Antonella Ruggiero

Antonella Ruggiero

Una voce senza confini

Dopo i fasti dell’epoca dei Matia Bazar, Antonella Ruggiero ha condotto una florida ricerca all’insegna dell’esplorazione e della fusione dei generi musicali, con una particolare attenzione alla musica etnica, affiancata in questa avventura personale dall’inseparabile compagno d’armi, Roberto Colombo

di Guido Gherardi

Per comprendere il significato della carriera solista di Antonella Ruggiero non vi è modo migliore di partire dalla sua dipartita dai Matia Bazar e da quei lunghi sette anni di assenza dalle scene che ne seguirono. Questa interruzione dell’attività artistica pubblica venne a coincidere con un’epoca di forte cambiamento dei gusti musicali a partire dalla seconda metà degli anni 80. Emblematica di questo repentino cambio di tendenza fu la sepoltura dell’algida musica elettronica anglosassone (new wave e affini) che regnò sovrana in una breve stagione gloriosa (il cui fulcro va dal 1977 al 1983, anno di uscita dell’elettronico "Tango" dei Matia Bazar). Il mercato avrebbe infatti inesorabilmente virato verso sonorità più rock da un lato, e più black dall’altro (fino ad arrivare al predominio dell’hip-hop).
Ma non bisogna trascurare né, su scala globale, l’esplosione della musica da ballo latino-americana, né, su quella locale, la riscoperta della musica popolare etnica o regionale (Tazenda, Parto delle Nuvole Pesanti, Tenores de Britti, Modena City Ramblers, per citarne alcuni). Se negli anni 70 i Kraftwerk classificarono la loro musica come “Volksmusik”, nulla sembrerà in futuro più lontano dall’essere tale. Se prima l’“Intelligentia” cantata dai Matia Bazar consisteva nell’essere futuristicamente “avanti”, in seguito divenne saper mescolare con abilità i generi (forse anche perché i generi erano ormai già stati inventati tutti), ad esempio il saper “svecchiare” la musica popolare confezionandola per le nuove generazioni sotto forme più moderne. Finita l’epoca di una divistica Antonella Ruggiero in versione “Greta Garbo di vanità”, con alle spalle gli altri membri del gruppo quali inespressive “Schaufensternpuppen” di kraftwerkiana memoria, la nuova Antonella si proporrà invece come un’anti-diva semplice e umile, che anziché guardare in avanti guarda “indietro”, alle radici geografiche e temporali della musica popolare o leggera.

Dopo lo scarso successo nel 1987 di “Melò” (promosso dal singolo “Noi” con il gruppo all’apice del proprio “intellettualismo” teutonico) e il solo parziale rilancio due anni dopo con il singolo “Stringimi” da “Red Corner”, Antonella Ruggiero abbandonò i Matia Bazar. Durante i sette lunghi anni di assenza dalle scene seguiti all’abbandono, si ritirerà a vita privata e compierà vari viaggi in India. L’esplorazione di questo luogo rappresenterà per lei un’intensa esperienza esistenziale e spirituale, ma anche musicale, talmente incisiva su tutti questi fronti da segnare irrimediabilmente la sua futura produzione solista. Anche se non propriamente di solista si dovrebbe parlare, quanto piuttosto del frutto del sodalizio artistico (oltre che sentimentale) attuato con Roberto Colombo, produttore di gran stazza (già alla regia dello stesso "Tango"). I dischi della Ruggiero dovrebbero infatti portare la doppia firma (anche se così sarà in effetti solamente per Pomodoro Genetico). L’apporto di Colombo come produttore è fondamentale e rivela un’attenzione quasi maniacale per la ricchezza strumentale e il mimetismo sonoro, adattandosi con una rimarchevole perizia tecnica a una molteplicità di stili musicali differenti. Il sodalizio artistico tra i due è armonizzato alla perfezione, tant’è che quello che Colombo fa per la parte strumentale, la Ruggiero lo fa per quella vocale. La cantante genovese è stata infatti una delle pochissime tra quelle italiane di grande popolarità (insieme a Mina e Giuni Russo) a essere stata capace di uscire tecnicamente dagli ambiti dell’ordinario, in parte per via di doti naturalmente possedute, e in parte per un diligente lavoro di studio rivolto alla valorizzazione delle proprie inconsuete potenzialità. Laddove la gran parte delle sue colleghe non ha potuto affrancarsi dall’interpretazione di testi trasposti in musica, Antonella Ruggiero ha potuto spesso concedersi “il lusso” di intonare dei semplici vocalizzi (talvolta dei veri e propri “la la la”), di arrampicarsi su per vertiginose scale musicali e di uscire dagli schemi della forma-canzone, mantenendo sempre una voce perfetta e cristallina, continuamente capace di virtuosismi inarrivabili.

