Bad Religion

Bad Religion

Epica hardcore

Paladini dell'hardcore californiano, i Bad Religion di Greg Graffin esordirono giovanissimi e portarono a maturazione nei loro dischi un'intera generazione di band, con la loro commistione di ritmiche indiavolate, invettive politiche e progressioni "epiche"

di Tommaso Franci

A 15 anni Greg Graffin fondò i Bad Religion, a 16 l'etichetta discografica indipendente Epitaph (sì, quella che negli anni 90 venderà milioni e milioni di dischi con Offspring, NOFX e Rancid), a 17 anni in teoria sarebbe anche potuto morire; infatti a 17 anni Gregg Graffin aveva già detto tutto quello che aveva da dire; solo che, dopo averlo detto, si trattava di farlo; e così fu.

I Bad Religion nacquero con la seconda ondata dell'hardcore di Los Angeles, con la seconda generazione di hardcorer che è così stretta alla prima (1-2 anni) da esserne quasi indistinguibile, se non fosse per il fatto che riguardo ai fenomeni di cui ci stiamo occupando anche un anno conta. Nel 1980 già erano finiti, con Derby Crash, i Germs, i fondatori dell'hardcore di Los Angels (dopo aver fuso Ramones e Sex Pistols), i fondatori (con Zeros, Avengers, Weirdos, Misfits, Fear e Black Flag) dell'hardcore dal 1977. Ma se questa che negli effetti è l'iniziale, può chiamarsi la "generazione zero" dell'hardcore, il genere divenne genere a partire dal 1979 con l'esplosione della prima, compatta generazione di hardcorer losangeliani (Adolescents, Circle Jerks, Descendents, Christian Dead, Agent Orange), passando per il 1978 (Dead Kennedys, Angry Samoans, TSOL, Flipper, Social Distortion).

Sino al 1980 l'hardcore era stato una musica sostanzialmente suonata e ascoltata da minorenni (non minorati!) losangeliani. Il 1980 segnò l'apice e la revisione del movimento. Da una parte emersero, ossia riuscirono a pubblicare i vari gruppi fondatori del genere che sino ad allora e pressoché tutti erano rimasti nell'anonimato degli spettacoli dal vivo; da un'altra si ebbero i primi casi di post-hardcore (Minutemen, Flipper, Fear); da un'altra la ri-fondazione del genere sia geograficamente (un po' per tutta l'America si ebbero sacche hardcore, specie a Washington, Chicago, Minneapolis, New York, Boston e San Francisco) sia formalmente (Bad Brains e DRI estremizzarono insuperabilmente il genere).

In tale contesto si presentarono in una Los Angeles che stava per non essere più la Los Angeles hardcore (di lì a poco avrebbe investito la città la temperie heavy metal), con un hardcore che o non era losangeliano o non era hardcore o, come spesso avveniva, non era più né losangeliano né hardcore, un gruppo tradizionalista come quei Bad Religion con per di più un suono quasi meno devastante della media, un'età ancora più bassa della media, delle liriche meno efferate della media, dei modi meno teppistici di questa stessa media hardcore: come scommettere su quei quattro?

La funzione storica dei Bad Religion fu quella di essere sostanzialmente l'unico gruppo hardcore attivo a Los Angeles tra la nascita e vita del movimento (1977-1980) e il suo revival (1990-1995) in questa medesima città. I Bad Religon assolsero questo compito in modo singolare: sostanzialmente fallendo nella prima parte della loro lunga carriera (1980-1987), quando l'hardcore o era post- o era iper-, invece cogliendo inaspettatamente e supremamente nel segno tra il 1988 e il 1990, rifondando per la terza e ultima volta il genere (prima fondazione: Germs; seconda: Bad Brains e DRI), e rappresentando il caso più unico che raro di una vecchiaia artistica superiore alla giovinezza . Ma fermi un attimo! Spesso si suole dire questo dei Bad Religon, però è improprio: i Bad Religion non costituiscono un'eccezione alla regola dei primi tre album (dopo i quali nessun gruppo rock avrebbe aggiunto nulla di più o di meglio al proprio repertorio); infatti i Bad Religion possono essere presi sul serio, e può quindi considerarsi il loro primo album quello dell'anno in questione, a partire dal 1988: perché è vero che a queste stagioni il gruppo è attivo da 8 anni, ma è anche vero che solamente nel 1988 l'età media dei suoi componenti giunge ai 23 anni! E neanche un enfant prodige, con tutta la sua tecnica, è mai riuscito a fare arte.

