La recente pubblicazione di "Nick Cave. Bad Seed - La Ballata di Re Inkiostro" dello scrittore e critico musicale Massimo Padalino ci ha permesso di puntare nuovamente i riflettori sul grande artista australiano, artefice di un canzoniere che, come ricordano le note di copertina del suddetto saggio, "rivaleggia in potenza e bellezza con quello dei vari Leonard Cohen, Johnny Cash e Bob Dylan". Il bel libro di Padalino, uscito per la Odoya e incentrato soprattutto sull'analisi dell'universo lirico di Cave, ha il merito di essere al contempo affabulatorio e appassionato, cosa che lo rende consigliatissimo sia per i fan di Cave, sia per quelli che non hanno mai avuto modo, per un motivo o per un altro, di approfondirne la discografia.
Per sviscerare alcune questioni legate alla musica e ai testi di Cave, abbiamo rivolto qualche domanda allo stesso autore del libro.Dai Boys Next Door/Birthday Party ai Grinderman, passando la lunga serie di dischi a nome Nick Cave and the Bad Seeds, la musica dell'artista australiano ha attraversato diversi momenti della "popular music", restando sempre fedele a se stessa e sempre supportata da un apparato testuale di tutto rispetto. Visto che nel tuo libro ti sei concentrato soprattutto sull'analisi dei testi di Cave, in che modo la sua scrittura si è evoluta durante gli anni e quali sono i temi portanti della sua poetica?
Ai tempi dei Birthday Party, Nick è un giovane affascinato dai poeti francesi, da certa letteratura scoperta ai tempi della scuola d'arte, da alcuni importanti retaggi della libreria paterna (vedi alla voce: Nabokov), ma soprattutto è un ragazzo che ha una forte propensione al grottesco, inteso nel senso di Black Humor, ossia di quei racconti neri raccolti nella celebre antologia surrealista dall'altrettanto celebre André Breton, e anche al truculento tout court. Se a questi elementi si aggiunge una certa propensione al taglio cinematografico, all'approfondimento psico-patologico narrato dall'interno (ossia dal punto di vista, quando non proprio con la voce stessa, di chi ne soffre), e alle coloriture meta-bibliche anche un tantinello manichee in stile Vecchio Testamento, ecco che si ottiene la tavolozza di “colori letterari” dai quali Nick attingerà per tutto il corso della sua carriera. I suoi temi preferiti? Colpa. Espiazione. Redenzione. Dio. E in sottofondo c'è sempre la Bibbia, o anche i Vangeli, e spessissimo una forma mimetizzata di Imitatio Christi che è poi la vera chiave di volta di tutto l'edificio mistico-spastico di Nick-l'oscuro (inteso proprio à la Thomas Hardy).
Da un punto di vista musicale, quali sono le maggiori influenze di Cave?
Il gospel. Il primo rock'n'roll. Il blues del Delta. Il folk apocalittico, in senso lato. Dylan. Cash. Cohen. Dal gospel prende l'intensità, filtrandola attraverso il magistero degli spirtuals e delle congreghe cristiano-metodiste afroamericane tipiche degli States. Dal primo rock'n'roll prende l'uso della voce, delle pause, delle impennate urlanti, nonché il gusto degli echi e dei riverberi tipico della prima stagione del rock'n'roll, per l'appunto. Dal blues del Delta prende l'incedere strumentale ipnotico e paludoso che tanto si confà ai Bad Seeds. Dal folk apocalittico, qualsiasi cosa esso sia, attinge per meglio far rifulgere i suoi sermoni da pastore folle che parla sostanzialmente solo a se stesso. Da Dylan prende senza dar l'impressione che abbia mai preso qualcosa. Da Cash prende quel modo peculiare di parlare di amore e morte a metà fra black humor e divina/maledetta ossessione. Da Cohen impara come si usano le metafore bibliche nel modo più semplice, diretto ed efficace.
Qual è, a tuo avviso, il capolavoro di Cave e perché?
Di capolavori ce ne sono diversi. A mio parere "The First Born Is Dead" è un capolavoro di introspezione blues scheletrico e, a suo modo, epico. Poi c'è "The Good Son", che lascia intravedere per la prima volta compiutamente un lato diverso del Nick scrittore di canzoni-storie-tipo-short-story, ovverosia ci presenta l'australiano in una veste più simile a quella del poeta (ma la poesia è comunque un'altra cosa rispetto alla canzone, questo va detto), creatore di metafore laconiche ma efficaci, che utilizzano spesso un testo o sottotesto biblico, in grado di far risaltare la figura di martire e al contempo profeta che ben si adatta alla psicologia di Nick, ma soprattutto alla psicologia del suo mondo, che è sempre fatto di gente borderline, di situazioni al limite, di verità che si rivelano menzogne, e di menzogne che hanno in sé nascosta la chiave pe la (propria) verità. Nick è un personaggio “religioso”, soprattutto; in lui la dissipazione esistenziale e il godimento desadiano all'autoflagellazione (o anche all'autoassoluzione) morale è costante, puro, preciso, pur nell'imprecisione dei suoi contorni, per così dire, ideologici (in senso lato: perché Nick è pur sempre una strana figura di gnostico credente).