Dall’India con amore

Antonella RuggieroIl frutto dei viaggi in India è l’album Libera del 1996, e si vede da subito che la coppia Ruggiero-Colombo fa sul serio. Al di là delle apparenze, il disco è per certi versi molto azzardato, una vera e propria scommessa. Si tratta infatti di un ardito tentativo di fusion tra la musica indiana e quella italiana. Nonostante questa pericolosa sovrapposizione, il risultato è veramente felice: si presenta già fin dal primo ascolto come dotato di una mirabile compattezza compositiva, riuscendo nel contempo a fondere e a distinguere le due diverse individualità culturali. Strofe sagacemente ritmate dall’aspetto fortemente esotizzante si alternano ad ariosi ritornelli che sono quasi delle eleganti romanze secondo il gusto del Belpaese. Questo schema si ripete per quasi tutto il lavoro senza mai stancare, tanta è la capacità di riproporlo sempre in nuove varianti sì da creare un originale linguaggio unitario. L’interpretazione della Ruggiero deve quindi da un lato riuscire a comunicare il senso del ritmo della musica indiana, e dall’altra prendere il volo nelle melodie appositamente pensate per concederle note estese e acute (spesso “acutissime”). Il gioco è ovviamente sul filo del rasoio, il rischio era quello di ottenere un connubio artificioso e posticcio, e invece la cosa riesce a funzionare perfettamente.
C’è una ragione fondamentale per la riuscita di questo gioco di prestigio. La coppia Ruggiero-Colombo non guarda (solamente) all’India classica. Non aspettatevi da questo disco una ieratica India da cartolina alla “Within You Without You” dei Beatles (con tutto il rispetto per questo glorioso brano che fece da “apripista” nel rock alla contaminazione tra Oriente e Occidente). La musica indiana a cui il duo si ispira è anche in gran parte quella dance attuale finanche quella della scena alternativa o underground delle metropoli contemporanee. C’è sì spiritualità nell’India di Ruggiero-Colombo, ma anche voglia di ritmo, di ballo, di divertimento, di internazionalizzazione, di mescolanza di tradizione e innovazione. Non a caso l’album è registrato sovrapponendo tra loro strumenti occidentali elettronici e strumenti tradizionali indiani. I due autori firmano congiuntamente tutte le musiche, mentre i testi sono di Daniele Fossati.
Ecco l’inizio travolgente della filastrocca “La danza”, vivace ed energica reinterpretazione in chiave pop di un canto tradizionale indiano. Già a partire da questo brano, Antonella mostra quelle doti vocali mimetiche che caratterizzeranno il suo percorso solista e ci delizia in particolare con un’imitazione dello stile interpretativo delle cantanti di musica pop indiana.
“Il canto dell’amore” riesce nella magica impresa di unire Cina e India: di sapore estremo-orientale sono i vocalizzi armonici della Ruggiero e le atmosfere sonore impiegate nelle strofe, con l’esclusione delle percussioni che le accompagnano, che sono al contrario tipicamente indiane. Il ritornello invece fiorisce in una elegante e lirica romanza per la gioia degli amanti del bel canto. “Corale Cantico” accentua la compenetrazione di elementi orientali e occidentali con la partecipazione del coro dalla chiesa parrocchiale di Paderno di San Gregorio, che si alterna con le apparizioni del sitar indiano. “La filastrocca” si apre e si chiude come un pezzo di Indian dance, ma nel mezzo ci dona un nuovo bellissimo ritornello “all’italiana”, mentre “Fare, fare” porta il senso ritmico agli apici grazie a un testo quasi hip-hop e alla sfida virtuosistica intrapresa tra voce, chitarre e fiati nella scansione del ritmo.
Non poteva non esserci l’ombra di Peter Gabriel in questo album di pop etnico, e la sua musica pare comparire più volte, come nell’uso del basso o nel senso del ritmo, ma anche nel finale di “Il tempo che verrà” , che riprende quello di “Zaar” (da quel capolavoro assoluto che è “Passion”). Il virtuosismo vocale della Ruggiero raggiunge alti livelli in “In The Name Of Love”, mentre “La fabbrica” (che contiene uno dei ritornelli più magnificenti dell’album) deve tanto all’intelligenza di Roberto Colombo: si potrebbe definire come un prototipo di Indian-industrial, in quell’incedere di tastiere sintetiche che imitano le tradizionali sonorità indiane da un lato, e nell’impiego di suoni “futuristici” alla “Die Roboter” dei Kraftwerk (!) dall’altro. “Il Viaggio” è forse il brano stilisticamente e spiritualmente più coinvolgente, ma il disco non conosce mai momenti di cedimento.
Il lavoro rappresenta un perfetto biglietto da visita per la produzione solista della Ruggiero: il titolo “Libera” rappresenta l’animo dell’artista che si vuole librare al di fuori di ogni imposizione commerciale o schema precostituito: sarà anche adottato come nome della sua etichetta discografica indipendente. Segnaliamo inoltre il tempismo e l’avvedutezza dell’uscita discografica dell’album, se non addirittura il suo ruolo “profetico”: appena due anni dopo la musica dance indiana sarebbe salita alla ribalta del successo internazionale con “Mundian To Bach Ke” di Panjabi Mc e un’altra mirabile coppia voce femminile-produttore, quella costituita da Madonna e Ray Orbit, avrebbe ottenuto un enorme riscontro con lo splendido “Ray Of Light”, dove la miscela di sonorità elettroniche occidentali e tradizionali orientali ha un certo ruolo nella creazione di uno stile dance sincretistico (si confronti “Frozen” con “Il Viaggio” e “La Danza” con “Shanti Aganti”). Libera avrebbe quindi meritato un’accoglienza ben più calorosa di quella ottenuta, essendo passato ingiustamente inosservato.

