molto fortunati ad avere anche una carriera precedente.
Già, e che carriera...
Beh, sì, una parte importante della nostra storia. Ci sono state varie ragioni dietro questa scelta di tornare al nostro passato. Anzitutto, il desiderio sincero da parte nostra di tornare ad ascoltare e suonare quel materiale, di riavvicinarci a quei brani. E devo dire che ha influito anche la consapevolezza del fatto che in giro ci sono molte band che sono influenzate da quel periodo musicale, da quei suoni. E poi la nostra casa discografica ha deciso di riproporre, rimasterizzare, rimpacchettare, ri-tutto... quei cinque dischi. Così era il momento adatto per tornare indietro e lavorare su quelle canzoni. Quest'anno abbiamo fatto un tour suonando solo quelle e quel tipo di scaletta è stato l'ideale per le audience più ristrette. Poi, in occasioni di grandi platee e festival, abbiamo mischiato quei brani alle hit successive e ha funzionato molto bene ugualmente.
E anche a Roma, quindi, suonerete i brani dei vostri primi cinque dischi?
Sì, ti divertirai!
Quest'anno è anche il trentennale di "New Gold Dream", che per me resta il vostro capolavoro. Come nacque quel disco e perché, a distanza di tanto tempo, riesce a conservare ancora tutta la sua magia?
Ricordo bene l'atmosfera in cui lavorammo, è stato uno dei rari casi in cui tutto funzionò alla perfezione. Ogni giorno ci innamoravamo di una nuova idea. Ci venne tutto in modo naturale, quasi senza sforzo. Alla fine nulla è perfetto, ma per l'epoca lo fu. Un disco che suonava profondamente romantico allora e lo resta anche oggi.
Sì, uno di quei dischi che hanno assorbito lo spirito profondo di quel periodo, che è poi la quintessenza della new wave...
Sì, in realtà è una grande miscela di pop songs, sperimentazione, elettronica, dark, rock. È davvero la quintessenza dei Simple Minds.
Mai come in questi ultimi anni la new wave sta tornando in auge. È stato coniato persino il termine "nu new wave" per definire questo movimento. Che ne pensi?
Beh, chiariamo subito una cosa: ci sono state alcune grandi cose e poi ve ne sono altre che ricordano grandi cose. Ci sono alcune discrete band, tipo gli Horrors, ma credo che niente suoni bene come Associates, Echo & The Bunnymen, Smiths, Killing Joke, Teardrop Explodes, Human League, Magazine, Ultravox... Mi pare evidente che molte nuove band siano influenzate da quel sound, ma non vedo un passo avanti, insomma. Credo che onestamente non ci sia partita.
Certo, per chi ha vissuto quel periodo, è dura trovare qualcosa di meglio degli originali...
Proprio così. Però mi piace il tuo termine "nu new wave", non l'avevo mai sentito prima...
Insomma, dei vari Interpol, Bloc Party, Editors e compagnia non riesci a salvare proprio nessuno?
Preferisco Anna Calvi, lei è davvero fantastica.
È anche una delle mie preferite! Sicuramente più originale di molti di quei gruppi, in effetti...
Sì, suona molto originale. E ha anche sangue italiano!
Hai proprio una passione per l'Italia... Da dove nasce questo feeling speciale, che hai mantenuto negli anni? So che sei spesso qui e hai anche un albergo in Sicilia...
Il mio primo viaggio all'estero, a dodici anni, è stato in Italia, a Rimini, con la scuola. Ed è stato meraviglioso. Fin da ragazzino l'Italia è stata parte di me e sono cresciuto con la passione per il vostro calcio, ad esempio. Anche Charlie Burchill fece un giro in Italia in autostop. Non so come, ma l'Italia è diventata parte di noi. Amiamo i suoi paesaggi, l'arte, le persone...
E avete anche molti fan, in Italia...
