Il giardino di Eva
It was a stormy night
You know the kind when the lightning strikes
And I was hangin' out wit some of my "artsy friends"
ohh weeoon wee oooh
The night was long the night went on
Peep' was coolin' out until the break of dawn
Incense is burning so I'm feelin' right
Ah'ight
Ovvero: una polaroid musicata, l'istantanea di un'intensa serata spesa in compagnia di altri esseri umani mossi dallo stesso spirito gregario - una costante nel mondo dell'Arte sin dai tempi del vascello di Dante e del sottomarino giallo dei
Beatles. Ma questa non è solo una licenza poetica; abbiamo un luogo - l'America - e un momento storico - la metà degli anni 90 - e questi "amici artistoidi" sono i Soulquarians, un collettivo di musicisti che ha formato una solida rete attraverso la quale ci si confronta e si discute di temi sociali, spiritualità e filosofia. In questa formazione sciolta si aggirano Common e la
crew dei
Roots capitanata da Tariq e ?uestlove, oltre a
D'Angelo e il suo fidato bassista Pino Palladino, Talib Kweli,
Bilal,
Q Tip,
J Dilla e altri ancora - una pletora di voci e strumenti che si spingono oltre gli steccati di soul, jazz, hip-hop e
spoken word, al punto che il discografico Kedar Massenburg ha coniato per loro il termine di
neo-soul.
In mezzo a questo colorito (e un tantino disfunzionale) gruppo di individui trova posto anche la texana
Erica Abi Wright. Personalità al contempo placida e vivace, può starsene seduta in disparte per ore ad ascoltare gli altri, ma quando poi si mette al microfono l'occhio di bue pare seguire solo lei. Quello che colpisce è la naturalezza che accompagna ogni suo minimo gesto e il modo in cui la sua immagine e la sua musica si fondono in un individualismo immediatamente riconoscibile.
Certamente la ragazza buca lo schermo: lineamenti fieri ed eleganti come una Regina dell'antichità, tessuti colorati, monili scolpiti a mano e quel nome - Erykah Badu - riarrangiato in onore delle proprie radici africane (cosa già avanzata in quegli anni da un'altra importante voce del
neo-soul,
Me'Shell Ndegeocello). L'altra particolarità di Erykah si riscontra in un onnivoro amore per la musica e in una voce peculiare - un timbro ricco di inflessioni e sfumature che sorvola decenni di soul e jazz per adagiarsi su scarni terreni hip-hop e le consente di fare il pezzo anche con un minimo accompagnamento strumentale in sottofondo.
Pure la poetica dà chiaro indizio di un'inusitata maturità espressiva, cosa che la rende da subito un "personaggio"; la sua filosofia di vita si compone di un agglomerato di superstizioni della fede ed energie spirituali alternative, tenute però saldamente a terra dalla più pratica logica di un'attenta osservatrice della propria contemporaneità. Il fatto che il titolo del suo album di debutto suoni come una religione dedicata a sé stessa può sembrare arrogante, ma Erykah non è mai esterna alle dinamiche che interpreta: quello specchio che tiene alto di fronte all'essere umano per rifletterne ogni contraddizione è lo stesso nel quale lei stessa si rivede ogni mattina. Ciò che la distingue è la pacata saggezza con la quale trae le proprie conclusioni.
Chi vede in Erykah Badu un'erede di
Billie Holiday probabilmente può fare riferimento a certe modulazioni vocali e al modo in cui entrambe sanno affondare il coltello nelle viscere di una canzone senza lasciare molto all'immaginazione, ma in realtà le due donne non potrebbero essere più diverse. Se la Holiday è stata capace come nessun'altra di dare voce a un animo incrinato dalle ferite di una vita violentemente drammatica, Erykah, al contrario, sembra sempre in grado di elaborare all'istante le complessità che la vita le presenta e, con un pizzico di filosofia popolare, le rispiattella all'ascoltatore con l'inamovibile pazienza di una piramide sulle rive del Nilo.
L'osservazione sociale di "Drama", per esempio, è sostanzialmente universale e rilevante tanto negli anni dei moti sociali di Martin Luther King Jr. quanto nel nostro presente - un canto di irriducibile speranza nel futuro del genere umano anche quando attorno si respira solo aria viziata. E poi c'è la sempiterna "On & On", che porta sulle spalle tutta la saggezza tramandata da una lunga linea di donne forti e madri premurose, che hanno curato ed educato la popolazione afroamericana sin dai tempi della schiavitù. Erykah si muove fluida tra il jazz e l'r&b, impiegando la voce come uno strumento ancestrale e facendosi tutti i cori da sola, mentre, in sottofondo, un'ossatura di basso/batteria e le scarne decorazioni di tastiera sono quanto basta per creare la giusta atmosfera. Poco, insomma, eppure Erykah nasce già come una delle musiciste più interessanti della propria generazione.