Nel 1998, nonostante la radicale svolta stilistica compiuta con Libera, e forse a seguito del disinteresse generale mostrato da pubblico e critica per questo lavoro, Antonella Ruggiero compie un salto nel passato, dando alle stampe Registrazioni Moderne, album nel quale interpreta vecchi brani dei Matia Bazar, avvalendosi della collaborazione di gruppi prestigiosi del panorama italiano quali Subsonica, Timoria e Bluvertigo. Si tratta quindi di un omaggio fatto da musicisti cresciuti sotto l’influenza dei Matia Bazar alla grande ex-voce del gruppo. Dal punto di vista artistico, non è chiaro se tale operazione fosse veramente necessaria, tuttavia il mercato premierà la scelta: Registrazioni Moderne risulterà infatti essere il maggiore (se non il solo) successo commerciale dell’Antonella Ruggiero solista, sia per il collegamento con il suo passato “glorioso” insieme al suo gruppo storico, sia per l’effetto-traino del più celebre tra gli inediti presentati negli anni al Festival di Sanremo, “Amore lontanissimo”. L’esperienza sanremese incarna tutta la contraddizione insita nel fenomeno Antonella Ruggiero: ad alte postazioni raggiunte sul podio (sarà ancora seconda nel 1999 con “Non Ti Dimentico”, e prima nella categoria donne con “Echi d’Infinito” nel 2005) non corrisponderà un adeguato riscontro nelle vendite. Il suo destino pare quello di essere circondata da grande rispetto reverenziale da parte del pubblico e della critica in qualità di “grande voce”, ma sostanzialmente oggetto di scarsa attenzione per quanto riguarda la produzione artistica successiva ai Matia Bazar.
Questa continua attività in stato di penombra ha però affrancato la Ruggiero dal sentirsi in obbligo di rispondere a eventuali aspettative di pubblico e critica, anzi, le ha regalato quell’assoluta libertà da lei tanto agognata. Eccola infatti ribadire nuovamente con veemenza il suo senso d’indipendenza nell’incipit dell’album successivo, Sospesa (1999), dove in “Inafferrabile” ribadisce di essere “nata libera”, di “vivere fuori del branco” e recita fermamente la promessa di voler parlare con un proprio linguaggio. Un linguaggio proprio e grammaticalmente consistente lo aveva in effetti parlato in Libera, ma in Sospesa sembra piuttosto andare alla ricerca di uno nuovo, senza però averlo pienamente trovato.
L’apertura di “Inafferrabile” riprende stilisticamente il discorso di Libera, ma nell’album si esplorano molti nuovi territori. Il livello compositivo, tuttavia, non raggiunge in generale quello dell’album di debutto: ottima produzione, brani gradevoli e accattivanti, ma non c’è lo stesso talento creativo pulsante di Libera. Questo nuovo lavoro è piuttosto il frutto di un manierismo formale. La sempre sopraffina produzione di Colombo è impegnata a dare un’individualità stilistica a ogni brano (persino la sanremese “Non ti dimentico”, sebbene non annoverabile tra le canzoni migliori incise dalla coppia, vanta un livello di produzione nettamente superiore a quello mediamente ascoltato nell’ambito della più celebre kermesse musicale italiana). Se però in Libera la composizione e gli arrangiamenti sembravano scaturire autonomamente da una solida logica interna in ogni istante del disco, in Sospesa sembrano originati da un ragionato lavoro di mestiere. “1999” ricorda un po’ “Il video sono io” da Tango, ma ora più che di avanguardia si tratta di citazione dell’avanguardia, con qualche cedimento di gusto (il messaggio che nel mondo iper-tecnologico l’amore rimane sempre invariato è reso con un tono piuttosto ruffiano; l’ottimismo che pervadeva Libera era dovuto all’esperienza della spiritualità, qui diventa invece un po’ una caricatura di sé stesso).
Non mancano, però, alcuni momenti di interesse da ricordare: “Non dirmi dove, non dirmi quando” ha un ritornello ben composto e magistralmente interpretato; “Controvento” vanta una bella melodia e atmosfere notturne con le sue tastiere vagamente da jazz club, nonché un testo meno banale di altri nel resto dell’album; vi è infine la sorpresa di “And Will You Love Me” scritta da Ennio Morricone, brano molto vicino a un’altra composizione del Maestro, “The Secret Of The Sahara”, interpretata da Amii Stewart in modo affine (e sono ben poche le cantanti italiane che potrebbero non sfigurare in un confronto così serrato con le illustri interpreti d’Oltreoceano). Notiamo inoltre che nella title track i vocalizzi del ritornello anticipano “Leggero” da Pomodoro genetico, e “Ipnotica, magnetica” presenta interessanti arrangiamenti alla Kraftwerk.