I Bad Religion semplicemente hanno avuto la sfortuna di pubblicare troppo presto (loro stessi hanno voluto questa sfortuna: si sono fatti una label); la maggior parte degli altri gruppi e rock e hardcore ha invece avuto dei freni che con il tempo si sono rivelati essere stati un vantaggio. I Bad Religion del 1988, il Graffin del 1988, non sono nulla di diverso dai precedenti, sono soltanto maggiorenni... Che poi il modo di dire quelle cose che avevano sempre in testa li porti a fondare un terzo hardcore significa solo che ciò era quello che i Bad Religion volevano e dovevano fare allorché nacquero ma che senza una crescita fisiologica erano impossibilitati a fare.

Mi rivolgo a tutti gli estimatori dei Nirvana, che invito a considerare questo: Greg Graffin non è il nonno di Kurt Cobain, è nato due soli anni prima di lui. Si ha la sensazione che appartenga a un'altra epoca solo perché, in effetti, ha iniziato la propria attività una, due, tre epoche musicali prima di Cobain. E prima di giudicare i risultati di questi suoi primi tentativi si pensi cosa ci avrebbe potuto far ascoltare Cobain nell' '82 (a 15 anni) o nell''85 ("Bleach" è dell'89). Pochi considerano tali componenti: di solito, quando si prende in mano i primi Ep o il primo album di un gruppo (specie hardcore) si sottintende che chi ne è stato l'artefice abbia 18-20 anni. Per i Bad Religion il fatto è che siamo al di sotto perfino della maggiore età.

I Bad Religion nascono in un anno, il 1980, nel quale tutti i gruppi che sorgono non sono propriamente hardcore (Gun Club, Meat Puppets, Minutemen, Mission of Burma) o lo sono in modo eccessivo (Minor Threat). I Bad Religion si configurano quindi (e controtendenzialmente, esclusi i gruppi hardcore solo per moda) come dei blandi, coriacei, conservatori del genere. Conservatori reazionari: anziché progredire o fissarsi nel già fatto, ripartono addirittura dall'hardcore primitivo dei Ramones. Suonano quasi punk (il che, non è un complimento, per chi fa hardcore, è come dire a una modella di essere mascolina...).

L'altra metà del discorso per cui è importante Gregg Graffin si è detto trattarsi della label che fonda. Va precisato che era quasi una consuetudine, per l'epoca, più che auto-prodursi, auto-pubblicarsi; o meglio, consuetudine nel senso che tra il 1979 e il 1981 nacquero le più importanti etichette indipendenti o indie americane, etichette che nacquero nel contesto hardcore e per lo più (quindi) nella città di Los Angeles. Tuttavia, la precocità di Graffin fu anche in questo un caso unico e in parte eccessivo (fino alla maturità la casa discografica di Graffin, come la sua musica, non darano frutti ragguardevoli). A Los Angeles, Gregg Ginn (del quale si noti però l'anno di nascita: 1954) aveva dato l'avvio al processo di fondazione di un gruppo (Black Flag) e di una label ad hoc per incidere (in questo caso la SST, che ebbe tra i migliori artisti hardcore di ogni tempo: Minutemen, Meat Puppets, Descendents, Saccharine Trust, Husker Du, Dinosaur Jr, Bad Brains); sempre a Los Angeles fu a dir poco fondamentale la SLASH (Germs, Violent Femmes, X, Dream Syndicate, Gun Club, Fear, Misfits, L7) di Bob Biggs (che si occupò anche dello storico documentario "The Decline of Western Civilization" sulla vita e l'opera degli hardcorer di Los Angeles); a Washington fece in parte da controcanto a Graffin la Dischord (poi di Rites Of Srping, Fugazi, Nation Of Ulisses, Jawbox) che per i suoi Minor Threat fondò Ian Mackaye (il quale aveva comunque tre anni in più di Graffin).

