Electro/club 2021

Dieci Ep/12'' a delineare la primavera club/electro

Torneremo a ballare, torneremo a sudare sulle piste, questa è una promessa. Non è dato ancora sapere quando sarà possibile, quando potremo tornare a radunarci senza che questo sia cagione di preoccupanti focolai virali, prima o poi però questo momento avverrà. A giudicare dalla selezione qui proposta, gli stessi producer e dj non vedono l'ora di poter tornare nella loro dimensione ideale, di dare sfogo alla propria creatività nei club di tutto il mondo. Haiti, Hong Kong, Australia, l'eterno crogiolo londinese: dagli hub elettronici/dance di tutto il mondo una raccolta dei migliori Ep/12'' ascoltati nel corso degli scorsi tre mesi, mai come adesso desiderosi di essere passati nel loro contesto d'elezione. Fino ad allora, dance, dance, dance till you drop, nella comodità del proprio salotto (o della propria località di vacanza preferita)!

Deekapz – Ensaio sobre você (Self-released)

desvKaytranada? Anche a non voler procedere con paragoni che verosimilmente stanno fuori dalle coordinate sonore ed estetiche del duo brasiliano, è difficile non rintracciare il taglio compositivo del producer haitiano tra le pieghe di questo breve Ep autoprodotto. Sensuale commistione di house, r&b e downtempo, modulata con un calore e un tocco nostalgico che scioglie i confini tra i generi, “Ensaio sobre você” lavora di fino su sound e melodie, senza disdegnare interessanti campionamenti, puntando ad un insieme ballabile lento, suadente, sottilmente jazzato. Dagli incastri soleggiati di “Hoje Tem”, che giocano con “Say My Name” delle Destiny's Child con introspettive puntellate electro-funk, passando al sassofono distorto di “Margarida” (lounge jazzata per club di lusso) e ai fregi deep-r&b dell'interludio “Eu Quero Entender”, il duo paulista traccia con cura le cornici del suo elegante parco stilistico, dotando ogni momento di opportuna personalità. Tra il notturno puntellato da scale di xilofoni di “Confesso”, e il Fort Romeau chitarristico di “Acabou” parlano di un duo ben saldo sulle sue gambe, forte di un melodismo scintillante, raffinato, con cui lanciarsi per ancor più progetti. Il materiale c'è tutto.

Doss – 4 New Hit Songs (LuckyMe)

dfnhsA sette anni dal primo omonimo Ep che iniettava di una vena nervosa, aggressiva, i dintorni di una trance onirica e cullante, torna Doss, uno dei nomi più curiosi ed elusivi dell'elettronica mondiale, con una quaterna di pezzi che spingono ben in avanti la ricerca espressiva del progetto. Ben più conciso e lineare, con un armamentario che pesca più da house e hyperpop, “4 New Hit Songs” tiene fede al suo titolo proponendo un quartetto dagli uncini accattivanti, immediati, che non esitano a ripescare strutture emo-rock (il Kai Whiston meno intossicato di “Strawberry”) o di guardare al loro stesso passato, ma con una lente decisamente più distorta, allucinata (“Puppy”). Nel mezzo, momenti pop per automi ribelli e lucide romanze digitali circoscrivono un quadrilatero deciso, sfrontato, che dà nuovo lustro ad un nome troppo valido per rimanere confinato ad un solo Ep. Adesso serve qualcosa di più sostanzioso.

Gyrofield – Title Card (Inspected)

gtcRiuscite ad immaginare il punto incontro tra la più glaciale ambient-techno in circolazione, la drum'n'bass più cerebrale e pungenti rilassatezze downtempo? No? Beh, una diciottenne da Hong Kong (ma adesso di stanza a Bristol) potrebbe aiutarvi a schiarire le idee. Convulso ma mai caotico, “Title Card” esibisce un'assoluta padronanza dei riferimenti, dei caratteri stilistici dei generi di base, ricalibrati con una tempra del tutto contemporanea, che pesca tanto dal puntinismo della trance di Lorenzo Senni quanto dalle estreme sperimentazioni timbriche di Zomby. In questo modo convive la materia pensosa, in chiave future-garage, di “Silk”, con gli stacchi ambient-glitch di “Rosequartz”, appena innervati da curiose striature sintetiche, prima che un zompettante scatto ritmico renda l'insieme ben più teso e pulviscolare. Se “23nd” esibisce un controllo micidiale sui break giocando con cupe modulazioni grime e lontani echi jungle, “FYDB” gioca ben più a carte scoperte con la drum'n'bass, per quanto l'intensivo impiego di shuffle e stacchi parli più di un approccio plunderphonico alla materia che altro. Troppo per tredici minuti di Ep? Semmai il contrario: la curiosità di vedere quali saranno le mosse successive di un talento produttivo così giovane è altissima.