Antonella RuggieroUna pausa di due anni, e la spiritualità maturata in India la conduce verso la musica sacra occidentale nella registrazione di Luna crescente (Sacrarmonia), album che le consente finalmente di confrontarsi con la musica “accademica”. Ecco quindi il comparire in scaletta di brani di Bach e di Gounod, e soprattutto l’affidarsi per la parte strumentale a un quartetto d’archi di gran scuola, l’Arkè String Quartet, che dona al disco l’aurea della rispettabilità della musica da camera.
Quello con la musica “colta” era un incontro annunciato da tempo, sin dall’epoca dei Matia Bazar, e per un’artista proveniente dal mondo della musica cosiddetta “leggera” poteva rappresentare un imbarazzante scivolone. E invece ne esce fuori uno degli album più intensi, anche perché la coppia Ruggiero-Colombo sa esattamente in quale direzione muoversi, come presto vedremo. Quello che poteva essere un inutile sfoggio di erudizione riesce a diventare purezza di espressione.
L’album può in particolare contare su tre colonne portanti: l’inizio, con una nuova versione di “Corale cantico”, in bilico tra musica da camera e folkloristica, la cui dolcezza e soavità è spazzata via dall’irruenza della seguente “Kyrie (Missa Luba)”; la parte centrale vanta una sublime interpretazione di “Sanctus” di M. Colonna e L. Bigazzi, e raggiunge l’apoteosi sia mistica che emotiva dell’intero lavoro con l’ispanica “Gloria (Misa Croila)”; infine vi è una felice conclusione con una nuova versione de “Il canto dell’amore”, che nella sua modernità e leggerezza melodica ricorda all’ascoltatore che non se ne fosse ancora accorto che quella che si ascolta è pur sempre “musica pop”.
Il buon esito ottenuto da Ruggero-Colombo è proprio dovuto al fatto di non avere perso la testa: nonostante l’evidente percorso intrapreso in direzione della musica classica, Luna crescente è in realtà una nuova tappa dell’esplorazione delle varie forme di musica popolare. E infatti “Kyrie” è un brano africano, “Gloria” argentino, “God Rest You Merry Gentlemen” è un tradizionale inglese del XV secolo. Gli stessi archi sono impiegati nella duplice valenza di strumenti da musica da camera da un lato e di strumenti legati alla tradizione folkloristica dall’altro. Purtroppo l’avvicinamento alla musica classica impone all’interpretazione della Ruggiero una composta diligenza, alle volte quasi l’assunzione di un atteggiamento di umiltà per prevenire eventuali eccessi imbarazzanti, e non le consente di deliziarci con le sue forbite invenzioni vocali già presenti in Libera o nel futuro Pomodoro genetico.

Questo lavoro avrà un seguito in I regali di Natale del 2009, col quale condividerà addirittura la presenza di alcuni titoli in scaletta.