Quali sono, invece, i dischi in cui Cave non è riuscito a venire a patti con la sua ispirazione... insomma, i suoi dischi meno riusciti?
"Nocturama". "No More Shall We Part". E alcuni altri. Dopo tanti anni sulla cresta dell'onda, dopo tanto tempo trascorso a incidere e pubblicare dischi, non è che si può chiedere a un artista un nuovo capolavoro a ogni disco. Però Nick è pur sempre un cavallo di razza, quindi la zampata può darla sempre. Per questo va seguito, anche quando convince poco. Gli ultimi suoi tre dischi sono più che altro dei recital in forma di flusso di coscienza... funzionano? Forse. Per quanto mi riguarda, è perlomeno apprezzabile che Cave abbia chiaro lo sviluppo della sua parabola di songwriter/performer/musicista, la qual cosa rende ogni suoi nuovo disco anche, o forse sopratutto, una meta-riflessione musicale sul suo percorso di cantautore. Siamo ai limiti della psicanalisi subliminale, per paradosso.
Uno degli eventi più traumatici della vita di Cave è stato sicuramente la morte del figlio Arthur nel 2015. In che modo la sua musica e i suoi testi sono cambiati da allora?
Da quando Arthur è morto, cadendo da una scogliera, probabilmente sotto l'effetto dell'Lsd, Nick ha semplicemente innestato la quinta marcia a un cambiamento, a livello di scrittura, già in atto da tempo. Infatti, è dai tempi di "The Boatman's Call" che Nick va dicendo che non vuole più cantare (solo) storie “inventate” su personaggi paradigmatici (tutto il suo canzoniere ne è pieno, di tizi à-la "Antologia di Spoon River", che parlano attraverso le sue canzoni di un mondo loro proprio, quasi sempre estremo, che esiste solo lì, in quelle palle di vetro con paesaggio incluso che sono le sue canzoni), ma vuole “far cantare” la propria interiorità, mettendo nero su bianco piccole poesie, dal sapore spesso Zen, se non fosse che conservano la qualità “macabra” della scrittura del nostro, che dicano e non dicano (soprattutto) cos'è il mondo (di parole) di Nick Cave.
Due dei più importanti collaboratori di Cave sono stati Blixa Bargeld, fondatore degli Einstürzende Neubauten, e Warren Ellis, già leader dei Dirty Three. Chi dei due ha inciso di più, musicalmente parlando, sulla carriera di Cave?
Blixa Bargeld, già dal suo aspetto fisico, emaciato ed esangue, dal suo look da punk anti-punk, da quel suo modo di suonare che non concede niente allo spettacolo, si rivela un medium prezioso verso quella forma di introspezione maniacale e anche un po' mistica che è propria della cultura teutonica perlomeno da Meister Eckhart a noi: l'espressionismo. Blixa e Nick sono quel che gli anglosassoni chiamano “a marriage made in heaven”. Passiamo ora a Nick e Warren. Allora, è innegabile che la fase di maggior successo commerciale, basato comunque su una “coerenza” al proprio personaggio e alla propria poetica di “man in black” sui generis, Nick l'ha conosciuta collaborando con Warren. Altrettanto innegabile è che Warren e Nick tendono spessissimo al sinfonismo intellettualoide, che però al pubblico piace, perché, credo io, spesso è la tristezza veicolata dai pezzi, più che i pezzi stessi, che funge da cavallo di troia di questa strana (ma ormai non più tanto: è un quarto di secolo che 'sti due collaborano) associazione Nick & Warren.
Uno dei suoi dischi più famosi è "Murder Ballads" del 1996, in cui Cave si confronta con la tradizione delle "ballate omicide". A tuo avviso, si trattò di un mero esercizio di stile oppure quel disco disse qualcosa di nuovo intorno a quel tipo così particolare di ballata?