Fin dall'inizio i Bad Religion ebbero una via punk all'hardcore, in sostanza facendo sul serio ciò che i Ramones facevano giocando (o meglio col sorriso: perché il gioco dei Ramones è tragico e amaro). Trapela in ogni passaggio musicale e nel fioco canto di Graffin (più sul recital cantando punk che sull'urlo hardcore) tutta l'adolescenzialità del gruppo. I testi fin da subito si qualificano come da cultura universitaria messa a contatto con i bassifondi, per una legge di compensazione e rifiuto vicendevole dell'una e degli altri. I testi parlano con scetticismo materialistico e di sinistra delle alienazioni insite tanto al mondo borghese quanto a quello proletario, quanto a quello punk, in un nichilismo non autocompiaciuto ma sopravvissuto a se stesso (come è proprio di tutto l'hardcore, che per questo si differenzia dal punk), che si distingue per ambientazioni post-nucleari e incentrate su temi e linguaggi da biologia e antropologia (oggi Graffin è professore universitario di Biologia evolutiva). In sostanza i testi del Graffin maturo saranno incentrati sull'alienazione dell'uomo dovuta ancor prima a un nichilismo sociale. E per questo, se talora ridondanti, non lo saranno mai come le trite tirate punk anti-borghesi e si qualificheranno anzi come la formalizzazione del disagio hardcore che non è storico (punk) ma costitutivo: e alla necessità non ci si ribella. Da tutto ciò ne deriva un filantropismo più compassionevole e passivo che umanitario e attivo. Fin da subito i brani vengono scritti ora assieme ora alternandosi da Greg Graffin e Brett Gurewitz, i due fondatori dei Bad Religion.

Bad Religion 1981, Ep (7 brani, 12 minuti). Jay Bentley (basso), Greg Graffin (voce), Brett Gurewitz (chitarra), Jay Ziskrout (batteria). "Bad Religion" è il primo classico e manifesto del gruppo: "See my body, it's nothing to get hung about. I'm nobody except genetic runaround. Spiritual era's gone, it ain't comin' back. Don't you know the place you live's a piece of shit? Don't you know blind faith in life will conquer it? Don't you know responsibility is ours?". Con tanto scoramento, tanto effetto garage, predominanza della sezione ritmica (il basso "anni 80") e chitarre che sferragliano rifuggendo ogni assolo (in pratica accompagnano). "Politics" è una sciapa cantilena comunista. "Sensory Overload" dimostra come dei ragazzi affranti e sinceri possano coinvolgere e commuovere anche senza grandi basi né tecniche né compositive. "Slaves" è un Ramones rattristito. "Drastic Actions" si basa (a ritmo lento o zoppicante) sull'indomabile spirito di un suicida non ancora maggiorenne. La voce di Graffin è colma di cuore e vale più di quello che canta e di come lo canta. Stesso per gli strumenti. È un pianto rotto. "World War III" è una fioca nenia pacifista.

How Could Hell Be Any Worse? 1982, Lp. Quattordici brani, 30 minuti. Greg Hetson dei Circle Jerks aggiunge la propria chitarra. "We're Only Gonna Die" mostra un gruppo ridipinto di fresco: più veloce, più violento, più hardcore, ma meno inspirato. "Latch Key Kids" ha l'inintelligibilità rocambolesca e rumorosa tipica dell'hardcore più dozzinale e non è nemmeno lontanamente in grado (come faranno i futuri Bad Religion) di tirar su da questa un'arte. "Part III" torna alle commozioni del primo Ep: la novità sono gli assoli di Hetson e Gurewitz, peccato che siano gratuiti. "Faith in God" è una brutta copia di "Bad Religion".

"Fuck Armageddon...This Is Hell" è il secondo capolavoro dei Bad Religion, è uno degli inni degli anni 80; sostenuto da tanta violenza quanta desolazione e il tutto in una sconcertante semplicità e immediatezza naif. I Bad Religion si configurano come apocalittici e incentrati sulla Terra solo dal punto di vista del Cosmo.

"Pity" prelude, nella sua gracilità e mestizia acceleratissime, pienamente ai futuri Bad Religion, è anche melodiosa: purtroppo manca di arrangiamento e produzione. "In the Night" ripropone ancora uno strato sonoro e armonico preludente al futuro sound Bad Religion, o meglio alla futura esecuzione di un sound o idea che sembra i Bad Religion abbiamo avuti sin dall'inizio. Verrebbe quasi da dire che se questi brani fossero stati adeguatamente prodotti e arrangiati, avrebbero realizzato già tutto il lavoro futuro del gruppo. "Damned to Be Free" è un'insensatezza alla ricerca di senso. "White Trash (Second Generation)" lo stesso. "American Dream" una "Fuck Armageddon...This Is Hell" mal riuscita. "Eat Your Dog", "Voice of God Is Government", "Oligarchy", non aggiungono altro.