Gusto retrò, che passione

L’omonimo Antonella Ruggiero del 2003 è un nuovo album di inediti che funge da collegamento tra la produzione precedente e quella futura, fortemente impegnata a recuperare il gusto per la musica italiana del passato. Si tratta dell’unico album nel quale la Ruggiero lavora (in collaborazione con altri) in qualità di autrice senza Colombo, il quale comunque tiene sempre in mano la produzione. In esso sono incluse canzoni complessivamente pacate e innocue. L’interpretazione della Ruggiero è questa volta in generale piuttosto contenuta, salvo un paio di notevoli eccezioni (ma in questo dignitoso contenimento riesce a librarsi in “Idea gentile” in delicati equilibrismi che poche altre artiste italiane sarebbero in grado di effettuare con tale indisturbata maestria). La produzione abbonda nell’utilizzo di orchestrazioni: sebbene questo sia un vecchio e duraturo peccato nella storia della musica pop, in questo caso è abbastanza giustificato. Esso è infatti finalizzato a ricreare esplicitamente le atmosfere della musica italiana melodica degli anni 60 (“E ti ritrovo”, “Idea gentile”). Uno dei risultati migliori è “Abbracciami”, il cui ritornello semplicemente sublime sembra una colonna sonora di un film d’epoca ed è interpretato da una Ruggiero molto presente tecnicamente e altrettanto coinvolta emotivamente. Il risultato complessivo ricorda parecchio da vicino la versione orchestrale di “Mad About You” degli Hooverphonic, altro tentativo vincente di recupero delle atmosfere orchestrali retrò delle vecchie colonne sonore con tanto di funambolica performance vocale femminile piuttosto assimilabile. Un episodio che conferma la piena competitività della cantante genovese a livello internazionale e segna un primo avvicinamento allo stile trip-hop.
Come dicevamo, questo album ha un ruolo di cerniera con la produzione futura della Ruggiero. La dimensione orchestrale sarà il perno centrale su cui verterà Big Band, e l’impiego degli archi atto a ricreare le tipiche atmosfere stile anni 60 alla Gino Paoli l’avvicina al confronto con la tradizione della propria città, poi esplicitamente compiuto in Genova La Superba.
Uno degli aspetti più importanti del disco è comunque la presenza di una delle canzoni d’amore più belle della storia della musica italiana, “Di un amore”, scritta dalla Ruggiero insieme ad A. Volpe. Nonostante il livello altissimo raggiunto, la composizione è passata pressoché inosservata da critica e pubblico (persino la platea sanremese le riserverà un’accoglienza ben più modesta del solito). Eppure si tratta di un brano dall’impatto emozionale molto incisivo e l’interpretazione della cantante è superba.
Come nel caso di Libera, questo album ha ottenuto un riscontro molto limitato, pur avendo ricoperto a sua volta il ruolo di anticipatore: la rilettura in chiave moderna della musica italiana del passato (condotta da una voce femminile) avrebbe portato alcuni anni dopo al grande successo di pubblico l’accoppiata Tiziano Ferro-Giusy Ferreri, e anche all’apparire di interpreti di una certa popolarità come Malika Ayane e Nini Zilli.

Il discorso avviato con Antonella Ruggiero prosegue nel 2005 con Big Band, un album costituito principalmente da cover di brani noti, da “Mi sono Innamorata di te” a “Begin The Beguine”, fino a “Per un ora d’amore” dal repertorio dei Matia Bazar. Come preannunciato dal titolo, il lavoro è stato realizzato insieme a un’orchestra dalle dimensioni corpose: gli ottoni la fanno da padrone negli arrangiamenti swing di “Confidati a me” e “Luna malinconica (Blue Moon)”, ma non mancano nuovamente le tipiche atmosfere della musica melodica degli anni 60 con gli archi protagonisti (“Legato ad un granello di sabbia”, di Nico Fidenco, “Arrivederci”). Grazie al repertorio esplorato, Antonella Ruggiero ha tra l’altro la possibilità di “sperimentare” lo stile vocale delle cantanti degli anni 30. La sua interpretazione, spesso contenuta e di maniera (“Arrivederci”), si accende dove l’andamento della composizione le concede di esibirsi in guizzi e virtuosismi vocali (“Begin The Beguine”) ed è perfettamente a suo agio nella suadente melodia del ritornello dell’inedita “Echi di infinito”. Altre volte riesce a essere irresistibilmente graziosa (“Dissolta in te”), o a coinvolgere emotivamente (“Mi sono innamorata di te” di Luigi Tenco). Il campionario di versatilità interpretativa proposto da quest’album è quindi di tutto rispetto.

Big Band rappresenta un lavoro dalla lunga eco nella produzione della Ruggiero, che ritornerà a occuparsi di vecchi brani della canzone italiana o d’autore in Souvenir d’Italie e in Genova La Superba del 2007. Ma esso svela soprattutto l’inevitabile confronto con lo stile canoro jazz, che permetterà alla cantante di valorizzare al meglio le doti vocali dinamiche e virtuosistiche della maturità (non sorprendentemente alla scuola del jazz ha guardato molto anche Mina, la sua più usuale pietra di paragone, che la Ruggiero ricorda da vicino in “Mi sono innamorata di te”).

