"Pete ha tolto dalle registrazioni una tonnellata di roba, ma non preoccuparti, suona da paura. Ti piacerà". Charlie Burchill non aveva dubbi sul lavoro svolto da Walsh per la versione 12" di "Sweat In Bullet" e ci teneva a tranquillizzare Kerr. Lo scrupolo era doveroso: il remix prediligeva un impianto chitarristico ridotto e una struttura ritmica importante, con basso e batteria in netta evidenza rispetto all'omonima traccia dell'album. Si trattava di una dimostrazione di personalità piuttosto forte per un giovane ingegnere che aveva fino a quel momento all'attivo soltanto l'esperienza su "Penthouse and Pavement" degli Heaven 17 e su un paio di album di Stevie Wonder.
Burchill si fidava, nonostante fosse proprio lui quello a rimetterci di più dal punto di vista sonoro, e sentiva che le novità portate in dote da quel 12" sarebbero state il giusto preludio alla possibilità di farsi ascoltare da un pubblico più ampio.
Alla fine del 1981, e dopo soli quattro dischi, i Simple Minds si trovavano infatti di fronte al classico bivio: continuare a rimanere nella scia dell'innovazione tout-court (e nelle grazie della critica musicale, seppur con scarso ritorno commerciale) oppure andare alla ricerca di un suono dal respiro più ampio, che aveva già fatto la fortuna di diretti concorrenti come U2, Echo & The Bunnymen, The Associates, Teardrop Explodes e Abc.
A spostare l'ago della bilancia aveva contribuito in particolare il tour di novembre in Australia, dove la band aveva ottenuto con "Love Song" la sua prima number one hit; se fino a "Sons And Fascination/Sister Feelings Call" i Minds erano stati ambasciatori di affascinanti pulsazioni new wave in bilico tra groove sintetici e suggestioni cinematografiche, ora il successo nelle classifiche australiane faceva assaporare il brivido di occasioni economicamente più vantaggiose, veicolando anche l'autostima necessaria per concretizzare una svolta. Tutta questa positività andava fissata su nastro.
1 - Sogni d'oro e un miracolo promesso
Nel gennaio 1982 la band decise di occupare per dieci giorni la consueta base operativa dei Rockfield Studios (Galles) con l'intento di vuotare il sacco delle idee e cercare un possibile brano per dare inizio al nuovo corso.
L'evolversi della tecnologia (amplificatori, effetti) aveva permesso di tastare il polso alla new thing e sperimentare possibili coordinate dalle quali ripartire.
Alla fine del brainstorming, Kerr e soci si ritrovarono tre demo in tasca: "Promised You A Miracle", "The Low Song" (divenuta poi "Hunter And The Hunted") e "King Is White And In The Crowd". Il primo dei tre, oltre a essere una dichiarazione d'intenti già a partire dal titolo, fu investito del ruolo di potenziale hit e presentato in anteprima durante una session su Radio 1 con David "Kid" Jensen, riscuotendo un generale entusiasmo, soprattutto da parte della Virgin, che decise di farlo uscire in forma di singolo.
Burchill contattò allora nuovamente Walsh, invitandolo alla data in programma a Liegi, per discutere della possibilità di una nuova collaborazione. Peter si presentò in Belgio con un walkman professionale WM-D6 e registrò tutto quello che poté su quel piccolo nastro, ma molto più grande fu la sensazione che ne ricavò: atmosfera e pubblico erano piuttosto goth, con una strana elettricità nell'aria e un certo colore nel sound dei Simple Minds, vivido e lunatico. Osservò che alcuni nuovi pezzi erano già piuttosto pronti e tuttavia oscurati da arrangiamenti troppo lunghi; il primo pensiero fu quello di spingerli verso una struttura più tradizionale.
Dopo lo show, Peter incontrò Kerr e confessò le sue impressioni: "Durante la conversazione, Jim mi sembrò fin dall'inizio un po' più sfuggente di Charlie. Al di là del carattere più tranquillo, parlava dolcemente e sottolineava il fatto che per lui i Minds erano una famiglia da proteggere nei confronti di influenze esterne troppo invadenti. Era chiaro che potevo contribuire con le mie idee ma anche che avrei dovuto rispettare dei limiti, soprattutto nel caso in cui avessi portato la band su territori troppo commerciali".
Eppure, per dare ai Simple Minds una nuova identità, Walsh sentiva di dover partire proprio da Jim, impostando la gara sulla componente vocale dei diretti competitor (Heaven 17, Human League, Spandau Ballet, Talking Heads, Roxy Music).
Fu quello il punto di partenza per arrivare a "Promised You A Miracle".
Il singolo fu registrato in tre giorni al Townhouse Studio di Londra (di proprietà della Virgin) con Kenny Hyslop alla batteria, entrato in formazione a seguito dell'abbandono del batterista storico Brian McGee. Kenny aveva aiutato anche la promozione di "Sons And Fascination", presenziando nei video di "Love Song" e "Sweat In Bullet", ma nessuno nella band riusciva ancora a considerarlo un rimpiazzo ufficiale.