"Doing Time" è una summa pienamente riuscita della disperazione e tristezza del primo Ep. Un'omelia hardcore sotto forma di ballad.

Into the Unknown è l'album del 1983 che ripropone i medesimi pregi e difetti del precedente. Dopo questo secondo album il gruppo (cioè Graffin, Gurewitz e Bentley) si sciolse. Graffin continuò da solo con il progetto Bad Religon. Back to the Known, 1984, Ep. Cinque brani, 10 minuti. Tim Gallegos (basso), Greg Hetson (chitarra) Greg Graffin (voce ), Pete Finestone (batteria).

"Yesterday" è, a ritmi rallentati, quello che saranno i Bad Religion della seconda metà degli anni 80: epos hardcore. "Frogger" è un capolavoro assoluto, il miglior brano dei Bad Religion sino al 1989 e anche dopo al pari solo dei migliori. È l'apice dell'elegiaco lirismo di Graffin; introdotto da latrati tra lo scherzo e la tragedia, disvela il cuore lasciato marcire (ma non instupidire) dell'autore: "I'm tired of this city, all this toil and strife. Trying to cross the boulevard, playing frogger with my life. Frogger with my life". "Bad Religion" è una versione jazzata del pezzo classico. "Along the Way" è l'altro capolavoro di Graffin, quasi del medesimo calibro di Frogger: ancora elegia, ancora morale vissuta e non teorizzata, ancora raffinatezza. "New Leaf" è un anonimo power-pop.

Dopo quattro anni di silenzio, i Bad Religion si riformano. Adesso hanno tutti passato i 20 anni. È il 1987: qualche centinaio di chilometri sopra Los Angeles sta creandosi il grunge o l'hardcore di Seattle, fatto da altri ventenni che non hanno geograficamente avuto la possibilità della, per i Bad Religion, precoce esperienza hardcore losangelese e che, finita questa, cercano di rifarsi a casa propria. Nel 1987 si formano i Fugazi (a Washington) e i Jesus Lizard (a Chicago) aprendo formalmente la stagione del post-hardcore (in realtà iniziata 7 anni prima; diciamo allora di "un" post-hardcore). Nel 1987 gli Squirrel Bait con "Skag Heaven" danno uno dei più grandi album rock di sempre e segnano la scissione tra un hardcore tradizionale fagocitato ora dal metal ora dal noise ed il succitato post-hardcore o emo-core di fine anni 80 e inizio 90 (che porterà sino al post-rock degli Slint).

Suffer 1988, Lp. Quindici brani, 26 minuti. Jay Bentley (basso), Greg Hetson (chitarra), Greg Graffin (voce), Brett Gurewitz (chitarra) Pete Finestone (batteria). Quest'album inventa uno nuovo stile hardcore (rifondando per la terza volta il genere dopo Germs e DRI/Bad Brains) che potremmo definire power (nelle forme) ed epic (nei contenuti). Mai brani hardcore erano stati così brevi e veloci; così veloci da attutire per questo la propria potenza. Mai brani rock erano stati così densi e concentrati. Ogni brano appare indistinguibile dall'altro perché ogni brano è così pieno e veloce da rendere tangibile la propria ricchezza soltanto dopo molti e molti ascolti. Si tratta di una miniera d'oro che frana di colpo e tutta insieme rendendo così impossibile servirsene. E questa è arte estrema. Ogni brano è diversissimo e ogni brano è fatto di mille brani: risulta però, all'apparenza, ogni brano uguale all'altro per via dell'eccessiva velocità e perfezione monolitica con cui giunge alle orecchie. È una bellezza che va rallentata per ammirarla, eppure è bellezza solo perché procede supersonicamente. Quest'album eleva il pletorico e noioso corale punk, con la relativa cantilena vomitevole nella strofa, a meditazione epica sulla condizione umana concepita come perenne dissolvenza esistenziale. Concepita atomicamente (e in modo tanto più spietato in quanto ci si serve di una lingua da libri di genetica). La partitura e l'esecuzione di ogni strumento sono massimamente limate e orchestrate in un'armonia che prevale e a cui soggiace la melodia.

