Il passaggio dal folgorante esordio con i Commotions al ruolo di anima vagante in cerca di un'identità artistica definita non è stato agevole né redditizio per Lloyd Cole. La scelta di restare ancorato a un immaginario da songwriter romantico e sensibile ha relegato il musicista britannico al ruolo di atipico cult-artist, trascurato dal pubblico anche quando con "Music In A Foreign Language" riagguantò la giusta dose d'ispirazione per un meritato ritorno in scena.
Dopo un decennio di strane e insolite realizzazioni discografiche in bilico tra passato elettro-acustico ("Acoustic Session 2012" e "Standards") e tentazioni elettroniche ("1D Electronics 2012-2014"), Lloyd Cole ha compiuto l'ennesima scelta stilistica non del tutto vincente, con l'elegante "Guesswork" ha esplicitamente staccato la spina con il passato, abbracciando la passione per la sperimentazione elettronica e il modern classical (ha collaborato anche con Hans-Joachim Roedelius in "Selected Studies Vol 1"), infine sposandone le suggestioni senza rinunciare al ruolo di cantautore.
Quella che poteva sembrare una semplice infatuazione senile, o l'escamotage per restare a galla in un periodo non certo facile per i musicisti, è invece la nuova identità di Lloyd Cole. Prendere o lasciare! "On Pain" è un'altra dolente raccolta di canzoni, questa volta adagiate su strati di sonorità di synth, abilmente stemperate dall'apporto di due vecchi compagni d'avventura (gli ex-Commotions Blair Cowan e Neil Clark) e da nuove, preziose conoscenze coltivate dopo il trasferimento in America, Dave Derby (Gramercy Arms) e Joan Wasser, mentre la produzione di Chris Merrick Hughes garantisce il giusto equilibrio tra scenari sonori e residui cantautorali.
La potenza disarmante di "On Pain" è racchiusa negli abbondanti quattro minuti di "This Can't Be Happening": non solo la voce di Lloyd Cole è filtrata dal vocoder ma il testo è condensato in sole tre righe: "Non puoi crederci/ Non può essere possibile/ Ma sta succedendo adesso". Una sintesi perfetta della colta evoluzione del crooner del Derbyshire. Dietro le quinte, si avverte una certa dedizione per un musicista che sembrava lontano dal mondo jangle-pop di Lloyd Cole, ovvero David Bowie, citato a spron battuto nell'eccellente "The Idiot" (notare il titolo, please) con particolare riferimento al periodo berlinese del Duca Bianco ("Ci trasferiremo a Berlino/ Smetteremo di essere tossicodipendenti/ Pedaleremo e nuoteremo").
Se "Guesswork" ha avuto il merito di introdurre Cole presso un nuovo pubblico, "On Pain" scuote l'ascoltatore senza inutili stratagemmi. Anche la ruvida "Warm By The Fire" resta asservita a questo nuovo linguaggio sonoro, perfettamente incastonata tra la romantica e seducente title track e l'apocalittica digressione elettro-pop di "I Can Hear Everything".
Non saranno pochi i fan che accuseranno il musicista inglese di aver tradito le geniali intuizioni jangle-pop degli esordi, ma a essere onesti queste otto canzoni rappresentano la giusta evoluzione di un cantautore che ha deciso di crescere e di assecondare la propria attitudine artistica. Un brano come "You Are Here Now", con le sue tribolazioni elettroniche, rock e perfino ambient-minimal, è il giusto anello di congiunzione tra il presente e il sottovalutato ultimo capitolo con i Commotions "Mainstream" (album guarda caso prodotto da Chris Hughes), e nonostante la veste elettronica "More Of What You Are" ha tutte le coordinate armoniche per essere una lost track del passato.
I sette minuti e trentatré secondi dell'ultima traccia "Wolves" sciolgono alfine qualsiasi dubbio: elaborata e concepita con una stratificazione di synth dall'ingannevole incedere ritmico, la canzone è una fantasiosa divagazione tra dream-pop e suggestioni da futuristico field recording, in cui echi kraut e timbriche alla Brian Eno si intrecciano, dando origine a un groove ipnotico e ricco di potenziali sviluppi creativi (non a caso, è stato progettato un set di remix che ha già coinvolto Barry Burns dei Mogwai, Martyn Ware e Chris Hughes).
"On Pain" è un disco temerario, senz'altro indigesto per i vecchi fan, ma la cosa buffa è che mai come in questo caso Lloyd Cole è riuscito a cogliere lo spirito avventuroso e innovativo di quell'era che gli regalò fama e successo, e anche se questo nuovo album non ha alcun elemento per essere salutato come un capolavoro fondamentale, ha dalla sua una serie di intuizioni e di innovazioni narrative che difficilmente scorgerete in molta produzione contemporanea.
03/09/2023