Tra Tinashe e la Rca Records è in corso una vera guerra fredda. Se in apparenza il suo non sembra essere un caso-limite come quelli di Kesha o Azealia Banks, e si spera che non sia manco l'inizio di un declino come accaduto di recente a Leona Lewis, parlarne aiuta a dipingere un quadro sull'attuale situazione del cosiddetto mercato midstream. Chiunque sia interessato agli aspetti del mondo discografico oltre la sola fruizione del prodotto finale sa bene che queste dinamiche hanno il potere di fare e disfare carriere intere - cosa che si fa seria, se in mezzo alla disputa troviamo una del potenziale di Tinashe.
Il suo debutto su major "Aquarius" conteneva alcune delle migliori pagine di quella nuova ondata electro-r&b che ormai potremmo quasi definire come "Aaliyah-revival": un occhio alla Chart e un'attenzione tutta particolare alle sonorità più alternative. Per la casa discografica le vendite non erano state sufficienti, ma il terreno creato era indubbiamente fertile. Tuttavia, per l'attesissimo seguito - dall'annunciato titolo di "Joyride" - Tinashe era partita in quarta già oltre un anno fa, con la qui presente "Party Favors", un'oscura jam dai forti sentori hip-hop e un testo/video chiaramente ispirato all'uso di droghe (uso che lei stessa ha ammesso di fare con candore). Alla Rca si sono messi le mani nei capelli di fronte a un pezzo così "spudoratamente black", e hanno provato a strizzarla su "Player", anonimo brano dance-pop che non ha affatto spopolato come preventivato, forse anche perché l'ospite di turno era Chris Brown, un tipo ormai fuori dai grandi giri nonché affetto da pessima reputazione dopo aver preso a manate Rihanna (il fatto che fosse l'unico in budget non sarebbe dovuta essere una scusa - ricordate il disastro di Lady Gaga & R Kelly?).
Nonostante tutto, a febbraio 2016 è stato il turno della qui presente "Ride Of Your Life", altra jam notturna molto accattivante ma poco radiofonica, e con essa è partito il "Joyride World Tour": 43 date programmate in giro per il Globo. Ma l'album non è mai uscito, e con l'avanzare delle tappe nell'ala americana la situazione s'è fatta grottesca, al punto che presto Tinashe ha dovuto staccare la spina e il tutto è imploso in un imbarazzante silenzio.
Quest'estate la Rca è tornata all'attacco spingendo fuori "Superlove", un combo musica/video di rara e offensiva bruttezza che neanche Geri Halliwell o Melanie B oserebbero incidere (e dire che le due non sono certo estranee alle cose brutte). Tinashe ha risposto alla sua etichetta con la qui presente "Company", un ottimo pezzo da club ideato sulla scia di "Work" di Rihanna, ma che ancora una volta non ha il potenziale radiofonico che vorrebbe la sua label. E a rendere il tutto più ambivalente che mai, nelle ultime settimane Tinashe ha preso parte a "Just Say", un pezzo dance di KDA, ottimo tanto quanto fuori dal suo target, e allo stesso tempo è ospite sul nuovo singolo di Britney Spears, il puttanellissimo "Slumber Party".
Cosa si ricava da tutto quanto sopra? Chiaramente da un lato c'è la Rca che vede in Tinashe un perfetto prodotto per far soldi: ha una bella voce, se la cava come musicista, è alquanto bonazza ed è pure un'ottima ballerina e showgirl. Ma dall'altro lato c'è lei, una ragazza giovanissima, stakanovista e anche vogliosa di successo, ma che - come hanno già dimostrano i suoi precedenti 4 mixtape autoprodotti - ha anche aspirazioni musicali altre, e forse non disdegnerebbe di tramutarsi in una novella FKA twigs.
"Nightride" è apparso nel cuore della notte qualche settimana fa con l'aria defilata di uno scomodo compromesso. Alla Rca hanno dato l'ok per l'uso di quei vecchi singoli dei quali detengono i diritti, ma in cambio non hanno speso una lira per pubblicizzare l'uscita (l'inedito video di presentazione "Nightride" è stato pubblicato sul canale personale di Tinashe e non su quello ufficiale di Vevo). Il cavillo è che nel 2017 Tinashe si decida a pubblicare il vero "Joyride" con tutti i singoli e le stronzatine che vogliono loro. Uno a me, uno a te.
Il problema, ovviamente, è che di questo passo invece di creare multiple sfaccettature di un'artista, si finisce solo con lo sbiadirne il nome - situazione paradossalmente calzante con la "sdoppiata" foto di copertina. "Nightride" è un ibrido tra un mixtape casalingo e sprazzi di sound da album vero e proprio, una miniera di possibilità e minuscoli rivoli sonori che potrebbero prendere il volo sotto una mano esperta, ma che al momento non sono stati incanalati a dovere, e il tutto risulta frustrante.
If it's my life...declama l'apertura di "Lucid Dreaming", una lenta jam da ampi spazi notturni che fa indubbiamente il suo effetto e mette in chiaro le intenzioni dell'autrice. Lo strascicato passo trip-hop di "Soul Glitch", il soffuso slancio ritmico di "Touch Pass", l'affascinante sciame di voci filtrate che apre "You Don't Know Me" e l'unico vero e proprio ritornello pop di "Ghetto Boy" mostrano il potenziale di Tinashe verso una possibile sperimentazione a cavallo tra l'elettronica e l'r&b, e assieme ai due vecchi singoli sopracitati formano il corpo più interessante dell'intero lavoro.
ain't nobody gonna tell me how to live it...
24/11/2016