I Bad Religion si qualificano come tra i migliori musicisti, non solo hardcore, ma rock, di sempre. Lo strato sonoro che è in grado di gestire quest'ensemble cameristico è veramente impressionante. I Bad Religion elevano l'hardcorer straccione e adolescente al rango di eroe epico disilluso e modestissimo, compassionevole, solitario e anarca (non più anarchico), facendo del nichilismo il pane quotidiano da masticare e non da sputare. L'album in questione ha una rilevantissima importanza nella storia del rock all'interno della quale raggiunge una perfezione formale assoluta. Tuttavia sostanzialmente (nelle "belle canzoni") i Bad Religion dovranno ancora rivelarsi, essendo, anche qui, accompagnati da quella loro vecchia sterilità in fatto d'incisività melodica.

No Control 1989, Lp. Jay Bentley (basso), Greg Hetson (chitarra), Greg Graffin (voce), Brett Gurewitz (chitarra) Pete Finestone (batteria). È l'album della definitiva maturità artistica del gruppo. È un album perfetto sotto tutti i punti di vista; porta il power-epic dell'88 a vertici espressivo-contenutistici ineguagliati e si impone come tra i primi cinque album hardcore di sempre. Abbiamo il medesimo monolite della precedente opera, siamo investiti dalla medesima massa sonora che ha ancora, nell'apparenza, tutta l'inintelligibilità e piattume della precedente opera. Ma una volta rivelata quell'apparenza, si scopre una sostanza intimamente e profondamente significativa. L'ambientazione post-nuclerare richiama per contrasto la preistorica, denudando così la perenne natura umana. Quest'album ha il medesimo numero di brani e la medesima lunghezza del precedente; come il precedente, inoltre, è fatto in pratica in presa diretta. E ogni brano, come nel precedente, è scritto dalla coppia Graffin/Gurewitz.

"Change of Ideas" (0.56) è il primo capolavoro nei capolavori; incontenibile e assoluto (quindi inafferrabile); un power-pop estremo e scandagliato da nugoli di riff e cambiamenti di tempo. "Big Bang" (1:47) procede senza alcun respiro in quest'olocausto sonoro che, come fosse oltre la velocità della luce, arriva sino a dare l'idea di staticità. Una volta però affermati i motivi (che vi sottostanno) o le melodie delle singole realizzazioni, non si può non apprezzarne la liricità e sensibilità. Ogni strumento è sublime nella sua parte.

"No Control" (1:40) convalida ancora la poliritmia e polifonia sempre rasentate il barocchismo, ma supremamente senza cadervi (come la grande epica che non è mai retorica) di questa musica classica per hardcorer.

"Sometimes I Feel Like" (2:19) mostra, con tutti i suoi espedienti (tanto della sezione ritmica quando delle chitarre stratificate), come su ogni secondo di brani così potrebbero costruirsi intere canzoni. Risultano così incontenibili i Bad Religion da sprecare quasi la loro ricchezza (in uno spreco che gliela incrementa, se possibile) affastellando e affastellando soluzioni d'alta scuola.

"Automatic Man" (2:05) stesso discorso. "I Want to Conquer the World" (1:34) è l'apice della dramamticità epica (dissimulata nel raffinato canto e suono in superficie monocordi e in profondità fatti con variazioni su variazioni) e dell'umanitarismo compassionevole o introspettivo di Graffin.

"Sanity" (0.47) è il secondo capolavoro nei capolavori: sconfinata tristezza, sconfinata grazia, sconfinata sopportazione. "Henchman" (2:44) continua il discorso o la saga. "It Must Look Pretty Appealing" (1:07) lo stesso; e con in più la commozione derivante da ogni melodia non ricercata ma trovata in sfumato. "You" (1:57) è come se fondesse i due brani che lo hanno preceduto in un'unica articolatezza e commozione in alcun modo ostentate. "Progress" (2:08) è il terzo capolavoro nei capolavori. È come un hardcore-progressive iperconcentrato. "I Want Something More" (1:54) inaugura la tecnica del "brano tagliato": espediente di gran classe per sorprendere ed evitare ogni mediocrità o prevedibilità. A metà il nastro è tagliato e poi riparte in qualche secondo di finale corale e marziale. "Anxiety" (1:42) è il quarto capolavoro nei capolavori. Particolarmente intimistico e commovente. "Billy" (1:23) consuma ancora riff scorati e un canto altrettanto. Sempre con discrezione, sempre con perfezione, sempre con infinita sensibilità, da un alto messa in pubblico dall'altro al pubblico sottratta per la velocità con la quale vi viene messa.

