Lorde - Virgin

2025 (Universal)
electropop, songwriter

E’ parso subito evidente quanto l’attesissimo ritorno discografico di Lorde fosse da un lato carico di aspettative da parte dei fan, dall’altro lato ben supportato da un management consapevole dell’importanza della posta in gioco. California, Coachella Festival, metà aprile 2025, Charli XCX, la popstar londinese che ha dominato il mondo negli ultimi dodici mesi grazie al ciclone “Brat”, un’operazione di marketing super-riuscita, di quelle che andrebbero insegnate nelle università, ospita sul palco Lorde per eseguire insieme “Girl, So Confusing”, un duetto già apparso nella versione super-espansa di “Brat”. Una settimana più tardi la cantautrice neozelandese (con passaporto croato, grazie alla mamma, l’apprezzata poetessa Sonja Yelich) ha suscitato scene di vera follia, bloccando per ore la centralissima Washington Square, nel bel mezzo di Manhattan, per cantare e ballare su un cubo “What Was That”, il suo nuovo singolo. L’album non era stato ancora annunciato ma a quel punto era oltremodo chiaro come qualcosa di grosso stesse per accadere.
Lorde, una delle artiste pop più amate degli ultimi anni, non ha mai avuto fretta di diffondere nuovo materiale: ognuno dei quattro dischi sin qui pubblicati sono rigorosamente distanziati di quattro anni. Ma il più recente, “Solar Power” (2021), vicino alle atmosfere hippie-bucoliche di Lana Del Rey, non aveva convinto completamente i sostenitori della prima ora: deve essersene accorta anche lei, visto che i pezzi di “Solar Power” sono finiti già fuori dalle setlist dei suoi concerti.

“Virgin” segna volutamente un ritorno verso i suoni che contraddistinsero i suoi primi due dischi, con un titolo che richiama il ritorno all’innocenza, una volontà di rinascita, ma che in realtà si materializza come un pugno in un occhio sin dall’immagine scelta per la copertina. Osservatela con attenzione: raffigura una radiografia del bacino di Lorde, con in evidenza alcuni oggetti “indossati”: la fibbia metallica della cinta, la cerniera dei jeans (che ci fa tornare in mente “Sticky Fingers” dei Rolling Stones, con la zip che poteva essere davvero abbassata), una spirale intrauterina, indissolubilmente legata tanto a un dolore intenso quanto a un atto di indipendenza sessuale. Un’istantanea che intende scioccare, sintetizzando abilmente molti temi presenti in un disco che suona come un processo di ispezione interiore: demoni, MDMA, aborto, relazioni sentimentali complesse, esplorazioni della propria identità (con connesse le riflessioni tanto di moda sul gender), problemi con il proprio corpo, disturbi alimentari (ha ammesso di averne avuti in tempi recenti, ce ne parla in “Broken Glass”), maternità, sesso non protetto, concepimenti accidentali, test di gravidanza, crisi di fiducia, desiderio di riscatto.
La prima traccia, “Hammer”, si apre con un paio di immagini fortissime, che non richiedono troppe interpretazioni. “There’s a heat in the pavement, my mercury’s raising/ Don’t know if it’s love or if it’s ovulation”: è la scena di un aborto. A seguire, l’altrettanto eloquente “Some days I’m a woman/ Some days I’m a man”, nuovo potenziale vessillo del circuito fluid. E’ chiaro da subito: non ci troviamo di fronte a un disco qualsiasi, la portata è davvero impattante, per fortuna mitigata da un lavoro liberatorio costruito ad arte per la parte musicale.

“Virgin” mette in sequenza una serie di canzoni pop fra le più belle e intriganti ascoltate durante la prima metà del 2025, con buona pace di tante altre signore che in questti mesi ce la stanno mettendo tutta per lasciare il segno: Lady Gaga e Miley Cyrus sono i primi due nomi che potrebbero saltare in testa. Se ci fate caso, quel che accade fra la traccia 2 e la traccia 5 potrebbe uscire fuori da un qualsiasi recente lavoro di Taylor Swift (vuole essere un complimento), approfittando fra l’altro di un momento nel quale la superstar dei record sembra aver deciso di fare un passetto indietro rispetto a certe recenti smanie di protagonismo, con i fan di tutto il mondo (e sono tantissimi) pronti ad accogliere a braccia aperte il nuovo idolo di turno, nel quale riconoscersi, in grado di portare in dotazione il medesimo carico di dolente introspezione, come avvenuto in questi mesi con la promettente Gracie Abrams.
E questa volta non ci sono gli interventi di Jack Antonoff a giustificare una supposta prossimità stilistica fra Lorde e la Swift, no, questa volta il braccio destro di Lorde è Jim-E Stack, gettonatissimo musicista e producer americano, classe ’92, che co-produce ed è co-autore di tutti gli undici brani in scaletta. Fra questi, “Shapeshifter” rappresenta il momento più alto, una perfect pop song innestata su un’irresistibile quanto malinconica ritmica garage, che – sono pronto a scommetterci - ricorderemo fra i migliori momenti musicali degli anni Venti. La successiva “Man Of The Year” è l’altra vetta del disco, il momento più scuro e intenso, nel quale Lorde esprime la volontà di rinascere, l’aspirazione a trasformarsi in qualcosa di diverso, la transizione verso il nuovo, il medesimo concetto ben espresso da Rosalia tre anni fa in “Motomami”.