Sì, ci hanno incoraggiato molto durante la nostra carriera. Personalmente devo molto all'Italia, ai nostri fan, alle persone in Sicilia, ai miei amici... Ne ho alcuni da trent'anni qui. E anche Charlie condivide questa passione. Insomma, non siamo italiani, ma forse vogliamo bene all'Italia più di tanti italiani.
In Sicilia hai incontrato anche Franco Battiato: ti piace la sua musica? E cosa pensi, in generale, della scena musicale italiana?
Credo che gli artisti italiani siano sempre tra i più bravi nel pop, nelle melodie. E Franco ovviamente è un artista speciale.
Anche lui, in fondo, fa parte della new wave...
Sì, è vero, è unico.
Per molto tempo siete stati accostati agli U2. C'è stato anche chi ha creato una sorta di competizione tra voi. Vi è pesato questo confronto?
In realtà, con gli U2 abbiamo molte cose in comune oltre al sangue celtico, scozzese e irlandese. Abbiamo condiviso gli stessi ideali e le stesse cause politiche. Ma soprattutto c'è grande stima tra noi: siamo due band uniche, ognuna a modo proprio. Io sono anche un grande fan degli U2.
Sei anche amico di Bono?
Certo, siamo cresciuti insieme... E domani vado a pranzo con lui.
Insomma, addio rivalità.
Ma sì, certo. E rispettiamo anche tante altre band, The Cure, Echo & The Bunnymen, Depeche Mode... eravamo tutti ragazzini che sono cresciuti insieme.
Tante band dei primi anni 80 stanno tornando alla ribalta, c'è stata anche una raffica di reunion: qual è il segreto di quella generazione?
Per me è stato l'ultimo periodo di grande creatività e innovazione, una stagione di straordinaria ricchezza. Lo stesso hip-hop è nato in quegli anni. Insomma, era un periodo in cui l'immaginazione era fortissima e questo ha contribuito ha creare una scena così ricca.
Anche voi state andando avanti. Avete già un progetto per il nuovo disco?
Sì, stiamo lavorando giorno e notte. Stiamo registrando un certo numero di nuovi brani. Insomma, è bello avere questa grande storia, ma anche voler aggiungere sempre qualche nuovo capitolo.
Ti è mai venuta un po' di stanchezza, la voglia di staccare la spina alla band, dopo tanti anni?
No, al momento ho più energie di sempre! Dieci anni fa c'è stato un momento difficile, avevo perso un po' di stimoli, ma adesso c'è grande impegno da parte nostra ad andare avanti.
Ti hanno deluso i riscontri negativi degli ultimi dischi, in termini di critica e di vendite?
Beh, il nostro ultimo disco è stato nella top ten in Uk e Germania, e ha ottenuto buoni giudizi di critica (meno male che non ha letto la nostra recensione, ndr...).
E comunque anche l'ultimo di Bob Dylan ha venduto poco, anche l'ultimo Paul McCartney...
Già, sarebbe un discorso lungo. In ogni caso, vendere oggi non vi interessa più di tanto, giusto?
Sì, abbiamo già venduto abbastanza dischi, siamo dei ragazzi fortunati!
Qual è l'album dei Simple Minds che preferisci?
Attualmente è "Sons And Fascination".
Uno dei più sperimentali...
Sì, un disco sperimentale, ma soprattutto pieno di solidi ritmi e grandi melodie.
Eh sì, era un sound molto "avanti". Credo che oggi, con le nuove frontiere dell'elettronica, sia possibile anche ri-costruire quelle atmosfere senza cadere nella riproposizione di stilemi logori. Penso ad esempio all'ultimo disco di John Foxx & The Maths, "Interplay"... ti è piaciuto?
Sì, molto. E proprio insieme a John ho scritto una canzone un paio di mesi fa.
Insomma, lunga vita alla new wave e ai Simple Minds...
Sei un gentiluomo, grazie!
(versione integrale di un'intervista pubblicata sul quotidiano "Leggo")