27/07/2023

The Weeknd

Ippodromo Snai La Maura, Milano


È un soleggiato pomeriggio milanese quando quelli che diventeranno 80.000 spettatori iniziano a riversarsi nell’Ippodromo Snai La Maura per assistere alla seconda data italiana dell’acclamato “After Hours Til Dawn Tour” della superstar canadese The Weeknd. Si capisce immediatamente che per molte persone la visuale non sarà delle migliori, gli avvallamenti del terreno impediscono a tanti di vedere in maniera soddisfacente (complici anche i cellulari perennemente alzati per riprendere) sia il palco che la lunghissima ma troppo bassa passarella che squarcia il pubblico a metà. Le lamentele e il nervosismo, complice il caldo, si fanno subito sentire, alleviati giusto un po’ dall’inizio dei due dj-set di apertura.
Il primo è quello del produttore Mike Dean (Kanye West, Travis Scott, Madonna e, ovviamente, The Weeknd) alle prese con sonorità cinematografiche e quasi apocalittiche (tra cui “The Lure” il main theme della recente e criticatissima serie "The Idol") che ben si adattano all’imponente scenografia del palco: una metallica e spettrale città in rovina in cui sono subito identificabili l’Empire State Building e la Cn Tower di Toronto. Il secondo set è invece quello di Kaytranada (fresco di pubblicazione congiunta col rapper Aminé),  decisamente più fighetto e lounge, che rinfresca il pubblico assieme all’inizio del tramonto.

 

The Weeknd - Milano

 

Sono le 21 in punto quanto Abel Tesfaye, alias The Weeknd, arriva finalmente sul palco accolto da un boato; è bardato di bianco da capo a piedi e indossa una maschera, ispirata a quella del defunto rapper MF Doom, che toglierà solo dopo la prima metà del concerto. Il sound è potente e percussivo, con batteria e chitarra a farla da padrone, c’è ancora troppa luminosità per apprezzare i giochi di luce ma poco importa, la scelta di aprire coi momenti più incalzanti dall’ultimo album "Dawn FM", ovvero “Take My Breathe” e “Sacrifice”, conquista immediatamente il pubblico, prevalentemente giovanissimo, e inaugura una prima parte caratterizzata da sonorità disco-funk che trova l’apice con l’ormai classico “Can’t Feel My Face”.
The Weeknd non è esattamente un animale da palcoscenico à-la Prince, trasmette più simpatia che sensualità e aggressività, ma la sua voce è potente e duttile e fa di tutto per incitare continuamente gli spettatori. Non ci sarebbe nemmeno bisogno, sono tutti ai suoi piedi che ballano e cantano a squarciagola ogni canzone, la scaletta è nei fatti un greatest hits che pesca a piene mani da tutta la sua discografia, e la sua musica, piuttosto che lui stesso, è la vera protagonista della serata.

Al calare del buio la setlist inizia a concentrarsi sui momenti più r’n’b del suo repertorio, in cui trovano spazio anche i refrain delle sue più note collaborazioni con Drake, Future e Kanye West. Ogni numero è sottolineato da spettacolari giochi di luce che creano di volta in volta scenari diversi e sempre più suggestivi. L'azione si sposta quindi a metà della passerella su cui si erge un aerodinamico totem futurista, un cyborg dalle fattezze femminili attorno al quale un inquietante corpo di ballo completamente coperto da veli bianchi ruota come se si trattasse di tante vestali in adorazione. Durante tale celebrazione pagana, a spiccare saranno soprattutto una abrasiva “The Hills”, durante la quale la città alle sue spalle andrà letteralmente a fuoco, la sboccata “Often” e l'instant-classic “Starboy”, ma sarà anche curioso sentir cantare all’unisono (e forse inconsapevolmente) così tante persone il ritornello in prestito “This is the happy house, We're happy here in the happy house” di “House Of Balloons”.
Con una particolarmente acclamata “After Hours”, title track del suo album di maggior successo, la scaletta si avvia verso la sezione più malinconica della serata. The Weeknd si dirige alla fine della passerella dove troneggia un’imponente luna gonfiabile e, come nella più classica delle serenate, regala la jacksoniana ballata “Out Of Time” (“E' la mia canzone preferita”, dirà introducendola), l'altrettanto elegante pezzo da novanta “I Feel It Coming” e una recentemente tornata alla ribalta “Die For You”, che manda in visibilio le tante ragazze presenti. L’atmosfera si fa quindi via via meno romantica con una “Wicked Games” (il suo primissimo singolo) ridotta all’osso e cantata tra vertiginose colonne di luce e una “Call Out My Name” resa ancora più melodrammatica da lancinanti synth altisonanti.

E’ di nuovo tempo di far ballare il pubblico e il concerto raggiunge il suo culmine con una tripletta da knock-out: “Save Your Tears” diventa praticamente un imponente karaoke e “Less Than Zero” riesce addirittura nell’impresa di coinvolgere ancor più del famosissimo singolo che la precede in scaletta. L’ormai immortale “Blinding Lights” è infine apoteosi di cori, laser e frenesia.
Sarebbe l’ideale conclusione di uno spettacolo impeccabile ma The Weeknd regala un bis senza soluzione di continuità e senza abbandonare il palco. Sale su uno dei palazzi della scenografia e nel momento più semplice di tutto lo show regala la sua ultima hit "Creepin’", realizzata con Metro Boomin, la recentissima “Popular”, brano di punta dalla colonna sonora di "The Idol", e una nuovamente corale “In Your Eyes”, col sax anni 80 in bella mostra. Al momento di salutare gli 80.000, è di nuovo festa e luci pirotecniche con l'euforica dance di “Moth To A Flame”, la sua collaborazione con gli Swedish House Mafia.

 

Finisce definitivamente così, dopo un’ora e cinquanta minuti serratissimi e senza interruzioni, un concerto che fotografa lo stato di grazia di un artista che in poco più di dieci anni è riuscito a superarsi costantemente, toccando generi diversi ma sempre con la sua riconoscibile impronta e a far convivere in maniera convincente sia il pubblico più esigente degli esordi che quello più modaiolo arrivato successivamente, come solo le più luminose popstar sono state in grado di fare. Resta soltanto l’amaro in bocca per una location non del tutto adatta a esaltare un evento di tale portata.