Una lunga chiacchierata in esclusiva con Jukka Reverberi, chitarrista dei Giardini di Mirò, all'indomani dell'uscita di "Dividing Opinions", l'album con cui la band emiliana saluta l'inizio del 2007.
"Dividing Opinions " mi sembra un disco diverso dai precedenti: già prima di ascoltarlo si ha la sensazione che la band sia decisamente più consapevole. Quasi foste un gruppo dalle forti tinte politiche (cosa che probabilmente siete, non in maniera diretta). La copertina e il titolo sono rivelatori di questa vostra disposizione. Come siete arrivati a questo "Dividing Opinions"? Intendo dire, con che tipo di attitudine vi siete ritrovati a vederlo crescere, con i giorni e i mesi?
"Dividing Opinions" è nato in modo nettamente differente al precedente "Punk... Not Diet". Direi che sono due album antitetici. Negli intenti e nell'attitudine. E di tutti e due questi album sono molto orgoglioso.
"Dividing Opinions" è un disco della maturità personale, dove l'aspetto "rockstar wannabe" è stato mandato a quel paese, riposto silenziosamente in una stanza che non usiamo abitare. Cosi questo è un album molto più pensato, ma allo stesso tempo libero. Se con il precedente disco si era arrivati alle canzoni in itinere per poi lavorare molto sull'aspetto della "presentabilità con occhio all'esterno", "Dividing Opinions" è un album che guarda molto alla vita interna della band, con un forte progetto legato alle canzoni. E' un album molto pensato nella sua libertà di espressione: per la prima volta abbiamo tolto la maschera dei titoli ironici e della giocosità, esprimendoci in modo chiaro e netto per quanto riguarda sentimenti e attitudine personale politica.
Se ci si limita a leggere i testi, i titoli e a guardare l'artwork, puoi solamente giungere alla conclusione che siamo una band con un interesse nei confronti della politica e di ciò che è la vita di tutti i giorni. Poi, se si volesse approfondire, potremmo passare appunto alle interviste o ad altri luoghi dove scopriresti che io sono marxista, mentre altri si definiscono in un qualche modo di sinistra; altri solo di sinistra all'amatriciana, qualcuno laico, ma interessato all'aspetto spirituale della vita. Tutto convive in questo gruppo. Ma in tour o in furgone spesso abbiamo parlato di questioni che non fossero solo il set up di quel gruppo o di dischi... Si è parlato molto di politca... confrontandoci... con opinioni differenti.
Forse l'intento maggiore di questo album era di apparire anche differenti dalle band "fun only" che negli ultimi anni hanno coltivato solo il disimpegno. Non mi frega nulla di questa tendenza, che non ha riguardato solo il pensiero politico, ma la loro attitudine tutta, anche nei confronti di... non so... l'amore, ad esempio, vissuto sempre come il fiorellino tra i capelli, o la lacrimuccia. Cazzate...
Noi amiamo, amiamo la politica e siamo critici per natura. Poi scriviamo canzonette pop come tanti altri, ma almeno il mondo attorno lo guardiamo... anche se da uno skateboard.
Le canzoni vere e proprie, solo abbozzate in "Punk... Not Diet", questa volta sono compiute, finite. "Cold Perfection" ed "Embers" sono un esempio lampante di questa ricerca di una forma pop, pur senza snaturare il vostro stile. Leggevo sul tuo blog che "ci si misura con il pop", in riferimento a Populous. Ecco, credo che quella frase si possa applicare anche al vostro "Dividing Opinions", disco nei confronti del quale si sono create grandi attese. questo "misurarsi con il pop" è una sfida che i GdM accettano di buon grado?
Sì sì. Hai ragione e ti rispondo che il pop è il terreno di scontro: ogni altro campo è buono, ottimo, indispensabile per la pratica o per diletto. Io lo faccio abbastanza spesso, così come altri della band. Coltivo la mia lateralità e marginalità con molta passione, ma poi voglio i Giardini di Mirò per potermi confrontare con la cosa che la maggioranza delle persone considera come prioritaria: la pop music. Allora il terreno su cui misurarsi è quello... parlo di misurare le proprie capacità, di vedere, rileggere e personalizzare la musica pop le conzoni con la melodia facile... Cerchiamo di farlo in modo non banale, alternando soluzioni compositive a melodie "sentite".
L'approccio alla canzone in "Punk... Not Diet" fu quasi casuale. Ovvero le canzoni erano già canzoni prima di aver l'aggiunta della voce... ma si completarono solo con essa... anche se in principio non era prevista. In "Dividing Opinions" è tutto funzionale e necessario fin quasi dal primo momento. C'era già un'intenzione di partenza che si avvicinava al risultato finale.