Kaidi Tatham – 7 Inch Nails (Sounds Familiar)

ktsinFresco di un album che esemplifica ancora una volta il suo talento da pioniere del broken-beat, il londinese Kaidi Tatham inaugura una serie di 12'' per l'italiana Sounds Familiar, concentrando il suo rigoglioso afflato compositivo in otto minuti di musica, per due tracce dai sinuosi richiami jazz, modulati però con un approccio del tutto difforme.  “Feeling Happy” parte da un ostinato ritmico di base e lo interpola alle sue briose spazzole broken, quasi come se si trattasse di un elegante pattern drum'n'bass al rallentatore; poco male che il cambio di melodia viri poi in direzione fusion, mostrando una raffinata gestione della composizione che non disdegna continue variazioni di tono e virtuosismi di basso, prima che un inatteso passo di ritmo chiuda il brano con un coup de theatre. “Sooner Or Later” non disdegna il tocco fusion, ma lo sostiene con un taglio più morbido, notturno, sottilmente minimale, prima che anche qui il finale riveli tutt'altre intenzioni, guardando verso il Brasile e la mano esperta di Marcos Valle. In soli otto minuti, un intero mondo di soluzioni e possibilità, affidato ad una mano di certificata esperienza. Irresistibile.

Karima F – Fief Fef (Schloss)

kfffIn tre soli brani, la producer norvegese/algerina Karima F infila un cumulo di idee da cui potrebbero uscire qualcosa come quattro album. Troppa carne al fuoco? Nemmeno per idea. Per quanto dense di spunti, le tracce di “Fief Fef” non calcano mai la mano oltre il dovuto, sintetizzano il coacervo con fare addirittura minimalista, un'affilatezza espressiva che passa dai curiosi glitch vocali di “Crab Ride”, innestati su triturati fraseggi breakbeat, alle cadenze funky di “Youth”, inserite però in un insieme che pare quasi richiamare la cupa compattezza della bass anni 10. Operazioni di rievocazione e contrasto, di passioni e nascondigli che l'orecchio attento dell'autrice sa come manipolare, come affidare a elaborati tracciati ritmici. Anche la maggiore schiettezza di “Sheer Rage” (un titolo che è tutto un programma) non si sottrae a tale gioco delle parti, imbastendo un motivo che al prisma trance della melodia contrappone una base più nervosa, particelle sintetiche che innestano spunti alla Actress sotto un tocco da Nathan Micay. Vaporoso ma comunque abile nell'assestare pugni laddove necessario, il secondo Ep di Karima F fa salire la nostalgia per la pista oltre i livelli di guardia, rievocando immagini che sembrano non far più parte del nostro mondo.

LSDXOXO – Dedicated 2 Disrespect (XL)

ldtdLa techno ipnotica e dal flavour industriale di Jasmine Infiniti; la notte, col suo carico di misteri e desideri inespressi; il sudore dei club, ancora chiusi per la pandemia corrente. Dalla natia Philadelphia a Berlino, dove ha lanciato una serie di serate personali, e ha affiancato nomi di un certo peso alla produzione (prima tra tutte Shygirl), LSDXOXO è il nome più caldo e sfrontato della nuova techno, un fantasista fieramente queer e senza peli della vergogna che spiattella nero su bianco le sue scorrettissime intenzioni. Che sia sedurre il Diavolo (roba da far impallidire Lil Nas X stesso) o dedicarsi con pura devozione al più sudicio erotismo possibile, il producer confeziona quattro tracce dai beat irresistibili, groove purissimi che si divincolano tra agili striature ballroom (i contorni deep di “Mutant Exotic”), confessioni luridissime su nervosi palleggiamenti electro (“Sick Bitch”), trascinanti propulsioni acide, che prestano un orecchio alla lezione di Moodymann ma la rendono più scivolosa e sgusciante che mai (“The Devil”). Che la voce del firmatario sia finalmente un elemento centrale della proposta è il pezzo chiave che mancava, tale da donare ulteriore personalità ad un progetto sonicamente interessante, a cui serviva però la spinta decisiva per farlo esplodere. Con l'interessamento di un'etichetta quale la XL, questa missione all'irreverenza farà prigionieri parecchi.

Manuka Honey – Industrial Princess (NAAFI)

mhipMusica industrial? Se ha un taglio così immaginifico, ibrido, è sempre ben accetta. In un progetto denso di poliritmi, di spunti che viaggiano in lungo e in largo per il continuum latinoamericano, la producer londinese Manuka Honey timbra cartellini importanti al proprio debutto, combinando sinuosità e rigore, decostruzione e compattamento. Meltin' pot dalle svariate prospettive (“Pestañas” avanza addirittura ipotesi di ibridazione col gqom), in quattro brani l'autrice esibisce un mondo di possibilità, tanto avvinto da dolci tentazioni melodiche quanto da nette abrasioni sintetiche, perfettamente in linea con il gioco di contrapposizioni che anima l'Ep. La visione dell'industrial di Manuka Honey è tale che quasi si trasfigura, si cela dietro a molteplici maschere sonore, in cui anche elementi di contesto quali le sirene di “Diabl@” o il duello di spade sotteso a “Ssling” diventano essi stessi strutture ritmiche, portanti di tracce curiose, vivaci, sempre pronte a disattendere la consuetudine e sposare con convinzione il ricco mélange culturale qui offerto. Principessa industriale sì, ma con quale dinamismo!