"The World Won't Stop" (2:14) chiude con il quinto capolavoro dei capolavori che grida la grandezza di tutto l'album dei Bad Religion: l'esigenza di riflettere all'interno di un flusso irrefrenabile di velocità, l'esigenza di correre al massimo per fermarsi. Quest'album è uno degli album più meditativi del rock, ed è quello che ha l'apparenza di esserlo meno. Per questo è tra i maggiori e deve ritenersi classico tra i classici.

Against the Grain 1990 lp. 17 brani, 34 minuti. Jay Bentley (basso), Greg Hetson (chitarra), Greg Graffin (voce), Brett Gurewitz (chitarra) Pete Finestone (batteria). Dopo la perfezione epic/power del precedente album, questo allarga i confini in un'operazione che se da una parte snatura l'efficacia essenziale della precedente dall'altra ne allarga i confini in direzioni formali estremamente e immediatamente varie. Quest'album accentua l'epic anziché il power e accoglie varie novelty, inammissibili nella corazzata precedente. Permane tuttavia quel senso di deflagrazione o carica incentrata anziché sull'esplosione, sull'implosione. Sono confessioni hardcore dinanzi al proprio io, non arringhe punk di carattere pubblico. Dopo 10 anni Graffin e Gurewitz si spartiscono, come i maturi Hart e Mould degli Husker Du, i brani (9 del primo e 6 del secondo) e si presentano quindi, al pari di Hart e Mould, come altri due classici cantautori-hardcore. Trovano, in un'occasione ciascuno, anche spazio Bentley e Hetson.

"Modern Man" (Graffin) [1:56] è un capolavoro che fa eco all'epico inno "Change of Ideas" (con più cori che lo fanno ancora più epico: e quando si dice epico ci si dovrebbe scandalizzare, visto il genere in questione, l'hardocore!); sublima il proselitismo anti-evoluzionistico e l'alienazione conseguenza del fallimento di questo di Graffin. Il testo costituisce il testamento dell'autore o scienziato-punk: "I've got nothing to say, I've got nothing to do, all of my neurons are functioning smoothly yet still i'm a cyborg just like you, I am one big myoma that thinks, my planet supports only me, I've got this one big problem: will I live forever? I've got just a short time you see, modern man, evelotionary betrayer, modern man, ecosystem destroyer, modern man, destroy yourself in shame, modern man, pathetic example of earth's organic heritage, when I look back and think, when I ponder and ask 'why?', I see my ancestors spend with careless abandon, assuming eternal supply, modern man..., just a sample of carbon-based wastage, just a fucking tragic epic of you and I".

"Turn on the Light" (Gurewitz) [1:23] ha un incedere quasi western o comunque più da prateria che da città, più da giorno che da notte (sarà una caratteristica, una vernice Meat Puppets, comune a tutta l'opera).

"Get Off" (Graffin) [1:42] è, come tutti i brani di Graffin, più serioso, nostalgico, scorato. Ineccepibile. "Blenderhead" (Gurewitz) [1:11] è, come tutti i brani di Gurewitz, in ricerca dell'espediente, della soluzione spaziante: qui un coro come solo i Bad Religion hanno imparato a fare (né perditempo come i Ramones né retorico come quasi tutti i cori-rock, bensì sublime nell'epico; e molto dosato) e una fine a sorpresa con il taglio del nastro. "The Positive Aspect of Negative Thinking" (Bentley) [57] è un'efferatrezza pienamente riuscita che sul finale cambia tempo diventando ancor più efferata. Uno dei brani che impreziosiscono l'album.

"Anesthesia" (Gurewitz) [3:02] Il capolavoro di Gurewitz, anche se finisce per suonare poco Bad Religion. Estrania, ma, come con tutti i grandi brani, è un piacere. Sezione ritmica devastante e infaticabile, chitarre ariose quasi arena-rock, melodie toccanti e adolescenziali ai cori; finale tra riff metal e tamburi sintetizzati. Bad Religion alla Pixies.

"Flat Earth Society" (Gurewitz) [2:21] è un capolavoro della medesima levatura del precedente. Gurewitz contribuisce non poco a rinfrescare l'ispirazione di Graffin (che risulta comunque sempre più profondo e conscio); è un tripudio di flebili vite giovanili, di ricordi, di speranze infrante (l'espediente qui ancora un coro magistrale, da western wagneriano). È un canto d'amore al nulla.

