Era chiaro sin dal primo "Bright Green Field" (Warp, 2021) che tra tutti i nomi caldi della nuova ondata post-punk inglese gli Squid fossero quello destinato alle traiettorie più imperscrutabili. E così, pur sorprendendo per la maggior rotondità delle canzoni, che il successivo "O Monolith" (Warp, 2023) fosse un disco decisamente diverso dal suo predecessore non fu un fatto inaspettato.
Pur fedele al canone della band di Brighton, fatto di poliritmi, scatti post-punk e inserti elettronici di casa Warp, anche questo terzo "Cowards" disorienta per l'imprevedibilità dei brani, si parli dei più concisi quanto dei più lunghi, tutti capaci di portare l'ascoltatore dove meno si aspetta.
La traccia d'apertura, "Crispy Skin", mette subito in chiaro il concetto di cui sopra. L'introduzione al ritmo di un math rock elettronico dall'andazzo quasi circense, il basso scoppiettante a sostenere le strofe, le chitarre via via più croccanti e, infine, un finale in ascesa arricchito da pianoforte e ottoni mettono insieme un quadro addirittura progressive. Insomma, i codardi del titolo non sono loro.
Le invenzioni vengono tenute relativamente più a bada nella successiva "Building 650", nella quale il cantato di Ollie Judge fa irruzione carico di isteria radioheadiana. Anche qui, però, dove ci si aspetterebbe un roboante riff di chitarra, il quintetto opta per una ben più drammatica sezione d'archi. Anche quando la canzone di protesta "Blood On The Boulders" cresce d'intensità e imbocca un dissonante crescendo post-punk, i riferimenti non sono quelli più in voga nella corrente e a venire in mente sono, invece, i tribalismi funk del Pop Group.
Le due fasi di "Fieldworks" arenano il disco in un centro atmosferico, costruito con attenzione su intrecci di arpeggi e archi stridenti, al quale manca però qualcosa che le renda realmente interessanti, quei dettagli insomma che non latitano in nessun altro episodio della rassegna. Poco male, data la potenza di fuoco di quanto segue.
Tra chitarrine tintinnanti, turbine elettroniche e coretti, "Cro-Magnon Man" ci porta dritti al crocevia acidissimo tra LCD Soundsystem e Viagra Boys. Non fossero comunque due brani puramente Squid, le successive "Cowards" e "Showtime" sembrano quasi dei guanti di sfida a due band compagne di scena. La title track fa coesistere malinconia e aromi boemi con una costruzione e una visione d’insieme che i Black Country, New Road possono solo appuntare; mentre la seconda è un deliquio cangiante di alt rock e scatti dance con una produzione dalla precisione rara (in cabina di regia ci sono il solito Dan Carey e la nostra Marta Salogni) da far impallidire i tentativi groovy dei recenti Fontaines Dc.
Senza lo stallo di succitata parte centrale, staremmo parlando del miglior disco della formazione - che per ora rimane "O Monolith". Tuttavia, le invenzioni continue, un'interpretazione cinica ma mai priva di speranza del presente e l'incapacità di fissare un argine alle proprie ispirazioni ci indicano che il meglio degli gli Squid deve ancora venire.
13/02/2025