Come un funereo spirito-guida, Keiji Haino continua a imperversare senza sosta tra una formazione e l’altra, alimentando una discografia “itinerante” alla quale un giorno potremo guardare come a una serie cult. Negli ultimi due anni le pubblicazioni di performance più o meno recenti sono tornate a infittirsi: oltre a portare avanti il trio con Jim O’Rourke e Oren Ambarchi, lo stregone nipponico è tornato spesso e volentieri nei territori dell’avanguardia e dell’improvvisazione radicale, passando anche dagli zeitkratzer e dal collettivo turco Konstrukt.
È ora la prestigiosa Thrill Jockey a sigillare su doppio Lp l’incontro fra Haino e i SUMAC di Aaron Turner (Isis, Mamiffer e molto altro), affiancato dal bassista dei Russian Circles Brian Cook e da Nick Yacyshyn, batterista nel revival crust punk dei Baptists.
In un certo senso si torna a una concretezza e a un peso specifico molto più ragguardevoli rispetto alle incursioni free degli ultimi tempi: registrato nell’estate del 2017, senza prove né premeditazione, al Gok Sound di Tokyo, “American Dollar Bill - Keep Facing Sideways, You're Too Hideous To Look At Face On” (questo il titolo integrale del disco) è una furibonda sessione noise-rock di scuola americana, idealmente divisa tra il sovraeccitato negativismo dei Jesus Lizard e le distorsioni assassine dei Godflesh.
Anche senza decifrare le grida scomposte di Haino, giunge chiaro e forte l’attacco all’impero americano ora in mano al miliardario Donald Trump: sembra di tornare ai fragorosi fasti della scena del Michigan, di Providence e del Wisconsin nei lunghi anni del mandato di George Bush jr, quando Wolf Eyes, Prurient, Black Dice e Lightning Bolt mettevano a ferro e fuoco i peggio scantinati di provincia.
È perlopiù la batteria di Yacyshyn ad avviare le brusche sterzate all’interno di una stessa sequenza, con accelerazioni e depressioni improvvise cui fa prontamente seguito la chitarra di Turner, mentre Haino mantiene lo status di cane sciolto abbandonandosi ad assoli acuti e sferzanti (“What Have I Done? – Pt. 1”). “I’m Over 137%...” rappresenta una lunga sequenza di inquieto post-doom alla Khanate, lungo la quale fa eccezione solo l’attacco della seconda parte, solcato da spesse abrasioni post-hardcore a metà strada fra i Burmese e il trio zorniano Moonchild. Ancor più roboante il finale, epilogo di “What Have I Done?”, con dieci minuti di riff massicci e virtuosismi ritmici a rotta di collo.
Dopo pochi minuti di ascolto e per l’intera, sorprendentemente scorrevole durata di un’ora e dieci, ci si ricorda subito di quanto ci siano mancate, in tempi recenti, session così crude e viscerali. E nonostante il mood scuro, invero il pesante clima politico che sembra aver ispirato l’incontro in studio, l’entusiasmo quasi violento della formazione dimostra ancora una volta il potere rigenerante – almeno a livello mentale – di una totale liberazione per mezzo della musica. Mentre i volti altezzosi dei presidenti ci osservano di sbieco dalle banconote, l’arte torna sempre ad affrontarci a muso duro, intimando un’azione di rivolta che nel profondo sappiamo essere necessaria.
27/02/2018