Scena numero 1: La notizia
Sono quasi le 16 di martedì 31 dicembre 2024. Fervono i preparativi per il veglione di Capodanno quando sento il suono di una notifica giungere dal cellulare. Dall'anteprima noto che si tratta di un'e-mail inviata da un ufficio stampa. Sbircio l'anteprima: non sembra trattarsi di un messaggio di auguri. Inizia così: "È con grande dolore che la famiglia, gli amici e i collaboratori comunicano la prematura scomparsa di Paolo Benvegnù". Uno shock. Resto immobilizzato per qualche minuto, poi la prima reazione, d'istinto, è quella di inoltrare la notizia agli amici che hanno condiviso con me nel tempo qualcosa di Paolo: un concerto, una chiacchierata su di lui, l'ascolto di una sua canzone.
Mi imbatto in sgomento, incredulità, tristezza, rabbia, le stesse, identiche sensazioni che sto provando anche io. Cerco nervosamente sul web conferma della notizia. Non sono lucido, spero si tratti di un fake. Trovo invece il lancio della news da parte di alcune testate giornalistiche, il Corriere della Sera è fra le prime, una testata generalista, che titola, più o meno: "Ci lascia improvvisamente il cantautore Paolo Benvegnù. Aveva 59 anni".
Scena numero 2: Il ricordo
Trascorre una mezz'oretta, messaggi fra amici, potrei mettermi alla ricerca di una delle tante foto scattate con lui, ne ho diverse che si sono accumulate nel tempo. Ci incontravamo magari ogni quattro o cinque anni, in occasione di uno dei suoi spettacoli. Lui mi scorgeva, mi veniva incontro, mi salutava chiamandomi per nome, ogni volta con mia gran sorpresa: perché mai - mi chiedevo - avrebbe dovuto ricordarsi di me, con tutte le persone che incontra ogni giorno? Ci abbracciavamo forte per diversi secondi. Per me ogni volta era come riabbracciare quel fratello maggiore che non ho mai avuto. Non ricordo in quale circostanza ci conoscemmo, quasi certamente nella seconda metà degli anni Novanta, in epoca Scisma. Quando muore un Lennon, un Lanegan, un Cornell, il dolore è enorme, ma quando si perde un artista così grande, che conoscevi personalmente, è ancor più devastante. Ripenso alle volte che l'ho visto suonare dal vivo. In particolare me ne tornano in mente tre, completamente diverse. Al Circolo degli Artisti di Roma, settembre 2010, il tour che fece seguito alla pubblicazione del live "Dissolution", quando all'attivo come solista aveva appena due album e qualche Ep. Uno spettacolo vibrante, molto "rock", chiuso da una dissacrante cover di "Alejandro", la hit di Lady Gaga, proposta per sbeffeggiare la plasticosità di certo mainstream pop.
Un'altra volta lo ricordo in acustico a Latina, Sottoscala Nove, uno spettacolo intimo, all'aperto, era estate, alla fine si fermò a chiacchierare amabilmente con tutti, con i suoi modi eleganti e cortesi. E lo ricordo appena prima della pandemia, 2018, a Cori, dentro una chiesa, a riempire di bellezza un luogo sacro. A fine set tornò a raccontarmi della difficoltà di vivere della propria arte, e della felicità di poter vivere - pur con tutte le difficoltà - della propria arte. Era un signore: non mi rimproverò mai per aver inciso con la mia band dell'epoca (grazie Marco per averci coinvolti) la cover un po' troppo irrispettosa di un vecchio pezzo degli Scisma per un album tributo. O forse aveva apprezzato il coraggio e la personalità con la quale non ci vergognammo di affrontare la situazione? Ormai non potrò mai più scoprirlo. Alla fine, mentre pensavo tutto questo, la foto non l'ho più cercata. Ho optato per un post su Facebook, semplicissimo, con su scritto: "Ciao Paolo, ti ho voluto un mondo di bene". Un post sui social in questi casi è un omaggio doveroso se hai profondamente amato il personaggio.
