L’Eurovision Song Contest è una manifestazione musicale ispirata al Festival di Sanremo (ebbene sì) che si svolge in un contesto di spensieratezza, goliardia e armonia tra i vari paesi.
Nessuno si aspetta di ascoltare buona musica, basti pensare che i brani in gara non possono, per regolamento, superare i tre minuti, ma di divertirsi gustando un po’ di sano trash, tra lustrini, costumi improbabili e giochi pirotecnici.
Quest’anno l’evento si è tenuto a Rotterdam, nei Paesi Bassi, e ha visto trionfare gli italiani Måneskin.
Il racconto della finale
Come ogni anno, sul palco s’è visto un po’ di tutto: dalle epigoni di Britney Spears, Lady Gaga e Destiny’s Child (Moldavia, Cipro e Serbia), alle solite canzoni eurodance trainate dal drop tamarro e possibilmente arabeggiante (Azerbaijan, San Marino, Albania), la quota gen Z (Bulgaria, Israele), le trashate sbarazzine (Germania) e le ballate strappalacrime (Norvegia). I belgi Hooverphonic ci ricordano che all’Eurovision la partecipazione è aperta persino a chi sa cantare, ma il brano è laconico e privo di mordente.
La Finlandia ha poi pensato a chi, come me, era adolescente nei primi anni 2000: i Blind Channel, con la loro “Dark Side” e un temperamento sfacciatamente edgy, resuscitano il nu metal. Che forse era meglio lasciar riposare nei ricordi d’adolescenza.
Di “Shum”, brano presentato dall’Ucraina, esistono due versioni: la prima, dal ritmo più incalzante, su base techno, di cui è possibile trovare il videoclip ufficiale su YouTube, cita Chernobyl nel 35° anniversario dell’incidente alla centrale nucleare, con tanto di tute bianche anti-radiazioni, e quella presentata all’Eurofestival, che prende le mosse dalle vesjanky, i balli di primavera dell’Ucraina rurale.
“Shum” è il brano più atipico di questa edizione, premiatissimo dal televoto, nonché il più votato in Italia (anche da chi sta scrivendo) e avrebbe senz’altro meritato più del quinto posto. L’interpretazione in lingua madre di Madonna Canapa, circondata da ballerini-contadini, ha reso giustizia a un pezzo che sta riscuotendo il meritato successo al di fuori della competizione.
Bene anche la Lituania che, con un brano disco e un’interpretazione dinamica e beffarda in pieno stile Eurovision, porta a casa il miglior risultato dal 2006 (ottava posizione). Tanto di cappello anche alla Russia che, con un rap ardimentoso in grado di mescolare sonorità prese in prestito dal crossover anni 80/90 e sonorità tradizionali, esorta le donne russe a un riscatto autodeterministico e consapevole (nona posizione). Non è passato inosservato neanche l’uomo gigante dell’Islanda: la sua “10 Years” è una delle canzoni più amate e più ballate di questa edizione, non a caso su YouTube è possibile trovare il tutorial della coreografia, spiegata passo per passo dallo stesso Daði Freyr.
In terza posizione il Sam Smith svizzero che, nonostante un brano del tutto inadatto alla competizione, ha saputo tenere incollati gli spettatori grazie alle sue doti vocali e capacità interpretative.
La volontà da parte delle giurie di portare la Francia alla vittoria è stata sin da subito piuttosto evidente, ma la verità è che questa Edith Piaf in salsa pop è piaciuta anche al pubblico, nonostante la canzone funzioni meglio su disco che dal vivo. “Voilà” ha infatti stravinto al televoto in Belgio, Paesi Bassi, Portogallo e Spagna e sta continuando a riscuotere consensi.
Vincitori senza coppa
L’Italia è uno dei cosiddetti “Big Five”, ossia uno degli stati fondatori dell’evento, - la cui nascita risale al 1956 - e, anche per questo motivo, uno dei più amati della competizione.