Diretti nel titolo, nella grafica, a vostro modo anche nelle canzoni di questo "Dividing Opinions", quindi. Questa necessità di affermare la vostra intima identità va, secondo me, di pari passo con le emozioni che la musica che componete comunica. Non parlo solo di questo disco, ovviamente, anche se ora pare non ci siano più tanti vincoli che un po' si percepivano nel passato. Le famose influenze di cui tutti hanno sempre parlato. L'amore per la musica, per i dischi della vostra vita etc. sono pur sempre motivi nobili per imbracciare una chitarra: si comincia per quello, in fondo. Mettiamo che vi guardiate indietro per un attimo. Quanto di questo spirito e di questa passione c'è ancora nel vostro approccio ora, dopo tre dischi, diversi Ep, prestigiose collaborazioni e uno status consolidato?
"Cambiare rimanendo se stessi": mi piacerebbe risponderti solamente così.
La scorsa domenica ho passato un pomeriggio guardando il Dvd relativo a tutte le fasi di maturazione registrazione - chi più ne ha più ne metta - di quel capolavoro chiamato "Neon Golden" dei Notwist, un disco che abbiamo tutti molto amato e che ci ha ispirato come pochi, anche se poi suoniamo molto differenti. Beh, insomma, in quel Dvd ci sono un sacco di cose che possono essere studiate addirittura, se si vuole comprendere come dovrebbe o potrebbe essere un buon approccio alla musica in studio. Non so, guardatelo... Questo per dirti - torno alla domanda - che ancora ascoltiamo e ci nutriamo avidamente dell'ispirazione degli altri, di idee di altri per farle diventare anche un po' nostre.
Ascoltiamo ancora troppa musica e difficilmente se mi dici questo pezzo ricorda i "my bloody rolling kraftwerk" io ti risponderò "Hey non li conosco... devo assolutamente scoprirli". Sarebbe disonesto. Una bugia fottuta. Noi ascoltiamo e collezioniamo ancora un sacco di musica. Per me è necessario rimanere aggiornati su cosa la gente ascolta, sulle nuove produzioni, sui nuovi modi di esporre la musica, farla girare, le comunità virtuali, gli strumenti utilizzati... Vanno a rispondere alle mie domande di curiosità, quindi se ne rimane assolutamente influenzati. Non sarò mai influenzato da un cross che diventa gol al 45'... Ma dalle musiche del mondo, sì.
Parlando più strettamente del lato musicale della questione, la presenza della tua voce e di quella di Corrado è, necessariamente, la novità che sin dai primissimi secondi si fa notare (anche se già su " North Atlantic Treaty Of Love " ti eri proposto come cantante). Com'è stato il primo approccio al microfono? Ragionare da vocalist quando in realtà non lo si è (quasi) mai stati vi ha creato problemi?
Ragionare da vocalist è un gran casino. Tutta ansia in più e meno spazio per suonare la chitarra. C'è da imparare a far le cose in modo diverso a trent'anni... da autodidatti. Insomma, non è una cosa così semplice. Poi l'eredità di Alessandro (Raina, ndr) è pesante. Insomma, su disco lui ha fatto grandi cose, e anche live, dopo i primi mesi di incertezza, si è fatto valere. Ci siamo ritrovati per un pezzo, ormai un anno fa... Io cantavo già un pezzo e mezzo: Alessandro è salito sul palco e wow... Ha cantato una canzone come mai prima. Lì ti vengono i dubbi. Ma le certezze sono più forti e va bene cosi.
Sai, mettersi in prima linea a me non è mai piaciuto e con i microfoni non ho un buon rapporto. Credo però nelle sorti proggressive dell'umanità... eheh ... e così pure nelle mie/nostre. Rimanere quintetto era un'esigenza per potere contare su un nucleo molto affiatato: in quel circolo chiuso abbiamo trovato motivazioni e coraggio per essere quello che siamo ora. Mi piace, in fin dei conti.
Sempre sul tuo blog ho potuto leggere di come ti sia ritrovato ad amare una vostra canzone, pur non essendo una tua abitudine quella di riascoltare i dischi dei Giardini di Mirò. La canzone in questione, la title track, a mio avviso rappresenta una perfetta istantanea del momento. Il vostro ritorno, l'essere di nuovo quintetto, l'approccio al canto. Un pezzo che pare una dichiarazione di intenti, come a dire "Questo è quello che vi aspetta se continuate". Ed effettivamente i primi tre pezzi sono i più "nuovi", quelli dove l'evoluzione è più evidente (assieme alla finale "Petit Treason"). Poi ci sono le collaborazioni che, paradossalmente, stanno sui brani più "classici". Come sono nate? A quali brani ti sei più affezionato in questi mesi di registrazione?