Musica per immagini

Antonella RuggieroL’avventura musicale con gli Arkè String Quartet è ripresa nel 2006 con L’abitudine della luce. Il titolo è legato a una mostra tenutasi a Brescia sul paesaggio pittorico da Turner agli impressionisti, la cui promozione si è avvalsa dell’esibizione dal vivo della musica contenuta in questo album. Si tratta quindi di musica pensata come colonna sonora alla visione di immagini, e il discorso proseguirà nel successivo Pomodoro genetico, dove si passerà però dalle tradizionali pitture ad olio alle avveniristiche proiezioni video.
L’ambizioso progetto di Pomodoro genetico arriva nel 2008. Si tratta dell’unico disco a portare meritatamente la doppia firma Colombo-Ruggiero. Il suo titolo è però fuorviante rispetto alle originarie intenzioni degli autori: avrebbe infatti dovuto piuttosto chiamarsi “Pomodoro transgenico”. Il progetto di fondo è infatti quello già sperimentato ad alti livelli in Libera di fare dialogare strumenti acustici tradizionali (rappresentati dal naturale “pomodoro”), tra i quali la voce, con altri elettronici contemporanei (ottenendo così un ortaggio geneticamente modificato, ovvero “transgenico”). Tuttavia questo Pomodoro genetico non è un “clone” del primo album solista, ma ne rappresenta piuttosto un’astrazione. Scompare in questo lavoro il senso della danza, e scompare definitivamente (forse finalmente) la forma-canzone. La complementarietà di elementi contrapposti non viene data solamente dall’impiego di due tipi opposti di strumenti, ma anche dal contributo dei due protagonisti: Antonella Ruggiero si affida in larga parte all’improvvisazione nella parte vocale, mentre Colombo si dedica come al solito a una produzione dalla perfezione millimetrica. Viene registrato così, caso rarissimo nel panorama italiano, un album senza parole, lasciate alla spalle come inutili fardelli alla completa libertà vocale e potenza espressiva.
Non si creda di avere a che fare con un disco lucente e patinato ma sostanzialmente vuoto. Sono invece tante le invenzioni melodiche, strumentali e vocali di notevole valore dalle quali cui farsi magnificamente sedurre. Il capolavoro dell’album è probabilmente “Attesa”, la traccia più lunga, presente addirittura in due versioni. Si tratta di un brano raffinato, ma anche gelido se non addirittura agghiacciante, con sintetizzatori glaciali e terrificanti, e la voce della Ruggiero diafana e trasparente, librante e zampillante, ora soave ora profonda ora drammatica. L’esperienza comunicata all’ascoltatore è quella di un forte senso di estraneità e di smarrimento, e il sentimento che lo pervade è quello di un raggelamento che dall’esterno lo avvolge e ne penetra l’interiorità. La traccia musicale vive in perfetta simbiosi con il bellissimo video asettico e ipnotico di F. M. Iacquone allegato al cd. D’altronde “Attesa” nasce originariamente come colonna sonora: la registrazione della parte vocale risale infatti addirittura a un’incisione del 2003 effettuata come sonorizzazione del film muto di D. Griffith “Broken Blossoms”, del 1919.
In “Attesa II” la cantante genovese ci regala a un tratto un’altra delle sue scale impossibili verso l’alto, e ad essa fa da contraltare quella strumentale discendente verso il basso con cui si apre il brano successivo “Assurdo”, l’unico a non portare la doppia firma: si tratta infatti di una nuova versione della composizione di Colombo “Sfogatevi bestie” del 1976. Invero è radicalmente diversa dall’originale, e se si fosse insistito maggiormente sugli elementi di novità anziché sulla riproposizione melodica del vecchio brano, si sarebbe potuto ottenere un altro capolavoro.
Altre tracce importanti sono “Leggero” (dalle superbe “fluttuazioni” vocali) ed “Europeo”, mentre “Lontano”, che apre l’album, riprende l’accostamento Oriente-Occidente proposto in Libera, quasi a ricollegarsi idealmente con il lavoro di dodici anni prima, di cui probabilmente rappresenta il punto di arrivo. Il permanere del contatto con la musica accademica è questa volta assicurato dalla partecipazione degli strumentisti dell’Orchestra del Maggio Musicale Fiorentino.
Si è parlato per questo lavoro di trip-hop, e d’altronde il binomio Ruggiero-Colombo può ben ricordare l’incontro voce femminile-sperimentazione elettronica incarnato dalla coppia Gibbons-Barrow dei Portishead. Si pensi inoltre che l’album si è trasformato in una magnifica opera visiva in occasione della sua resa live in Piazza del Duomo a Milano, grazie alla proiezione di video appositi creati da Iacquone, rendendo così l’intera opera una magnificente colonna sonora.

La ricerca musicale è poi proseguita attraverso una costante attività di recupero e riproposizione del passato, come nei già menzionati Souvenir d’Italie e Genova La Superba. Per l’originalità della scelta, va ricordata l’incisione di un album live nelle lingue Ladino e Friulano, Cjanta Vilotis, il quale contiene addirittura una versione de “Il viaggio” da Libera, opportunamente tradotto. Segnaliamo ancora la partecipazione al progetto collettivo Anestesia totale del 2012: il contributo della Ruggiero si concretizza in “Come due spie”, meraviglioso brano di M. Travaglio e V. Corvino (forse l’apice raggiunto nella sua carriera nell’abbinamento voce-ensemble d’archi), nonché una delle sue interpretazioni in assoluto emotivamente più intense.