"Murder Ballads" è un ottimo esercizio di stile, ma pur sempre un esercizio di stile. Comunque, Cave anche qui riesce a imprimere il suo marchio di fabbrica; perché piega gli stilemi colpa/punizione tipici dei personaggi delle murder ballads tradizionali ai propri fini letterari, ovverosia alla creazione di un mondo dove i criminali, un po' alla De Sade, vivono i propri atti crimonosi senza falsi rimorsi, ma con gioia cupa, cattiva, rognosa e al contempo fiera, e nel far ciò si dimostrano gli alfieri di quell'umanità che dalla canzone "Wanted Man", cover di Bob Dylan, al personaggio del condannato a morte di "The Mercy Seat", si conferma fatta di outsider che vivono il male o come sfida alla società o come atto di rude e gioiosa ribellione tout court, e di ciò ne vanno fieri!
Cave è anche autore di due romanzi ("E l'asina vide l'angelo", del 1989, e "La morte di Bunny Munro", uscito venti anni dopo). Puoi dirci quali sono le caratteristiche più rilevanti della sua prosa? Al di là delle ovvie differenze formali, in che modo la sua prosa si differenzia dai testi delle sue canzoni?
La prosa di "E l'asina vide l'angelo" è sostanzialmente diversa da quella di "Bunny Munro". Il primo romanzo, che fu un parto lungo e difficile, assomma gli stilemi del Faulkner “rurale” di "Mentre morivo" a quelle bibliche, rievocando un immaginario che va dall'America del proibizionismo a un intero set di personaggi che farebbero un baffo a Giobbe, il servo di Dio della Bibbia ebraica che viveva ricco e felice finché Dio stesso non volle tentarlo per dimostrare a Satana che gli sarebbe rimasto fedele anche se colpito da una gragnuola di sfighe apocalittiche (ops!). Altra storia è "Bunny Munro2, che è sin dall'inizio un personaggio bukowskiano, un puttaniere che soffre di priapismo a cui muore suicida la moglie mentre lui si scopa una puttana ed è poi costretto a occuparsi (per davvero, o forse no) del loro unico figlio. In più, è un venditore di cosmetici porta a porta. Il che, di per sé, è un topoi o quasi degno di Bukowski. Lo stile in queste pagine è meno ieratico e più sciolto che nel primo romanzo. Il problema è che la storia si regge quasi solo sul bisturi linguistico del personaggio (cioè di Cave, che gli dà voce, interiore), pensando di potersela cavare così, alla buona, con questo espediente narrativo, che nelle intenzioni del suo autore dovrebbe supplire a uno sviluppo (più o meno canonico) della trama. Risultato: un romanzo che poteva essere meglio di quel che è. Ora, non è che Cave sia un romanziere di merda, come molti dicono. È che la sua fascinazione per la parola lo àncora a un flusso di parole, e quindi di pensieri, che relega giocoforza lo sviluppo della trama in secondo piano, se non proprio a un meno pretesto, a un trigger per l'esuberanza stilistica che ti esplode in faccia come un petardo. C'è molto da calibrare nel Cave romanziere. Ma c'è della sostanza. Quello sì.
Ha senso parlare di un Nick Cave poeta?
Potrebbe. Ma forse è una esagerazione. I frammenti sparsi qua e là da Nick nelle sue miscellanee ci mostrano un autore che ha letto un sacco la poesia francese del tardo Ottocento, ma che è anche, anzi soprattutto, intento a forgiare attraverso la parola poetica il mondo dove far agire gli anti-eroi della sua immaginazione, quelli che poi finiranno nei testi delle sue canzoni. In questo senso, la poesia è per Cave qualcosa di incompiuto, che qui e lì trova, quasi sempre riecheggiando il linguaggio poetico dei simbolisti o quello biblico, la sferzata di un verso poetico denso, che fa un figurone nella canzone che lo contiene, ma che non sfigurerebbe comunque in un componimento poetico inteso come tale.
C'è oggi, in giro, qualche cantautore che è stato capace di raccogliere il testimone della poetica di Cave o che, comunque, ritieni degno di essere considerato come suo erede?
No.
Una selezione di brani di Nick Cave a cura di Massimo Padalino.
“Mr Clarinet”
Un singolo indimenticabile, che unisce il frastuono ritmato dei Suicide a un testo, e una interpretazione vocale caveana, sornioni e perversi al contempo.
“Kwpie Doll”
La famosa comic strip ideata da Rose O'Neill nel 1909, popolata da baby cupids all'apparenza innocui, si trasforma, nelle mani dei Birthday Party, in un pezzo sontuosamente dissonante, gotico e, last but not least... perverso.
“From Her To Eternity”
Capolavoro di suspence di Cave.
“The Carny”
Horror con tutti gli stereotipi dell'horror, eppure... li trascende.
“I'm Gonna Kill That Woman”
Grande rilettura del bluesman John Lee Hooker.