In verità, sono affezionato all'idea di album più che alla singola canzone. Perché è dietro l'album che c'è un lavoro collettivo e quindi la dimensione del gruppo che è ancora quella che mi spinge a fare musica con i miei amici. Solo se ascolto tutto l'album posso trovare un senso ai Giardini di Mirò. Le sigole canzoni parlano più dell'uno o dell'altro, ma se le metti assieme sono come pezzi di un puzzle che disegnano ancora un gruppo.
I momenti di registrazione sono stati vari e si sono susseguiti lungo l'arco di un anno, con pause in mezzo di mesi di totale inattività. "Cold Perfection" è un pezzo registrato esattamente un anno fa e giocoforza oggi mi piacciono più altri pezzi, sono maggiormente freschi alle mie orecchie. Ma, ripeto, l'album mi piace ancora così com'è nella sua totalità, ogni pezzo funziona perché inserito in un contesto... complesso. C'è un percorso che è quello che abbiamo affrontato noi negli anni da ascoltatori, da appassionati e da musicisti.
Le collaborazioni sono state come sempre mirate. Glen è il romantico che se ne frega del fatto che oggi esser romantici a Milano non possa esser figo: e ci piace per questo, la sua penna racconta cose come pochi altri. E' una persona profondamente vera, un appassionato di musica, di arte e di donne in modo non superficiale, un true lover... quindi "thumbs up" per lui.
Apparat è un esaltato, e lo dico utilizzando il termine in maniera positivissima. Apparat non è contenibile, a suo modo un genio nel suono. Ha una mano unica e brillante. E poi credo che sia uno dei pochi artisti elettronici capace di fare un live set dove il computer è davvero uno strumento usato dall'uomo e non il contrario. Quindi "thumbs up" anche per lui.
Il vostro "Rise And Fall Of Academic Drifting", per caso o meno, ha quasi dato il via alla "nascita" di quella che tutti si ostinano a chiamare "scena indie" italiana. Sono stati aperti locali, organizzate serate, i blog sull'argomento sono spuntati come funghi... La mia impressione è che quell'eccitazione si sia un po' dispersa. Come vedi la situazione musicale italiana in generale?
Voglio essere molto molto sincero, non mi interessa vendermi bene. Vedo la scena italiana disastrata e arida. Per elementi che hanno rischiato di portare allo sbandamento anche noi. E, detto fuori dai denti, il fatto è questo: o si mette l'aspetto economico alla fine, come ultima delle motivazioni per cui si fa una band (o un'etichetta, una webzine etc.), oppure si sparisce in un attimo (o si vive nella mediocrità artistica e culturale). Vedi, non dico che negli anni Novanta inizio 2000 fosse poi di gran lunga meglio, ma le cose in piccola parte erano quasi un poco giustificabili. Di dischi per pochi ancora se ne vendeva. C'erano dei soldi in più. Poi è cambiato anche il quadro sociale della nazione, o mi sbaglio? Le tecnologie e il consumo della musica in tutte le sue forme è cambiato, o mi sbaglio?
D'altro canto, sono nati mille blog in cui, in verità, quasi tutti giocano segretamente a diventare "i pensatori" o "quelli che danno le coordinate", si prendono sul serio alcuni articoli scritti ad esempio sulla situazione americana, che è assolutamente diversa dalla nostra, e si pensa che i blog in Italia possano diventare importanti momenti di promozione culturale, mentre nel nostro paese sono convinto - e credo di averne avuto la prova - non rimangono altro che semplici sfoghi per prudori personali. Non me ne voglia nessuno, anche io faccio la stessa cosa.
In sostanza, ti dico che quell'epoca era decisamente migliore. Tutti suonavano per l'eccitazione data dall'ultima grande scena indipendente, che fu quella del post-rock: una scena conosciuta tra gli appassionati e che, culturalmente, ha portato alla luce tanta musica anche del passato, ed era fondamentalmente indipendente. Le scene di oggi, quelle a cui si guarda, sono quelle che hanno portato al successo in un quarto d'ora i pur buoni Arcade Fire o gli imbarazzanti Clap Your Hands Say Yeah o Arctic Monkeys (che però sono quelli che apprezzo di più - non è vero - perché forse la giovane età ne garantisce un minimo di genuinità in più rispetto agli altri). Insomma, è un momento storico in cui si pensa al successo in modo ossessivo. A me di questa logica non frega un benemerito accidenti, quindi non rimpiango il passato, ma vorrei un presente più coscienzioso e un futuro in cui i "kids" si sbattessero per fare la loro cosa, al di là del gusto imperante, ma con un gusto per l'arte e la passione musicale.
A questo punto uno potrebbe rispondermi che noi suonammo strumentale a inizio carriera per seguire il successo di altre band come i Gremlins, e io mi metterei a ridere, accenderei una sigaretta e la getterei sulla benzina che circonda tutti e.... nulla. Non si accenderebbe nulla. Abbiamo il deserto culturale attorno.