La discografia della coppia Ruggiero-Colombo è piuttosto corposa. I progetti principali, ovvero quelli essenzialmente composti da inediti, sono costituiti da Libera, Sospesa, Antonella Ruggiero, L’Abitudine della luce e Pomodoro genetico. Gli altri album incisi riguardano per lo più esibizioni dal vivo o rivisitazioni di brani altrui. Una menzione particolare in questo secondo gruppo va tuttavia a Luna crescente, per aver connotato in modo così marcato l’immagine dell’artista (tant’è che verrà riproposto dal vivo per diversi anni).
L’album più riuscito per compattezza stilistica ed energica vitalità creativa è probabilmente quello di esordio, Libera, del 1996, seguito da Pomodoro Genetico. Non a caso i titoli di questi due album riassumono mirabilmente il progetto artistico del duo. Ma l’opera della Ruggiero va considerata anche nel suo complesso, come una continuo peregrinare tra generi diversi, alla scoperta delle varie dimensioni della musica, accompagnata da incredibili doti di mimetismo. In questa perspicace esplorazione e compenetrazione degli stili, la Ruggiero trova in Colombo un perfetto compagno che le garantisce sempre la resa sicura del risultato, grazie a capacità mimetiche perfettamente corrispondenti. Viceversa, è talvolta la stessa Ruggiero a mettersi al servizio di Colombo, consentendogli di utilizzare la sua voce come uno strumento al pari degli altri nella progettazione sonora effettuata dalla mente caleidoscopica del produttore.
Del resto, di quali magiche alchimie sia capace l’intesa che si instaura tra un’interprete femminile di grande personalità e un valente ingegnere del suono sono testimoni altri simili sodalizi che hanno costellato la scena della musica pop: Madonna ne ha fatto praticamente il fulcro della propria carriera, abbiamo già ricordato i Portishead, ovviamente dobbiamo menzionare i primi Eurythmics. Tale tipo di connubio è stato addirittura simulato (proprio l’anno di uscita di Libera) da Carlo Verdone e Claudia Gerini nel film “Sono pazzo di Iris Blond”, da cui è scaturita una splendida colonna sonora ad opera del sofisticato compositore Lele Marchitelli e interpretata dalla Gerini, con gelide atmosfere notturne che rimandano a quelle toccate dalla coppia Ruggero-Colombo in “Controvento” o “Attesa”.

Il pomodoro genetico (o meglio, transgenico) scaturito negli anni da questa collaborazione non è però solamente il frutto di tale riuscita simbiosi tra una sensibilità maschile e una femminile, ma anche tra tradizione e modernità, Oriente e Occidente, sacro e profano, colto e popolare, acustico ed elettronico, ritmato e melodico, alla continua ricerca di una sintesi unitaria basata sul bilanciamento degli opposti. I pellegrinaggi meditativi svolti in Oriente non hanno regalato alla ex-frontwoman dei Matia Bazar solamente le sonorità di Libera, ma più in generale l’intero progetto filosofico attuato nel complesso della sua produzione artistica.

Nel 2014, dopo la sua partecipazione al Festival di Sanremo, esce il nuovo album L'impossibile è certo, che si colloca idealmente nel solco di Sospesa (1999) e dell’omonimo Antonella Ruggiero (2003) quale terzo episodio di “album-raccolta” di inediti stilisticamente e tematicamente tra loro non strettamente correlati. Non siamo quindi di fronte al classico “album a soggetto” che contraddistingue la maggior parte della produzione dell’artista, o meglio della coppia Ruggiero-Colombo.

L’avvio è convincente, con la sostenuta  “Delfini sulla scia”, che può ricordare un aggiornamento dell’Alice di “Park Hotel”. Poi si prosegue abbastanza bene con le riuscite “Cercare La Vita” e  “Tra Le Briciole”, nonostante un’interpretazione vocale alquanto umile e contenuta al puro servizio delle composizioni. Funziona anche “Mille Marie Ad Un Balcone”:  parte con la solennità di un brano di Fossati, e poi vira verso un distillato di italianità da cartolina di inizio Novecento che è più reale del vero.Si continua ancora positivamente con “Ora e per sempre”, poi la qualità comincia a calare. Dobbiamo però decidere se il tono sommesso che pervade quasi tutto l'album (con alcune mirabili eccezioni) esprima una leggerezza di tocco di delicatissima raffinatezza poetica, oppure se siamo di fronte a un lavoro ben curato, ma che manchi un po’ di brio. Forse è difficile dare una risposta oggettiva a questa domanda e ciascuno potrebbe cambiare più volte idea durante i ripetuti ascolti, anche se di fronte ad alcune tracce (“Amo Te, Amo La Tua Diversità”, “Il Palpito Di Questa Felicità”) ci si domanda se davvero l’umiltà non sia sfociata nell’eccessiva rilassatezza.
“Da lontano”, brano presentato a Sanremo 2014, si segnala soprattutto per l’interpretazione vocale sensibilmente più appassionante che altrove, ma si deve aspettare “Isola” perché l’emozione ritorni davvero a riguardare la composizione nel suo complesso. La traccia migliore è probabilmente “Due Spie” (di Travaglio, Cibelli, Corvino e la stessa Ruggiero), ma… ma…  in effetti ci sono due “ma”. Il primo: non si tratta realmente di un brano del tutto inedito, essendo già stato incluso nella raccolta collettiva “Anestesia Totale”. Il secondo: la versione originale era forse migliore. E dopo il meglio, arriva il peggio: “Italia, Una Parola Aperta”: la buona volontà di trasmettere messaggi sociali non può giustificare la mancanza della più minima coesione tra musica e testo. Poco importa, o anzi è ancor peggio, che la firma delle liriche sia quella di un nome di un certo rilievo del panorama letterario italiano (Erri De Luca). Finale con l’“ideale assolo” vocale “Ninna Nanna Per Yanuska”: lo sappiamo già, Ruggiero è una delle poche cantanti italiane in grado di utilizzare la voce come uno strumento.
È difficile pensare che questo disco possa far guadagnare all’artista nuovi estimatori, ma la cosa è non è nemmeno ricercata, troppo volutamente soffuso è il livello proposto. Il lavoro può però interessare a chi segue la Ruggiero da molto tempo ed è abituato ad apprezzarne non solamente i virtuosismi pirotecnici, ma anche i suoi più tenui e delicati sussurri.