Scena numero 3: Il riconoscimento
Sul social più utilizzato dalla mia generazione, nel giro di poche ore c'è soltanto Paolo, una presenza totalizzante, quella che purtroppo in vita non ha mai potuto nemmeno sognare. Fan, molti semplici ascoltatori occasionali, ma a colpirmi sono gli interventi toccanti e sentiti di tanti addetti ai lavori, a conferma di quanto fosse apprezzato Benvegnù nel circuito musicale, non soltanto come cantante, musicista e compositore, ma anche come persona, per le indiscutibili doti caratteriali. Provate a chiedere a un Cristiano Godano, a un Cesare Basile, a un Umberto Palazzo, a un Roberto Dell'Era, tutti più o meno coetanei, quali colleghi stimano e apprezzano di più. State pur certi che Paolo sarebbe citato da tutti, spesso per primo. Con gli Scisma negli anni Novanta si ritagliò una certa visibilità, formazione che rimase però in seconda linea rispetto ai giganti degli anni d'oro dell'alternative italiano. La carriera solista è stata caratterizzata da un disco bellissimo dopo l'altro e, sebbene dopo "Piccoli fragilissimi film" il suo fosse indicato come uno dei live da non perdere, il successo, quello vero, quello che va oltre la nicchia, quello che va oltre il mero regime di sussistenza, non arrivò mai. Nonostante la qualità della sua musica, nonostante una sensibilità parecchio al di sopra della media, nonostante fosse una persona mai banale, un poeta dei nostri tempi. E gentile, sì, gentile: questo è l'aggettivo che più spesso mi è capitato di leggere sul suo conto in queste ore.
Il 2024 è stato l'anno nel quale, finalmente, dopo aver collezionato ben otto candidature, un suo disco, "È inutile parlare d'amore", è stato insignito della Targa Tenco come "Miglior Album" dell'anno: era ora. E si è aggiudicato anche un prezioso secondo posto nella categoria "Miglior Canzone" grazie a "L'oceano", un duetto con Dario Brunori. Paolo viene così riconosciuto come figura di vertice della scena cantautorale italiana. Sempre nel 2024, per festeggiare il ventennale di uno dei suoi album più acclamati, "Piccoli fragilissimi film", ne è stata pubblicata una nuova versione, denominata "Reloaded", nella quale una lunga lista di colleghi importanti si è prestata a collaborare per dar vita a un progetto collettivo, condiviso con l'autore, un omaggio nei confronti di un artista da anni fonte di ispirazione e faro guida per molti di loro, finalmente riferimento assoluto della canzone italiana d'autore.
Scena numero 4: Piccoli fragilissimi film
Tutte le undici canzoni di "Piccoli fragilissimi film" sono state interamente ri-registrate, e in alcuni casi riarrangiate. Non mi permetto di dire che le nuove versioni superino gli originali, ai quali siamo tutti fortemente legati, ma alcuni contributi sono senz'altro degni di nota, anche se è difficile non fare un ottimo lavoro quando il materiale di partenza è di cotanta qualità. L'apertura affidata a "Il mare verticale", una delle canzoni più belle mai composte da Paolo, è da restare senza parole, nobilitata dalla presenza di Paolo Fresu ed Ermal Meta. Altrettanto buono il lavoro di re-working svolto su "Cerchi nell'acqua", che diviene un duetto con Tosca, così come è da segnalare la sferzata guitar rock dei Fast Animals And Slow Kids, perfettamente a proprio agio su "Suggestionabili", e la presenza di Motta in una versione dai connotati psichedelici di "Brucio", prolungata di ulteriori due minuti. Nell'elenco dei featuring sono presenti anche Malika Ayane, Giovanni Truppi, Piero Pelù, La Rappresentante di Lista, Appino, Dente e Lamante.
Oltre all'edizione in vinile, per "Piccoli fragilissimi film - Reloaded" è stato pensato anche un box-set celebrativo autografato, a tiratura limitata: contiene un doppio Lp, quattro tavole formato 30x30 con fotografie e poesie inedite, una musicassetta con brani finora mai pubblicati, due spillette da collezione. Su Spotify alla tracklist base sono state aggiunte quattro bonus track: la versione strumentale di "Catherine", più ulteriori tre tracce condivise con Giulio Casale, Irene Grandi e Max Collini.
Scena numero 5: Amatevi ora
Non c'ero al Monk di Roma a vederlo suonare lo scorso 23 novembre: ci sarebbero state presto altre occasioni - pensai - per salutare il Maestro. Stavamo pianificando anche un'intervista per OndaRock, sapevo quanto ci tenesse, visto che l'ultima presente in archivio risale ormai al 2011. Non sarà più possibile realizzarla, e la cosa mi fa dannatamente male. Posso darvi un consiglio conclusivo? Andate a vedere più concerti, e alla fine - ogni volta che potete - fermatevi a salutare gli artisti, cercate di trascorrere del tempo con loro, con le persone che vi fanno stare bene, scambiate opinioni, stringetegli la mano, ringraziateli, abbracciateli, sì, abbracciateli tanto.
Pensateci un attimo: con alcuni dei vostri musicisti preferiti trascorrete idealmente più tempo rispetto a molti dei vostri migliori amici. Gli artisti questo non lo sanno, ma voi sì. Nelle loro canzoni trovate spesso dei consigli, e sanno esprimere le vostre emozioni in una maniera, beh, come voi non riuscireste mai. È una magia, un prodigio, che purtroppo, a volte, si interrompe. Anche se la musica dei nostri artisti preferiti resterà, per sempre.
02/01/2025