"Faith Alone" (Graffin) [3:34] torna sapientemente al cupo e alla meditazione pessimistica. Una delle migliori e più toccanti espressioni esistenziali di Graffin. "Entropy" (Graffin) [2:23] è una perfezione che eccede nella scientificità delle forme e dei contenuti. "Against the Grain" (Graffin) [2:07] è la risposta di Graffin allo sperimentalismo di Gurewitz: un capolavoro modulato su un hardcore un'ottava sotto il normale. Ne risulta un folk delle praterie a passo di funk di centro-città. Tutt'altro che uno scherzo: esterna la morte in modo stravagante ma non meno elegante e coinvolgente del solito.

"Operation Rescue" (Graffin) [2:06] è un valido passaggio. "God Song" (Graffin) [1:37] aggiunge a quel valido l'antico malumore tutto personale dell'autore. "21st Century (Digital Boy)" (Gurewitz) [2:48] è un serio gioco col passato punk. Qui le chitarre pulsano e non è la sezione ritmica a monopolizzare il fuoco del brano su di sé in quell'indistinto arrembare classico del gruppo. Rivela il brano una costante dell'album: lo spazio per riff hard-rock.

"Misery and Famine" (Graffin) [2:33] è un tappeto tanto elementare nel canto quanto variegato nell'accompagnamento.

"Unacceptable" (Hetson) [1:42] è la ventata di freschezza marchio Circle Jerks (con Hetson al controcanto che pare richiami il suo vecchio gruppo). "Quality or Quantity" (Graffin) [1:33] è un altro capitolo del lato più ufficiale e astratto di Graffin, che compositivamente si sbizzarrisce in una significativa serie di cambiamenti di tempo. "Walk Away" (Gurewitz) [1:49] ripropone il ragazzo che è Gurewitz: più spensierato, anche nel mesto, e quindi più incentrato sull'azione che sulla riflessione, rispetto a Graffin.

Grazie all'iniezione (1988-1990) Bad Religion nasceranno in California variando il power-epic del gruppo maggiore una miriade di gruppi hardcore (più o meno influenzati dal grunge di Seattle). Pressoché tutti questi gruppi partirono dalla corte di Graffin e Gurewitz, l'Epitaph. I Pennywise (esordio nel '91) furono, pur letteralmente plagiando i Bad Religion (o forse proprio per questo) i migliori e i più onesti. NOFX, Offspring, Rancid coloro i quali riuscirono a vendere alle masse qualche cosa che queste più o meno recepivano come grunge. Intanto a coltivare effettivamente quel fenomeno chiamatosi hardcore revival (1988-1991) ci pensarono da New York i Gorilla Biscuits, da Chicago gli Screeching Weasel, ma soprattutto i Didjits e ancor più i Pegboy (di questi i primi lavori sono tra i migliori della storia del rock).

Dopo il 1990 i Bad Religion non avranno più nulla da dire: continueranno con molta classe, esperienza e arte, ma senza speranza di arricchire in qualche modo questo nulla.

Generator (1992) vede alla batteria Bobby Schayer. Recipe For Hate (1993) e Stranger Than Fiction (1994, per la Sony!) sono gli ultimi album prima di un secondo scioglimento del gruppo. Graffin e Gurewitz si spartiscono il patrimonio: il primo i Bad Religion, il secondo l'Epitaph (impegnato a produrre, costruire e far rendere il suo trio di vendibili NOFX, Rancid ed Offspring), Brian Baker (ex Minor Threat, Government Issue, Meatmen, Dag Nasty e Junkyard) prende il posto di Gurewitz nei Bad Religion su Gray Race (Atlantic, 1996) e No Substance (Atlantic, 1998). In The New America (Atlantic, 2000) si riaffaccia (come terza chitarra) Gurewitz e in The Process of Belief (Epitaph, 2002) il sodalizio tra Graffin e Gurewitz è sancito dalla distribuzione per l'Epitaph e da brani scritti tutti a quattro mani. Per il 2004 è prevista la riedizione con relativa masterizzazione di tutti gli album dei Bad Religion per l'Epitaph.

