Dane Donohue

L.A. Rainbow

2024 (P-VINE)
yacht rock, aor

Statistiche, classifiche, retromanie: il dialogo tra gli appassionati di musica è sempre più ricco di aneddoti, ricordi, citazioni e curiosità estratte dal passato, argomenti che finalmente possono essere affrontati senza il timore di essere definito antiquati.
In un’era dove passato e presente sono un unico percorso artistico, c’è spazio per generi musicali e artisti finora considerati marginali, spesso erroneamente, un effetto boomerang (da boomer), che confonde percezioni e giudizi e rischia di depistare l’ascoltatore. Dopo 46 anni d’assenza e di oblio critico, ritrovare il nome di Dane Donohue su un compact disc (sì, non esiste alcuna edizione in vinile) è quantomeno spiazzante.

Autore di un esordio diventato un vero e proprio cult-album, sia per la presenza di musicisti importanti (Eagles, Stevie Nicks, J D.Souther, Toto, Larry Carlton, Steve Gadd e il produttore John Boylan, fratello di Terence) che per l’elegante fusione di West Coast, country e jazz-pop alla Steely Dan, Donohue è rimasto per anni fuori da qualsiasi pubblicazione discografica che non fosse un’antologia: l’ultima una gustosa raccolta delle tante collaborazioni di Steve Lukather intitolata “Session Works”.
Come un fulmine a ciel sereno “L.A. Rainbow” si è materializzato ridestando ardori e piaceri mai sopiti, con un rimando a una delle pagine musicali più controverse e osteggiate. Con coerenza e ostinazione Dane Donohue resta fedele alle direttive dello yacht rock, genere ritornato agli onori della cronaca e molto gettonato anche su Spotify, dove il cantautore è presente nella classifica dei più ascoltati con ben tre canzoni tratte dal suo esordio del 1978.
L’album è stato pubblicato solo in Giappone attraverso un’etichetta associata alla Sony/Legacy, la P-VINE, ed è un’eccellente raccolta di brani in perfetto stile west coast/soft rock.

Inutile sottolineare che “L.A.Rainbow” è un disco destinato a un pubblico ben definito, fan del rock e del post-punk si astengano da qualsiasi contatto con queste nuove nove canzoni del musicista americano. Le coordinate sono quelle dettate dagli Steely Dan di “Aja”, dai Toto, da Christopher Cross, da Terence Boylan e dalla scena Aor degli anni 80 e 90. La produzione di John H. Nixon è perfetta, le sonorità sono raffinate, eleganti e moderne quanto basta. La voce di Dane Donohue è limpida, cristallina, forse meno vellutata e notturna di come la ricordavamo.
La qualità delle composizioni è costante, con almeno un trittico di alto livello, in primis la vibrante “High Life Dream”- che dopo un'introduzione orchestrale rinverdisce i fasti dei Doobie Brothers era “Minute By Minute” e di piacevoli meteore come Robbie Dupree. Ancora più interessante la corposa title track, che beneficia di un ottimo assolo chitarristico, ma è soprattutto la ballata finale “Sunrise On The Water” uno dei punti di forza dell’album, un brano che senza svenevolezze romantiche pesca con eleganza nella migliore tradizione soul-jazz rievocando le pagine migliori di Bobby Caldwell.

E’ un autentico viaggio nel tempo, “L.A. Rainbow”. Tutto è perfettamente messo a punto per soddisfare anche il più esigente dei fan del genere. Dane ruba il groove a “The Nightfly” per “Lonely Day In Paradise”, pesca echi West Coast in stile Fm per l’ottima “Chinatown”, si confronta con il country più romantico in “Fair Enough” e gigioneggia con classe nella ballata jazz “Let It Go”.
Impresa comunque non facile, quella dell'artista americano: lo yacht rock è uno stile ricco di insidie e trabocchetti, ma il tempo non sembra essere passato per lui. "L.A. Rainbow" per i fan del genere è l’equivalente dell’ultimo album dei Cure: un disco da celebrare a dispetto di qualsiasi riscontro critico, ma la buona notizia è che non è solo l’effetto nostalgia il vero punto di forza di questo inatteso ritorno.

09/01/2025

Tracklist

  1. High Life Dream
  2. Lonely Day In Paradise
  3. Going Down
  4. Chinatown
  5. Fair Enough
  6. LA Rainbow
  7. Own This Heartache
  8. Let It Go
  9. Sunrise On The Water


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