La pubblicazione di un nuovo album del musicista canadese Scott Morgan, alias Loscil, è sempre un evento atteso con enormi aspettative dagli amanti della musica elettronica contemporanea. Dal canto suo, Loscil non ha mai deluso le attese; negli ultimi quindici anni, dal suo esordio del 2001, ha sempre tenuto l'asticella della qualità a livelli elevati. Dalle piogge infinite di "Endless Falls" al capolavoro "Plume" (2006), dalla straordinaria collaborazione con Bvdub - "Erebus" (2013) - alle sinfonie di droni di "First Narrows" (2004), Loscil ha sempre mostrato una grande capacità di descrizione di ambienti e di viaggi, di paesaggi e atmosfere, spesso velate da un senso di fatalismo e nichilismo opprimente.
Se la natura offesa (pioggia, acqua, aria, ghiaccio) era stata l'elemento che più di altri aveva caratterizzato le scelte di Loscil, stavolta c'è un parziale cambiamento che accentua ancor più la sostanziale sfiducia nei confronti del genere umano e il conseguente pessimismo verso i suoi destini. "Monument Builders" ha tre fondamentali ispirazioni, come ribadito dallo stesso Loscil: il pensiero del filosofo inglese John Gray, che da anni denuncia il dominio dell'uomo sull'ambiente e sugli altri esseri viventi, le immagini pre-apocalittiche del fotografo canadese Edward Burtynsky, che testimoniano l'impatto dell'industria sulla natura, e infine la musica minimalista di Philip Glass.
L'uomo, nella sua essenza più concreta, è il vero protagonista dell'album; il "costruttore di monumenti" in cemento armato che ambiziosamente sfidano l'eternità pur essendo destinati a perdere, il creatore di una nuova era geologica (Antropocene) anch'essa destinata a svanire nel nulla. Stavolta il pessimismo è pressoché assoluto; sembra che l'uomo sia per definizione incapace di influire positivamente sul mondo che lo ospita. Loscil carica di tensione alcuni brani per poi perdersi in altri di puro nichilismo post-cosmico.
"Drained Lake" (lago prosciugato) sta a metà tra la musica ambient e l'elettronica in stile Mogwai, "Monument Builders" evoca il grigiore del cemento, freddo strumento per soddisfare la megalomania umana di cui sembrerebbe l'unico lascito. "Straw Dogs", dal titolo di uno dei libri di John Gray, strazia con i suoi fiati per poi aumentare la tensione con percussioni ossessive. "Anthropocene" e "Red Tide" sono create su droni e ritmi compulsivi post-techno, mentre "Deceiver" col suo cupo loop rappresenta il fondo dell'abisso.
Chiude "Weeds", forse il momento più alto dell'album, molto vicina al compositore Philip Glass e accostabile agli esperimenti vocali di Tim Hecker in "Love Streams" (2016); le pseudo-voci, che tentano di emergere dal fondo elettronico, potrebbero sembrare sia post-umane - nuove vite nate dopo la nostra scomparsa - sia incomprensibili voci di esseri de-evoluti incapaci di articolare parole di senso compiuto, prossimi alla propria estinzione, in stile Residents.
Con "Monument Builders" il nichilismo di Loscil raggiunge una nuova consapevolezza; il freddo e l'oscurità del cemento sembrano ben superiori a quelli dei ghiacci o delle piogge degli anni passati.
12/12/2016