Crayola Lectern

Crayola Lectern

L'anello mancante tra psych-pop e Canterbury

La storia del musicista britannico che con soli due Lp è riuscito a coniugare il pop-psichedelico al sound di Canterbury, aggiornando un intero mondo musicale alla sua personalità bizzarra e camaleontica

di Valerio D'Onofrio

* Articolo pubblicato nel libro "La musica che resiste"

Non si sa bene chi si nasconda dietro il nome Crayola Lectern, dovrebbe essere un certo Chris Anderson, ma in verità di lui si sa poco o nulla. Una carriera sostanzialmente in sordina, con qualche collaborazione che svela poco in questo alone di mistero. Quello che è certo è che se c’è stato un musicista capace di reinventare e far rivivere i fasti di Canterbury, in particolare quelli del Re di quella scena, Robert Wyatt, quello è sicuramente questo misconosciuto musicista britannico. Ma questo non basta a descriverlo, in quanto Lectern non è affatto un semplice epigono di una scena musicale come mille altri musicisti accostabili a Canterbury, ma ne è un geniale rivisitatore, capace di aggiornare un intero mondo musicale alla sua personalità bizzarra e camaleontica.

 

Due album ispiratissimi, tra i migliori in assoluto del decennio, capaci di ispirarsi al jazz orchestrale degli anni Venti, alla psichedelia, al jazz, rivedendo il formato canzone classico, proponendo semplici melodie in scenari davvero alieni. La cosa più sorprendente è come l’autore riesca a conciliare influenze tanto varie in canzoni di pochi minuti, che, pur nella loro brevità, riescono a contenere una quantità sorprendente di idee bizzarre e originali. Una cosa simile a quanto fecero Syd Barrett o Robyn Hitchcock con la psichedelia. Non è un caso se tra i collaboratori di Crayola Lectern figurino tre membri dei Cardiacs - Jon Poole (tastiere), Bob Leith (batteria) e Christian "Bic" Hayes (chitarra) - capaci di far aggiungere il perfetto equilibrio di mix stralunato di pop psichedelico e progressive rock.

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The Fall And Rise Of... (2013) è uno strabiliante mix ironico/onirico che spazia dai Soft Machine al canto di Robert Wyatt, dall’ironia dandy di Kevin Ayers alle fiabe di Daevid Allen. L’iniziale “Ultrasonicmetaglide” con la sua melodia pianistica ne è un esempio lampante, come l’ironia disarmante di “I Forgot My Big Idea” o l’intro giocosa di piano di “Wholetoner”, che coniuga minimalismo e musica infantile.
Capolavoro di poesia e semplicità è la piccola perla “Slow Down", appena quattro minuti in cui sembra che uno stralunato Syd Barrett abbia abbandonato la chitarra per un pianoforte. Non mancano semplici melodie pop (“I Will Never Hurt”) che trasportate in mondi sonori decisamente differenti assumono ben altro interesse.
Il capolavoro è l'incredibile cavalcata di “Trip In D”, che in dieci minuti cita Terry Riley, il rock psichedelico, Canterbury, la musica jazz e chissà quanto altro. Ma tutto il disco è un tesoro da scoprire e lascio ai lettori il piacere di farlo. Dopo un esordio così ci vogliono ben cinque anni per rivedere il geniale Lectern all’opera. Il ritorno forse riesce persino a superare l’esordio.

crayola_lecternHappy Endings (2018) potrebbe giganteggiare anche nella discografia canterburiana delle origini. Persiste quella sua bizzarra vena ironica e allo stesso colta che riscopre il jazz anni Venti, dal ragtime allo swing (“Barbara’s Persecution Complex”) e ci regala synth prog esenti da ogni eccesso di virtuosismo, un canto sempre più malinconico e un tragico finale sinfonico.
L'album si apre come uno scrigno delle meraviglie con la fuga indimenticabile di “Rescue Mission”, ma dallo scrigno usciranno altre sorprese. Impossibile ascoltare la piccola perla di tre minuti di “Submarine” e non rimanere incantati da tanta poesia, figlia della genialità di Robert Wyatt. La musica di Crayola Lectern si fa sempre più stravagante, ironica e per certi versi disincantata, un disincanto che diventa un antidoto contro la banalità e la superficialità.
Quelle che inizialmente possono apparire come semplici melodie si trasformano velocemente in composizioni complesse e arzigogolate ("Lux") che confermano una fantasia fuori dal comune. Piano e chitarra acustica si compenetrano mirabilmente in “(Don’t) Let Go”. Un lavoro così pieno di spunti si chiude con un pop psichedelico tra i Beatles e i Byrds: la melodia incantata di “(No More) Happy Endings”, quasi un inno malinconico e spensierato a un futuro in cui non si può più intravedere alcun finale positivo, ironico e infantile come un pensiero fugace di un bambino, proprio per questo più autentico e sincero.

Crayola Lectern

Discografia

The Fall And Rise Of...(Dragonheart Records, 1997)

8

Happy Endings (Onomatopoeia Records, 2018)

8,5

Pietra miliare
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