(So che posso apparire presuntuoso in questa risposta, ok, corro il rischio. Meglio presuntuoso che vuoto)
Infine, so che non sei solito fare classifiche di fine anno... Però mi hai detto che siete divoratori di musica nuova e non, quindi... Ti va di salutarmi dicendomi quali sono stati gli ascolti più belli del tuo anno, nuovi e non? C'è qualcosa che ti ha particolarmente colpito?
Oh sì, ok Matteo, lo faccio. In verità, l'anno scorso mi sono rifiutato di fare playlist perché ero arrabbiato: per me il 2005 fu l' annus horribilis della musica, a parte un paio di gemme… ma dato che siamo fatti per contraddirci, ecco qua: Grizzly Bear - "Yellow House": ho atteso questo disco in modo spamodico... me lo aspettavo diverso, ma mi ha fatto letteralmente impazzire. Ricordo che la notte prima del Miami (se volete fare un corto posso vendervi il titoli e una storia) sono andato in giro in bicicletta per Cavriago con questo disco sull'ipod; è stata un'esperienza moolto rilassante... non c'era nessuno per strada e soprattutto nei campi.
Parenthetical Girls: la prima volta che ho ascoltato il gruppo li ho odiati e liquidati come checche inutili. Poi ho riascoltato ma anche no... e riascoltati ma nemmeno quella volta. Alla fine in vacanza a New York li ho visti ancora in pieno jet lag, quindi li ho rivoluti vedere. Li amo, sono un gruppo eccezionale: ho comprato tutti i loro dischi pure i cd-r di natale.
Xiu Xiu - "The Air Force": sono una istituzione del pop e dell'arte contemporanea. Non capire questo vuol dire che si è nettamente fuori strada.
Keith Fullerton Withman/Tim Hecker: uh, due dischi Kranky nel 2006, devo essere un nostalgico del cazzo oppure un noiosissimo coglione! Withman con "Multiplies" (del 2005) e "Lisbon" mi ha tenuto impegnato e accompagnato in alcuni viaggi molto significativi. Tim Hecker è l' emo-boy dei drone : mi sento come una ragazzina di fronte ai My Chemical Romance, quando lo ascolto... caldo caldo caldo, quasi da urlare. Ascoltate l'ultimo disco in mezzo alla nebbia...!
"El Perro Del Mar": un disco di canzoni pop, molto raffinate e velvettiane. Dolci dolcissimi, passerei volentieri una notte con la cantante a farmi raccontare di Godard, Truffaut, l'inverno svedese, l'arte nei loft di New York, il senso della vita... e poi me ne andrei a casa il mattino senza aver combinato nulla... sarebbe fantastico...
Junior Boys - "So This Is Goodbye": E' il mio lato posh . Sono due perdenti. Nelle loro canzoni c'è il silenzio glaciale: sono fredde, ma con passione. Poi, se li vedi dal vivo, capisci che non sono un bluff; fanno ballare, ma con delle canzoni, cosa che non succede molto spesso in ambito "dance non dance". Poi se voi volete ballare i White Stripes fate pure...
Birchville Cat Motel - "Our Love Will Destroy The World": beh, è una versione drone-hardcore di alcune allucinazioni dei Jesus And Mary Chain e dei My Bloody Valentine. Lui si dipinge come un ex metallaro avantgarde ed estatico... ma io lo vedo in maniera diversa. Non fatemene una colpa, ma quest'album brucia. Ho recuperato pure il suo "Chi Vampire" dove invece i droni si basano su violini conradiani e organi con altri suoni trovati. E' un lavoro imponente.
Antony: so che era di moda nel 2005, ma lì ho avuto tempo solo per comprarlo. Poi quest'anno in maggio ho conosciuto una ragazza che vedevo da parecchi anni qui a Reggio Emilia. Mi era sempre piaciuta, lei dice che ci salutavamo ma io non ricordo: penso ci conoscessimo di viso e basta... Vabbè, da maggio ci frequentiamo; lei vorrebbe farmi scappare da Cavriago per Reggio, ma dovrà sudarseli quei maledetti 10 km. Sarà una guerra lunga e intensa… Per ora ascoltiamo tutti e due gli album di Anthony, che sono splendidi. Dico, splendidi. Ripeto, splendidi. Ribadisco: splendidi.
Poi, insomma, c'è un mondo di musica là fuori... i New Order... come non ascoltare i New Order in modo ossessivo-compulsivo?
Nella prima metà dell'anno scorso ho riscoperto i Wilco, che sono giganteschi. Ma tanto! Non li avevo mai capiti, mai sentiti fino in fondo. Ora sì.