Alla “Mostra dello strumento” del 1971 c'era un prototipo di Moog, il secondo, perché fino a quel momento lo possedeva solo Keith Emerson, che lo aveva ricevuto dal signor Moog in persona. Eravamo estasiati. “Quanto costa?”, chiesi. Costava uno sfracello e mezzo. E noi uno sfracello e mezzo non l’avevamo. Allora dissi: “Guarda, io penso che questo strumento potrebbe veramente dare una svolta alla musica italiana. Dallo a noi e ne venderai almeno dieci”. Allora il proprietario ci diede il moog. Con il suo suono incidemmo "Impressioni di Settembre". Uscì il disco e fu un botto pazzesco.
(Franz Di Cioccio)
La storia della stagione del prog italiano classico è interamente situata negli anni 70, in modo particolare nella prima metà del decennio, ed è l’anno 1972 quello della grande esplosione e della piena maturità. E’ l’anno in cui il progressive britannico viene assorbito, elaborato e trasformato in quella versione mediterranea tipica del nostro sound, in un continuo fiorire di nuovi suoni, nuove idee che non ha precedenti in Italia.
Il 1970 e 1971 avevano già dato alla luce Lp rilevanti (il primo album omonimo dei Trip, “Syrio 2222” del Balletto di Bronzo nel 1970, “Collage” delle Orme, “Concerto Grosso” dei New Trolls, “L’uomo” degli Osanna, “Caronte” dei Trip nel 1971) ma è il 1972 l’anno in cui vengono pubblicati i primi grandi capolavori del genere. Solo per citarne alcuni: l’esordio del Banco e il successivo “Darwin!”, il debutto di Alan Sorrenti con “Aria”, “Uomo di pezza” delle Orme, “Ys” del Balletto di bronzo, la perla “Per un mondo di cristallo” dei Raccomandata con ricevuta di ritorno, la colonna sonora di “Milano calibro 9” degli Osanna.
Il 1972, quello che potremmo definire l'anno della maturità del progressive italiano, è però segnato in modo indelebile da ben due album pubblicati da una band emergente, la Pfm. La storia della Premiata Forneria Marconi ha un ruolo centrale e indiscusso all’interno di quella più ampia del progressive italiano. Sono stati certamente - insieme a Banco, Area, Osanna, Orme e New Trolls - una delle band che, partendo dall’influenza del prog-rock imperante in Gran Bretagna, raggiunse livelli tali e duraturi da mettersi sullo stesso piano dei giganti anglofoni.
Nati come gruppo beat, gli ormai semisconosciuti I Quelli, si evolvono dopo la scissione della band originaria in Krel e PFM. Dopo questa scissione, con l’abbandono di Alberto Radius, che entra a far parte dei Formula Tre, con il cambio di etichetta - dalla Ricordi alla Numero Uno di Lucio Battisti e Mogol - e soprattutto con l’arrivo del polistrumentista Mauro Pagani, proveniente dai Dalton, si creano tutte le condizioni per una svolta radicale.
La band è formata da Franco Mussida (chitarra e voce), Mauro Pagani (flauto, violino, voce), Giorgio Piazza (basso), Flavio Premoli (organo, pianoforte, mellotron, moog, voce), Franz Di Cioccio (batteria), tutti musicisti dalle qualità tecniche decisamente superiori alla media dei gruppi beat coevi. Affascinati dai nuovi Lp progressivi britannici che stavano ormai ottenendo un ampio consenso anche in Italia, decidono di ispirarsi in particolare a King Crimson, Genesis, Yes ed Elp. Il loro progressive si distacca da quello di altre band italiane maggiori. Scompaiono del tutto gli accenni a problemi sociali o politici (Banco e Area), nessuna rabbia giovanile (Biglietto per l’inferno), nessun riferimento antimilitarista (Campo di Marte), abbandono totale di ogni legame col mondo beat. La loro alchimia perfetta è un progressive intimista e riflessivo, che non vuole essere descrittivo o esplicito nei testi, bensì enigmatico e introverso, ricco di pensieri inespressi o sottaciuti. E’ in certo senso un versante espressivista del prog italiano, senza legami con la realtà, ma alla ricerca di emozioni tramite immagini astratte o metafore. Il 1972 è il loro grande anno, con addirittura due Lp di valore immenso, destinati a diventare due giganti della discografia progressive italiana. Il primo è “Storia di un minuto”, seguito a breve distanza da “Per un amico”, album meno noto ma di eguale valore.
“Storia di un minuto” si fa notare subito per la professionalità e le competenze tecniche della band e per l’originalità dei brani. Pur essendo evidenti i rimandi al prog britannico, il suono della Pfm, con il canto sempre flebile e alienato, disegna un mondo altro rispetto alla scena progressive italiana ed europea. Mussida e Pagani scrivono tutti i brani, mentre Mogol collabora nella scrittura dei testi di “Impressioni di Settembre”. La collaborazione è decisiva per renderlo il loro primo capolavoro.
I testi di Mogol descrivono un paesaggio autunnale ben noto a chi conosce la nebbia e le atmosfere della pianura padana. Un paesaggio triste, grigio e nebbioso, che attende ansioso l’arrivo del sole, metafora dello stato d’animo di un uomo solo, alla difficile ricerca di se stesso, che attende - proprio come il paesaggio - che si faccia giorno per ritrovarsi.
E’ il primo brano italiano in cui viene suonato il moog ed è per vari motivi il loro manifesto: la metafora della nebbia che descrive un animo solitario e pieno di angoscia è tipica della criptica espressività della band. Tutto appare deprimente, si ha l’impressione che l’autunno non sia solo una stagione ma una condizione ineludibile dello stato umano e di tutti gli esseri viventi. L’unico elemento positivo, benché fugace, è la capacità di pensiero del protagonista, pensiero flebile e temporaneo che può perdersi nel nulla senza essere ricordato da nessuno. La sola speranza sembra il giorno nuovo che verrà, che però non potrà far altro che riproporre - come in un interminabile loop - le stesse riflessioni.
Dopo tanta introspezione, l’atmosfera viene alleggerita con la divertente “E’ festa”, sfoggio tecnico di Premoli che piacerà moltissimo a Peter Gabriel e Greg Lake. Questa sorta di festa progressive concilia musica classica, ritornelli popolari, struttura ai confini dell’hard-rock, virtuosismo emersoniano, cambi di tempo continui e strumenti come violino, ottavino e clavicembalo. “Dove… Quando…”, divisa in due parti, è la canzone che ricorda di più la prima fase dei King Crimson, sia per il suono del mellotron che per quello del flauto. Ispirata alla musica rinascimentale, è un’enigmatica canzone d’amore, lenta e poetica, che nella seconda parte presenta notevoli assoli di pianoforte più marcatamente emersoniani.
“La carrozza di Hans” è uno dei brani più significativi della Pfm (vinse il primo premio al Festival di avanguardia e nuove tendenze di Viareggio del 1971), un piccolo capolavoro di equilibrio tra arpeggi, flauti, elementi di musica classica, struttura cangiante dai tratti ora crimsoniani ora più vicini ai Genesis. Si chiude con la gioisa “Grazie davvero”, altro brano tipicamente progressive, ma stavolta tanto marcatamente ottimista da apparire come un maestoso inno alla vita.
"Storia di un minuto" è l'album che dimostra che il progressive italiano è ormai maturo per sfidare i giganti britannici. Lo è tanto che dopo pochi mesi la Pfm sarà capace di ripetersi a livelli simili (persino superiori da alcuni punti di vista) con il bellissimo "Per un amico".
17/02/2019