True North (2012) è un ennesimo piccolo grande album per un gruppo che oramai non deve dimostrare proprio più nulla a nessuno. Le incursioni nell'elettronica che furono pane (amaro?) di Empire Strikes First del 2004 sono quindi storia passata, dando nuovamente spazio ai cori anthemici (“Fuck You”, “Land Of The Endless Greed”) che hanno caratterizzato gran parte della carriera dei Nostri.
Si avverte, semmai, un tentativo a livello di produzione di rendere tutto più attuale, catchy e competitivo rispetto a quella scena mainstream di cui i Bad Religion potrebbero essere oramai i paladini, alla faccia dei patetici  ¡Uno! ¡Dos! ¡Tré! di quei Green Day oramai alla frutta (“Hello Cruel World”, “Nothing To Dismay”, “Popular Consensus”). I suoni sono sicuramente tra i migliori riscontrati su un disco firmato da Graffin e soci e scorrono via, come sempre del resto, con una facilità che non ha eguali (si senta la doppietta “Vanity” e “In Their Hearts Is Right” o, più in generale, tutte le tracce da un minuto o poco più). 
Ecco, l'unico neo potrebbe essere rappresentato da certi riff o da certe accordature metal-oriented (“Crisis Time”) nelle tracce più strutturate. E' la "moda" a imporlo e se ci sono cascati persino i Corverge, non vediamo proprio perché farne un dramma con i Bad Religion che pop-ulisti in fondo lo sono sempre stati. Ciononostante l'album, nel suo complesso, non ha particolari cadute di tono e subisce passivo la conclamata comunicatività di Mr. Graffin.

Anche se i fasti di un tempo possibilmente belli che andati, non possiamo che ritenerci fortunati se le nuove generazioni potranno ancora scegliere i Bad Religion come possibile opzione per avvicinarsi al mondo della musica, anziché no. Fatto sta che il loro punk'n'roll così melodico e accattivante (ma ancora mai banale) conquista oggi proprio come vent'anni fa. Sanno essere tristi e allegri, impegnati e casinisti, nel giro di un paio di canzoni e sanno trasmettere tutte le sensazioni che un disco etimologicamente punk dovrebbe saper trasmettere.

Poi si sono fatti aspettare un po' più del solito. Sei anni, invece dei tre o quattro che di solito intercorrono tra un disco dei Bad Religion e l'altro. Ma che sarebbero tornati lo si sapeva, a sbraitare come si confà loro, su questa Age Of Unreason. A rovesciare veleno e melodie sull'America di Trump, muri tanto in voga nei governi nazional-populisti e chi più ne ha più ne metta. Insomma, per i californiani, già polemici di loro, inveire contro questi tempi è come sparare sulla croce rossa.
Il sound scelto questa volta da Greg Graffin, ormai unico mattatore permanente e instancabile, è quello con cui la band si trova più a suo agio: il classico blend di punk pop e melodie immediate, a scapito delle piccole deviazioni psichedeliche o metal degli ultimi lavori. A volte di melodia ce ne è persino troppa e annaqqua un po' la forza di brani come "Lose Your Head" o la stessa title track. Quando però l'equlibrio tra melodia e riff è perfetto, ecco venir fuori canzoni dritte ed efficaci come "My Sanity", capaci per qualche momento di rievocare i brividi che la band ha suscitato sul finire degli anni 80.
I brani migliori sono però quelli più corti e battaglieri. Ovviamente il testo a mitraglietta di "Do The Paranoid Style" e il basso a profondità Clash di "End Of History, ma anche la divertente incursione hard-rock "Big Black Dog".

Contributi di Giorgio Moltisanti ("True North") e Michele Corrado ("Age Of Unreason")

Bad Religion

Discografia

Bad Religion (ep, Epitaph, 1981)

How Could Hell Be Any Worse? (ep, Epitaph, 1982)

6

Into The Unknown (Epitaph, 1983)

6

Suffer (Epitaph, 1988)

6

No Control (Epitaph, 1989)

8,5

Against The Grain (Epitaph/Atlantic 1990)

7,5

80-85 (anthology, Epitaph, 1991)

Generator (Epitaph, 1992)

Recipe For Hate (Atlantic, 1993)

Stranger Than Fiction (Atlantic, 1994)

All Ages (anthology, Epitaph, 1995)

The Gray Race (Atlantic 1996)

Tested (live, Atlantic, 1996)

No Substance (Atlantic, 1998)

The New America (Atlantic, 2000)

The Process Of Belief (Epitaph, 2002)

True North(Epitaph, 2013)
Age Of Unreason(Epitaph, 2019)
Pietra miliare
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