Nella poetica di Lorde non ci sono più materialismo e mondanità, party infiniti e serate all'insegna della sregolatrezza, bensì profondità emotiva, riflessioni sull’identità e nuove consapevolezze, acquisite da una ragazza che ormai veleggia intorno ai trent’anni (il prossimo 7 novembre saranno 29). Essere molte cose contemporaneamente, magari incontrando finalmente la persona in grado di farti tornare a splendere di luce propria, ricercare esperienze intensamente fisiche, qui raccontate in maniera semplice, diretta, senza troppi giri di parole, desiderare esperienze nuove, ritornare a uno stato di riacquisita “verginità”, per un disco che dal punto di vista produttivo viene spesso lasciato in uno stato volutamente minimale. La sublimazione di questo percorso giunge in corrispondenza della breve “Clearblue”, dal nome di un test di gravidanza: Lorde in questo caso dimostra la capacità di tradurre in maniera concreta tutta la vulnerabilità femminile al cospetto di una prova alla quale doversi sottoporre, quando una donna si ritrova sospesa fra il desiderio di maternità e il timore di diventare madre, con il rischio di ritrovarsi intrappolata in una situazione che può avere il potere di dividere una coppia. Un momento di estrema intimità non poteva che essere rappresentato con la sola voce della protagonista, senza alcuno strumento ad accompagnarla.
A uno stato minimale è lasciata anche la conclusiva “David”, nella quale Lorde intima “I don’t belong to anyone”, di nuovo uno statement di libertà, lanciato al mondo, mentre l'artista dichiara il proprio atto di rivincita nei confronti di chi l’aveva frettolosamente sottovalutata agli esordi.

Difficile riconoscere ora, così a caldo, se questo album potrebbe essere considerabile come il migliore sin qui realizzato da Lorde (secondo chi scrive sì, ma meglio non sforare in valutazioni soggettive e personali), sicuramente “Virgin” è un disco che si pone come centralissimo nell’economia della pop music contemporanea, un lavoro denso di significati che ci riconsegna nel 2025 un’artista completa e matura. Lorde non è più la ragazzina di sedici anni che aveva pescato il successo della vita (nel 2013, con l’album d’esordio “Pure Heroin”), non è più trainata dal vivido successo di “Melodrama” (2017), ma si sente pronta per mettersi letteralmente a nudo e rendere universali le proprie esperienze, le proprie difficoltà, il proprio essere donna oggi, lasciando che milioni di giovani possano riconoscersi nelle sue strofe, e al tempo stesso possano ballare al ritmo delle sue canzoni.
Lorde, con “Virgin”, dimostra che può esistere una sintesi fra Billie Eilish, Olivia Rodrigo e Taylor Swift, oppure una quarta via, perché no, separata e distinta dalle tre precedenti. Lorde diviene la voce di un’intera generazione, incapace di sottrarsi all’isolamento della cameretta, convinta di vivere il mondo attraverso i propri smartphone ma in realtà completamente alienata e dissociata dal resto dell’universo.
“Virgin”, ne siamo certi, è un disco che offrirà soddisfazioni e riconoscimenti alla propria autrice e, mentre lo riascolto di nuovo, continuo a pensare quanto comporre musica pop non sia affatto semplice, né banale: è un equilibrio magico e misterioso, un’arte preziosa, che merita rispetto, da parte di chiunque.

01/07/2025

Tracklist

  1. Hammer
  2. What Was That
  3. Shapeshifter
  4. Man Of The Year
  5. Favourite Daughter
  6. Current Affairs
  7. Clearblue
  8. GRWM
  9. Broken Glass
  10. If She Could See Me Now
  11. David