Nia Archives – Headz Gone West (HIJINXX)

nahgwVolete il grime, magari quello ruvido e sporco degli esordi? Sarete appagati. Riferimenti alla drum'n'bass dei bei tempi andati. State tranquilli, c'è anche questa. Hip-hop? Soul virato electro? In soli quattordici minuti la ventenne londinese Nia Archives disegna e popola un universo intero, attraverso canzoni dal tocco pop che però recano impressa la forte conoscenza della rave-culture e di quanto ne ha preso il testimone, recuperando un trentennio di hardcore continuum con un'esperienza imponente vista l'età. Se “Sober Heels” sembra introdurre il tocco ironico della prima Lily Allen in un zoppicante quadro breakbeat, “(Over)Thinking” è pura Metalheadz dei tempi d'oro, jungle vorace e convulsa, diretta testimone dell'estro del primo Goldie. Che il suo timbro deponga dalle parti di una vocalità soul ricca di enfasi melodica è tanto di guadagnato, rende la cooperazione col sound ancora più incisiva. Dal fulmineo grime-goes-dubstep della conclusiva “Don't Kid Urself” al dub underground di “Crossroads” Nia coniuga delicatezza e solidità sonora con analogo polso, operando di contrasto con una classe da navigata. Gli anni Novanta raramente sono risultati così contemporanei.

Nkom Bivoué – Before Zeun Ya Yop (Rebel Up!)

nbbzyyBreve antipasto di un album prossimo all'uscita (“Zeun Ya Yop” per l'appunto), l'Ep di tre tracce qui presente è un efficace assaggio delle doti produttive del giovane Dj e produttore di Yaoundé, musicista che dalla prospettiva del suo Camerun guarda al ricco complesso delle culture africane, scorrendo in lungo e in largo per il continente in un mélange afro-elettronico. Gqom, afrohouse, coupé-décalé e quant'altro rimangono invischiati in una matassa sonora tanto accattivante quanto densa di mistero atmosferico, di un'allure meditativa che avvolge i guizzi melodici come seta fresca. Tastiere cosmiche sanno ammorbidire la carica ballabile della title track senza sacrificarne il potenziale dance, e allo stesso modo gli echi sudafricani di “Alert” trovano una dimensione più vispa, vibrante, che l'elemento vocale amplifica ulteriormente. Lo strumentale di “No Lele”, pur rallentando il passo, chiarisce il pensiero ibrido di Bivoué, la natura curiosa, collaterale, della sua immaginazione, che visualizza concept fantascientifici e visioni panafricane in un unico immaginifico abbraccio. Attendiamo l'album con grande trepidazione!

Tapestry Of Sound – Tapestry Of Sound (Step Ball Chain)

tostosÈ sempre una gioia vedere l'affiatamento live di due Dj (nonché partner nella vita) prendere forma in un progetto collaborativo, con cui far fiorire idee e spunti lasciati soltanto fluttuare nelle serate assieme. Se poi il tutto si correda di un'opportuna cornice concettuale, tanto meglio. Sonorizzazione per il Tapestry of 2020, installazione multimediale concepita come sfondo per dei live-stream, “Tapestry Of Sound” vede Roza Terenzi (nome molto conosciuto nei circuiti abstract) e la compagna D. Tiffany imbastiscono un versatile campionario di sinuosità elettroniche, tanto svelto e nervoso quanto capace di eludere pattern convenzionali, frullando garage, techno, bass-music e astrazioni di vario tipo in un quartetto di brani narcotico, smagliante, sottilmente psichedelico. Con un lato A che presenta due versioni difformi di “Maypole Theme” (più speed e chiaroscurale nel “Piano Roll Mix”, più cupa e segmentata nel “Looming Giant Mix”), nel binomio successivo il duo si fa ancora più audace ed esplosivo, con una “Wasp Of A Woman” che maschera la sua natura allucinatoria attraverso accorti campioni vocali e minacciosi contributi ritmici. “Inhale, Exhale” placa la frenesia timbrica in compenso accelera sul pedale del groove, dell'immediatezza ballabile, facendo convivere echi della minimal di inizio secolo con vispi richiami melodici, pronta a incendiare le piste di mezzo mondo (o quelle perlomeno attive). Oscurità e grinta, per un progetto che si spera non sia un solo fortunatissimo one-shot.

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