Il giardino di AdamoE poi chiaramente ci sono l'amore e i rapporti con l'universo maschile, altro eterno grattacapo del genere umano che qui Erykah affronta da svariati punti di vista. C'è sicuramente un tono scherzoso nell'intermezzo "Afro (Freestyle Skit)", un'improvvisazione jazz con la band che cazzeggia in studio mentre lei interpreta il ruolo di una donna stranamente divertita dal tradimento del proprio uomo. Ben più amara, invece, la realizzazione di un amore che sta andando alle ortiche in "Sometimes", mentre gli smottamenti ritmico/corali di "Certainly" mettono in musica lo sforzo di autocontrollo che si fa quando ci si trova di fronte a una persona che è pericolosamente in grado di smuovere le nostre pulsioni più istintive. Amareggiata e preoccupata per la propria incolumità, ma mai disperata: Erykah è la sorella maggiore, la madre che conforta, colei tramite la quale è possibile capire che la vita andrà comunque avanti.
Tutt'altra pasta la diafana litania afro-centrica di "Next Lifetime", che si dipana su oltre sei liquidi minuti di ritmi sciolti e uno stuolo di cori e racconta delle esplicite
avance di un affascinante uomo verso un'Erykah già impegnata in una realazione:
I know I'm a lot of woman
But not enough to divide the pie
[...]
I guess I'll see you next lifetime
mette in chiaro lei con un serafico tono di rassegnazione, ma anche forte del proprio valore di donna che le consente di non cadere in fallo.
Al momento dell'uscita di "Baduizm", nel febbraio 1997, Erykah è già incinta del suo primo figlio con l'allora compagno
Andre 3000, e quello che viene dipinto su "Otherside Of The Game" è come una premonizione. Trattasi del ritratto di una giovane coppia alle prese con le dinamiche sociali e razziali dell'America di quei tempi; i due sono legati assieme da un forte amore e da un figlio appena nato, ma allo stesso tempo il futuro è incerto per via della "complessa occupazione" di lui. In un primo momento verrebbe anche da sorridere per l'audacia con cui lei a un certo punto se ne esce con un:
Because I tell him right
He thinks I'm wrong
ma non è tanto l'orgoglio a parlare, quanto l'istinto pratico di una madre che non vorrebbe rimanere sola. Esemplare l'accompagnamento musicale ridotto all'osso, ritmo lento e vibrazioni di basso e tastiera a fare da tappeto al saliscendi della linea vocale - un espediente che si mette in netto contrasto col tema, ma è complementare allo stato d'animo di un'autrice che sta maturando la dura consapevolezza di dover essere dipendente solo da sé stessa. Sarà uno dei principali
leit-motiv nella vita di Erykah, anche a costo di ricevere non poche critiche da parte della sua comunità; la relazione con Andre 3000 non durerà a lungo (famosissima "
Ms. Jackson" degli
Outkast dedicata alle complicazioni di tale rottura), e lei avrà altre due figlie da altri due uomini (i
rapper Jay Electronica e The D.O.C.) ma senza mai sposarsi.
Fin troppo calzante quindi la scelta di inserire la melodica "4 Leaf Clover" in scaletta, rifacimento di un vecchio pezzo soul anni Settanta di marca Atlantic Starr: un inno alla libertà individuale e al credere nel proprio istinto oltre l'influenza dell'amore altrui. Erykah la matriarca manda avanti la famiglia a modo suo, cura le proprie finanze e si giostra la carriera con un controllo quasi soprannaturale.
La quadratura del cerchioIn America "Baduizm" sale fino al n.2 della classifica generalista di Billboard e raggiunge la certificazione di triplo platino - numeri impressionanti per quello che, almeno nella forma, è più un disco jazz che altro.
A cementarne il successo verso la fine dello stesso anno viene pubblicato il "Live", una registrazione dal vivo che mette in mostra le fantastiche capacità vocali di Erykah e rende giustizia a tutti gli anni di gavetta che hanno preceduto il suo "improvviso" arrivo sul mercato - da brividi le impennate vocali su "Otherside Of The Game" e una "Next Lifetime" dipanata su oltre dodici minuti di durata.
Certamente "Baduizm" rimane un disco unico nel panorama, le sue trame scarne eppure solide come granito ne fanno un ascolto fuori dal tempo. Ma la sua esistenza non è solo un "caso"; partendo da questo stesso senso di spazio e libertà melodica, Erykah imprime una sonora sterzata stilistica con la più possente strumentazione rock-psichedelica del successivo "Mama's Gun", e il viaggio continua poi spedito in avanti fino al futurismo cosmico con inflessioni Sun Ra-iane dei due capitoli della "
New Amerykah" e - più recentemente - un
mixtape di stampo
trap-tronico ispirato da una canzone di
Drake. Col senno di poi, insomma, ci si rende conto che "Baduizm" è stato solo il primo tassello di un grande progetto che era già ben chiaro nella mente della sua autrice. Erykah Badu, donna dalla saggezza ancestrale e creatrice sicura della propria missione e del proprio posto nel mondo - detto con le sue stesse parole:
I don't walk around tryin to be what I'm not
I don't waste my time trying to get what you got
I work at pleasin' me cause I can't please you
And that's why I do what I do
14/07/2019