"Che cos’è che volevi? Dimmelo ancora che non mi ricordo".
Gli occhi sono una fessura, lo sguardo affilato. Le dita si stringono in un pugno.
"Che cos’è che volevi? Stai parlando con me?".
Suonano beffardi, i versi di "What Was It You Wanted". Beffardi e carichi di amarezza. Tutti vogliamo la nostra personale versione di Bob Dylan: è da sempre la sua condanna, e lui lo sa benissimo.
"Qualunque cosa fosse, qualcuno ti ha mai detto che potevi ottenerla da me?".
No, nessuno poteva scommettere su qualcosa capace di sovvertire l'apparente monotonia del Tour Che Non Finisce Mai. Finché, all'improvviso, è successo davvero.
In una sera d'estate di un paio d'anni fa, Bob Dylan è apparso nell'etere digitale come sbucando dalla pellicola di un vecchio film in bianco e nero. Tutti si aspettavano il consueto streaming dal vivo, come da copione del tempo pandemico. Lui, invece, ha aperto il sipario su qualcosa di completamente diverso: lo scenario di un locale senza tempo, un cast di comparse immerse nella penombra, un'atmosfera dai contorni irreali. E, soprattutto, le migliori riletture del suo leggendario canzoniere da parecchi anni a questa parte.
Oggi, "Shadow Kingdom" diventa finalmente un disco. Ma intorno a quell'esibizione così cinematografica continua ad aleggiare il mistero (e l'album, totalmente privo di note, non contribuisce in alcun modo a dissiparlo). Da buoni segugi, nel frattempo, i dylanologi si sono dati da fare: a quanto pare, i brani sarebbero stati registrati all'inizio del 2021 negli studi The Village di Los Angeles e la loro controparte filmica sarebbe stata girata nei mesi successivi a Santa Monica, sempre in California. I musicisti che compaiono nel video si sarebbero limitati a fare la parte dei figuranti: i veri accompagnatori di Dylan sarebbero altri, tra cui nomi storici come quelli di T-Bone Burnett e Don Was. Ma l'incertezza delle coordinate è parte integrante del fascino un po' lynchiano di tutta l’operazione.
La cosa che conta di più, in ogni caso, sono le quattordici tracce di questo disco. Niente batteria o percussioni, una fisarmonica dal sapore nostalgico, lo scheletro del contrabbasso vestito dei ricami delle chitarre. La voce del cantastorie al centro della scena, insieme alla sua fedele armonica. Ad aprire le danze nell'aria fumosa del locale (il "Bon Bon Club" di Marsiglia, nella dimensione immaginale del multiverso dylaniano) sono le note svagate di "When I Paint My Masterpiece". E non potrebbe esserci proemio migliore, perché è proprio all'arte di ridipingere sul palco il proprio capolavoro che rende omaggio "Shadow Kingdom": senza l'obbligo di dover replicare per l'ennesima volta i classici, Dylan opera una cernita di brani meravigliosamente arbitraria (un po' come avrebbe voluto fare già ai tempi del suo "Unplugged", se ne avesse avuto la libertà) e altrettanto ispirata.
Una buona parte della scaletta viene dalla temperie elettrica di metà anni Sessanta, ma è una trasfigurazione elegiaca quella a cui va incontro: "Tombstone Blues" diventa la fluttuante declamazione di un sogno, "Just Like Tom Thumb's Blues" una serenata lungo il bordo del confine, "Pledging My Time" un ballo guancia a guancia.
All'opposto, i languori country di "I'll Be Your Baby Tonight" assumono un tono nervoso e vibrante, mentre "To Be Alone With You" viene addirittura riscritta come se fosse una visione appena concepita in una notte di febbre: "Oh what happened to me, darling? What was it you saw?/ Did I kill somebody? Did I escape the law?/ My heart's in my mouth, my eyes are still blue/ My mortal bliss is to be alone with you".
Si sussurra che quelli pubblicati siano solo una parte dei brani registrati per "Shadow Kingdom". Si favoleggia di titoli che mancano dal vivo da più di quarant'anni. Un indizio viene dal fatto che T-Bone Burnett ha messo all'asta l'anno scorso una versione di "Blowin' In The Wind" che sembra appartenere proprio alle stesse sessioni di registrazione. Qualcuno ha ipotizzato anche che lo strumentale "Sierra's Theme", utilizzato per i titoli di coda del video e posto in chiusura del disco, altro non sia che l'arrangiamento preparato per "Knockin' On Heaven's Door"…
Nel frattempo, però, anche se questo dovesse essere solo il primo capitolo del Regno delle Ombre dylaniano, al menu non manca davvero nulla, dalla carezza dell'armonica che sussurra la buonanotte in "Queen Jane Approximately" fino alle punteggiature di dolceola che si intrecciano nella trama di "Forever Young". C'è l'Antico Testamento di "The Wicked Messenger" e c'è l'Arcadia di "Watching The River Flow", c'è la spietatezza di "What Was It You Wanted" che riassume tutto quanto con l'incalzare dei suoi interrogativi. Sì, era proprio questo che volevamo, verrebbe da rispondere. Ma Bob è già fuggito via, oltre il sipario, e non gli interessa stare ad ascoltare.
02/07/2023