“The Mercy Seat”
Elettrizzante, una vera e propria scossa elettrica. Alla lettera.
“Up Jump The Devil”
Uno dei topoi del blues riletto in veste minimale.
“The Good Son”
La parabola del figliol prodigo e un crescendo di emozioni da brividi.
“The Witness Song”
Il rhythm'n'blues in salsa caveiana.
“Christina The Astonishing”
La storia di una tizia a cui fanno il funerale e che invece si riscopre viva... e santa!
“Loom Of The Land”
Un capolavoro “pittorico” degno di Caspar David Friedrich.
“Jangling Jack”
Violenza sonora e accumulazione verbale per uno dei pezzi più tirati del Cave mid-Nineties.
“I Let Love In”
Parabola semplice, un po' di maniera forse, ma comunque sempre un bel sentire.
“The Curse Of Millhaven”
La murder ballad archetipica nel suo album "Murder Ballads".
“Black Hair”
Ottimo numero di moanin' confessionale e anche un un sacco atmosferico.
“Babe, I'm On Fire”
Una lunga cavalcata che riassume al suo interno molte se non tutte le anime di Cave.
“The Lyre Of Orpheus”
Blues, con tanto di call'n'response, che si trascina merivigliosamente minimal fino alla fine.
“Dig, Lazarus, Dig!!!”
Notevole rilettura della parabola di Lazzaro di Betania nel Vangelo di Giovanni.
“Jubilee Street”
Warren e Cave al top, forse.
“In The Ghetto”
Cave è un Elvis senza ciuffo e con la passione per il lato oscuro della vita. Notevole cover di The King.
“Tupelo”
Capolavoro. Assoluto. Uno dei motivi per cui si ama Cave.
“Wanted Man”
Capolavoro. Assoluto. Uno dei motivi per cui si ama Dylan e quindi Cave.
“Rings Of Saturn”
Flusso di coscienza d'epoca “arthuriana” che senza mr. Ellis non sarebbe stato possibile.
BIRTHDAY PARTY | ||
The Birthday Party(Missing Link, 1980) | 7 | |
Prayers On Fire(4AD, 1981) | 8 | |
Junkyard(4AD, 1982) | 6,5 | |
The Bad Seed(Ep, 4AD, 1983) | 6,5 | |
Mutiny(Ep, 4AD,, 1983) | 6 | |
NICK CAVE & THE BAD SEEDS | ||
From Her To Eternity(Mute, 1984) | 8 | |
The Firstborn Is Dead(Mute, 1985) | 8 | |
Kicking Against The Pricks(Mute, 1986) | 6 | |
Your Funeral, My Trial(Mute, 1986) | 7,5 | |
Tender Prey(Mute, 1988) | 8,5 | |
The Good Son(Mute, 1990) | 9 | |
Henry's Dream(Mute, 1992) | 7 | |
WhatA Wonderful World(Ep, Mute, 1992) | 5 | |
Live Seeds(live, Mute, 1993) | 7 | |
Let Love In(Mute, 1994) | 8 | |
Murder Ballads(Mute, 1996) | 7 | |
To Have And To Hold(Mute, 1996) | ||
The Boatman's Call(Mute, 1997) | 6 | |
The Best of Nick Cave(Mute, 1998) | ||
No More Shall We Part(Mute, 2001) | 6,5 | |
Nocturama(Mute, 2003) | 5 | |
Abattoir Blues/ The Lyre Of Orpheus(Mute, 2004) | 6,5 | |
The Assassination Of Jesse James(Emi, 2007) | 7 | |
Dig, Lazarus, Dig!!!(Mute, 2008) | 6,5 | |
Push The Sky Away(Mute, 2013) | 5,5 | |
Skeleton Tree(Bad Seed Ltd, 2016) | 6 | |
Ghosteen(Bad Seed Ltd., 2019) | 8 | |
Idiot Prayer: Nick Cave Alone At Alexandra Palace(Bad Seed Ltd., 2020) | 7,5 | |
GRINDERMAN | ||
Grinderman(Mute, 2007) | 6 | |
Grinderman 2(Mute, 2010) | 6,5 | |
NICK CAVE & WARREN ELLIS | ||
The Proposition(Mute Records, 2005) | ||
The Assassination of Jesse James by the Coward Robert Ford(Mute Records, 2007) | ||
White Lunar(Mute, 2008) | 7 | |
The Road(Mute, 2010) | 5,5 | |
Lawless(Sony, 2012) | ||
Hell Or High Water(Milan Records, 2016) | 6,5 | |
Kings Ost(Milan, 2018) | 6,5 |