Un anno dopo la cantante genovese corona la sua passione per la musica sacra con un album ad hoc, intitolato Cattedrali (2015). Registrato in sedute diverse nella Cattedrale di Cremona, include anche il concerto del 24 ottobre 2014. In scaletta trovano posto prevalentemente brani eseguiti in voce e organo, quest'ultimo suonato dal Maestro Fausto Caporali, ad eccezione di alcune tracce che vedono la partecipazione straordinaria del Coro della Cattedrale di Cremona e del Quartetto d'archi Bazzini. L’Ave Maria è il filo conduttore che si snoda fra bellissime melodie e attraverso i secoli per approdare fino a De Andrè de “La Buona Novella” e ad alcuni compositori ancora viventi.

Nel 2016 è quindi la volta di La vita imprevedibile delle canzoni, in cui Antonella rilegge alcuni suoi brani attraverso gli arrangiamenti di Stefano Barzan e l'accompagnamento al pianoforte di Andrea Bacchetti, uno degli interpreti più stimati nel contesto classico internazionale, ma noto al grande pubblico italiano per il suo ruolo straniante di pianista folle e socialmente impacciato con Piero Chiambretti.

Dopo la nuova mastodontica raccolta Quando facevo la cantante 1996-2018 (2018) - con 115 brani tratti dalle sue registrazioni live dal 1996 ad oggi, insieme ad alcuni inediti - e il suggestivo live Empatia (2020), la vocalist ligure prosegue nella sua opera di rivisitazione del suo repertorio con Come l'aria che si rinnova (2022), in cui gli arrangiamenti rarefatti di Roberto Colombo trasformano la veste sonora di alcuni suoi classici.

Nello stesso anno Antonella Ruggiero decide di riversare in digitale, nelle piattaforme streaming, l'intero suo catalogo. La discografia si compone di 27 album (per un totale di 372 canzoni), che includono sia i lavori da studio che quelli dal vivo (tra i quali spicca il concerto a Betlemme, nella grotta della Basilica della Natività). Canzoni scritte per la Ruggiero come solista, ma anche reinterpretazioni di brani dei Matia Bazar e di autori celebri, italiani e stranieri (tra i quali Conte, Tenco, Gershwin, Ellington). Molti i featuring, tra cui una chicca, il brano “And Will You Love Me”, scritto e arrangiato per Antonella dal maestro Ennio Morricone.

Antonella Ruggiero

Discografia

Libera (Mca, 1996)
Registrazioni Moderne (Mca, 1998)
Sospesa (Mca, 1999)
Luna Crescente (Sacrarmonia) (Sony, 2001)
Antonella Ruggiero (Universal, 2003)
Sacrarmonia Live (Sony, 2004)
Big Band (Sony, 2005)
L’abitudine della luce (Edel, 2006)
Stralunato Recital Live (live, Edel, 2006)
Souvenir d’Italie (Edel, 2007)
Genova La Superba (Edel, 2007)
Pomodoro genetico (Liberamusic, 2008)
Cjanta Vilotis (Liberamusic, 2009)
I regali di Natale (Liberamusic, 2010)
Contemporanea Tango (Liberamusic, 2010)
Il meglio di Antonella Ruggiero (antologia, Edel, 2012)
L'impossibile è certo(Liberamusic, 2014)
Cattedrali (Liberamusic, 2015)
La vita imprevedibile delle canzoni (Sony, 2016)
Quando facevo la cantante (antologia, Liberamusic, 2018)
Empatia (live, Liberamusic, 2020)
Come l'aria che si rinnova (antologia, Bmg, 2022)
Pietra miliare
Consigliato da OR

Streaming

La danza
(videoclip da Libera, 1996)

Amore lontanissimo
(videoclip da Registrazioni moderne, 1998)

Controvento
(videoclip da Sospesa, 1999)

Attesa
(videoclip da Pomodoro genetico, 2008)

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