Nel 2017 il nostro paese è stato rappresentato da Francesco Gabbani, dato per favorito da tutte le agenzie di scommesse e vincitore del premio della stampa. Non a caso, la sua “Occidentali’s Karma” contava 120 milioni di visualizzazioni su YouTube prima ancora della finale (per avere un riferimento, “Zitti e buoni” dei Måneskin conta 23 milioni a competizione finita e con la vittoria in mano). Ma quell’anno toccò al Portogallo portare a casa la vittoria, vuoi perché il suo rappresentante, Salvador Sobral, era affetto da gravi problemi cardiaci, vuoi perché Lisbona, in 53 anni, non aveva mai vinto. Record a cui ci stavamo avvicinando anche noi, dato che l’ultima vittoria italiana risaliva al 1990 con Toto Cutugno; se non avessimo vinto nell’immediato, dopo i tanti smacchi subiti, probabilmente ce ne saremmo andati per altri dieci anni sbattendo la porta, come accaduto nel 1997.
Nel 2019 l’Italia ha partecipato con Mahmood e la sua “Soldi”, in grado di coniugare l’aspro racconto autobiografico incentrato sulla figura di un padre assente e meschino con un ritmo intrigante e di facile presa, tra pop, R&b, trap e un filo di elettronica. Il brano fu un trionfo dentro e fuori dai nostri confini e la sconfitta scatenò una vera e propria insurrezione internazionale su internet. “Soldi” vinse per la prima volta nella storia dell’Italia all’Eurovision il premio per il miglior testo e si classificò seconda, a soli 27 punti di distanza dall’Olanda ma, per i più, avrebbe meritato la vittoria.
Nel 2020, a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al CoVid2019, l'evento venne sostituito da una serata celebrativa senza competizione, dal titolo “Eurovision: Europe Shine a Light”; durante la quale Diodato si esibì in una suggestiva versione della sua “Fai rumore” registrata all’Arena di Verona, che ci valse il titolo, ancora una volta, di campioni senza coppa.
I Måneskin
Con una narrazione del genere alle spalle, non hanno quindi stupito le proiezioni dei bookmaker che, quest’anno, ci davano per vincitori da settimane. E alla fine la vittoria è arrivata davvero, nonostante l’esibizione priva di scenografia e coreografie, il testo acerbo, un riff in pentatonica vecchio di quarant’anni e un certo tipo di estetica e atteggiamento gender fluid così poco credibile su Damiano e C. che, a confronto, Achille Lauro sembra David Bowie.
D’altro canto quando parliamo dei Måneskin ci riferiamo a un fenomeno commerciale di successo, trainato da un’immagine studiata a tavolino e da un sound design colloso, quindi perfettamente nel target Eurovision, ma anche per questo è assai ridicolo appellarsi a “Fuori di testa” per parlare di gran ritorno del rock’n’roll, della bella musica e soprattutto di trasgressione.
Eurovision Song Contest 2022: dove?
Non si può però ignorare il fatto che la vittoria dei Måneskin potrebbe portare molte persone, soprattutto giovani, a conoscere e amare l’Eurovision, evento ancora troppo poco considerato nel nostro Belpaese e che l’anno prossimo avremo l’onore e il piacere di ospitare. Il direttore di Rai 1, Stefano Coletta, si è detto entusiasta di questa grande occasione per mostrare la capacità produttiva e editoriale della Rai.
Per ora le città candidate sono Roma, Bologna, Napoli, Pesaro e Torino. Le ipotesi più accreditate sembrano essere Roma, caldeggiata dallo stesso Coletta, e Torino, giacché era già stata presa in considerazione l’anno dell’edizione a cui partecipò Gabbani. Per la conduzione il nome che mette tutti d'accordo è quello di Alessandro Cattelan, da poco passato in Rai e ferratissimo con l'inglese, cui si potrebbe affiancare Raffaella Carrà per la quota "over", volto conosciuto e amato all'estero, nonché una delle fautrici del ritorno dell'Italia nella competizione.