E’ una data significativa, quella concertata dal management di Francesco Bianconi per diffondere a sorpresa “Accade”: quattro giorni dall’edizione 2022 del Festival di Sanremo, kermesse musicale adattissima al suo songwriting. Potremmo interpretarla come una sorta di sfida, come un voler dimostrare che la migliore Italia canora si trovi qui fuori, e non fra le mura del Teatro Ariston. Album senza preavviso – dicevamo - pubblicato a ridosso di nuovi impegni discografici già annunciati, e poco più di un anno dopo “Forever”, seguito dall’appendice deluxe “Forever In Technicolor”: una bulimia creativa che lascia trasparire quanto il suo impegno extra-Baustelle sia tutt’altro che uno sfizio estemporaneo.
Un peccato, perché nonostante l’ottima fattura delle rispettive proposte soliste e i numerosi frangenti obiettivamente illuminati, Bianconi e Rachele Bastreghi quando incidono sotto lo stesso tetto risultano ben superiori alla somma di quanto riescono a produrre separati. “Accade” non fa che rafforzare questa sensazione: prendete ad esempio “I capolavori di Beethoven”, ripresa dal repertorio di Mario Venuti (che la incise assieme a Franco Battiato), e ditemi se tutto questo non lo avete già ascoltato, ma con una densità emotiva ben superiore, nel monumentale “Fantasma”. Una cover, come il resto della scaletta di “Accade”, nella quale Bianconi lascia entrare in punta di piedi anche tre composizioni da lui "regalate" in passato a Irene Grandi, che trasformò in grandi hit “La cometa di Halley” e “Bruci la città”, e Paola Turci, che interpretò una versione molto più ritmata di “Io sono”.
I restyling studiati da Francesco vengono spogliati di tutto: nessuna chitarra, niente batteria, zero beat, per un disco di raffinato chamber-pop d’autore incentrato su voce, pianoforte e orchestra. Un lavoro compatto, un Bianconi confidenziale, bravo nell’individuare canzoni nelle quali immergersi a tal punto da farle apparire proprie. Le indossa a volte imitando le linee vocali degli originali, come succede per la rivisitazione de “L’odore delle rose” dei Diaframma di Federico Fiumani. Oppure si sostituisce al punto di vista femminile, come in “Domani è un altro giorno”, portata al successo da Ornella Vanoni nel 1971, a sua volta trasposizione in italiano di “The Wonders You Perform”, scritta l’anno precedente da Jerry Chesnut per Tammy Wynette. Altri rispettosi omaggi sono indirizzati a Francesco Guccini (“Ti ricordi quei giorni”) e alla coppia Ennio Morricone/Luciano Salce, che nel 1962 modellarono per Luigi Tenco “Quello che conta”.
Due gli ospiti: Baby K, nella già diffusa “Playa”, e l’amico Lucio Corsi, che dona slancio alle prime strofe di “Michel” di Claudio Lolli. Cantautorato colto, denso di storie e significati, svincolato dalle banalità di troppa trap e it-pop, un'opera "nuda", tenuta assieme da un Bianconi che sta realizzando il sogno primigenio di essere considerato il De André della Generazione X (o Z, se a leggere sono i nativi digitali). Magari il suo “citazionismo a tutti i costi” inizia un tantino a mostrare la corda, ma a Francesco va riconosciuto il fatto di essere uno dei pochissimi musicisti della propria epoca ad aver dato vita a un sotto-genere avente vita propria: il baustellismo. Molte band hanno provato negli anni a mettersi in scia, quasi sempre tramontate anzitempo; Francesco è ancora là, oramai maturo per assicurarsi un posto accanto ai migliori di sempre.
05/02/2022