La sezione ritmica aveva comunque il suo imprescindibile punto di riferimento nelle funkeggianti linee del Fender Precision di Derek Forbes, che Walsh decise di doppiare con un Moog nelle strofe, aumentando così la già robusta dose di sinteticità dispensata dalle tastiere di Mick MacNeil.
Per rendere corposa la vocalità di Kerr, Peter utilizzò senza paura riverbero e delay, ricreando in questo modo l'esatta sensazione che aveva avuto vedendo la band a Liegi.
"Promised You A Miracle" uscì il 2 aprile 1982 e fruttò alla band il primo ingresso nella top 20 inglese, con relativo debutto a Top Of The Pops; quell'"Everything is possibile" pronunciato da Kerr stava diventando ben più che un sogno dorato.
A dire il vero, il successo aveva colto i Simple Minds un po' di sorpresa. Nonostante le mai celate intenzioni di allargare il proprio pubblico, Burchill si giustificò: "Non abbiamo messo su la band per avere necessariamente singoli in classifica. A noi interessa avere un suono con un appeal internazionale. Alla Arista (la precedente etichetta, ndr) eravano condannati a essere una specie di culto, con la stampa che ci definiva costantemente cold/industrial, e la cosa ci dava in realtà un po' fastidio perché abbiamo sempre pensato di fare musica che meritava di essere ascoltata da tutti".
Kerr: "Tutti i nostri dischi precedenti suonavano bene nei club, ma in radio erano piuttosto freddini. La prima volta che ho sentito "Promised You A Miracle" in radio, invece, non sono riuscito a trattenere una risata di gioia. Se però a inizio carriera fossimo partiti subito con l'intenzione di scrivere delle hit, avremmo mancato il punto. Gente come i British Electric Foundation o gli Heaven 17 hanno studiato a fondo l'enciclopedia del pop e sanno bene come produrre dischi appositamente per le radio; i Simple Minds non hanno mai fatto quel tipo di studi".
La Virgin non perse tempo: ora che si trattava di fare sul serio e aggredire le classifiche con un album all'altezza del singolo, era necessario scegliere il produttore giusto.
2 - Tutto è possibile
Ci furono diverse pressioni per ingaggiare Steve Lillywhite (già all'opera con Xtc, Ultravox e U2) oppure Martin Rushent (Buzzcocks, Stranglers, Human League), ma i Simple Minds furono irremovibili: volevano continuare con Walsh. La sua idea di ricreare su disco l'atmosfera del live era ben vista dalla band e Peter, a dispetto della sua età (ventidue anni appena compiuti), sembrava aver trovato la formula giusta.
I Minds organizzarono quindi un ritiro in una fattoria della contea di Fife, in Scozia, per dare forma al nuovo materiale e testare un altro batterista, Mike Ogletree. Quando Walsh arrivò, propose subito di improvvisare almeno un paio d'ore su ogni brano, per poi riascoltare i nastri e identificare le parti migliori: l'arrangiamento finale sarebbe partito da quelle istantanee e avrebbe preso forma definitiva nuovamente al Townhouse.
Tutto il periodo delle registrazioni, cominciate a maggio, fu un susseguirsi di intuizioni felici ad opera di Burchill, Forbes e MacNeil, che riversarono nella Studer Tape Machine una quantità ingente di idee.
Forbes era immerso in una sorta di trance mentre ricamava pulsazioni ritmiche dirette discendenti del lavoro di Peter Hook nei Joy Division/New Order (tra i vari colpi messi a segno dal bassista sul disco, in termini di personalità vi è sicuramente la conclusiva "King Is White And In The Crowd", il cui groove è scandito dalla stessa nota per tutta la durata del brano). Mick e Charlie ponevano meticolosa attenzione al non sovrapporre le loro parti.
Come in una sorta di momento illuminato, ogni cosa sembrava avvenire con estrema naturalezza. Non c'erano discussioni, e anche da un punto di vista meteorologico il clima regalava del suo meglio.
Kerr osservava tutto attraverso il vetro della control room, scarabocchiando fiumi di appunti sui quaderni, poi riascoltava i nastri la mattina seguente nella sua consueta passeggiata verso lo studio.
Walsh era molto a suo agio con i membri della band: "Ero più giovane di loro, anche se di poco, eppure mi trattavano con rispetto e mi incitavano a fare esperimenti. Jim era particolarmente esigente ma mi caricava sempre, sostenendo che ero un grande e che ce l'avrei fatta. C'era anche una bonaria rivalità, poiché io ero inglese e loro scozzesi, ma l'atmosfera generale era molto buona".
Il programma di lavoro prevedeva sessioni che andavano da mezzogiorno alle 22, senza grosse pause. Poi veniva lo svago, ma non sempre in forma di clubbing o pub crawling; l'esperienza preferita di Kerr, ad esempio, era la visione di spettacoli nei grandi cinema d'essai londinesi dell'epoca, alla ricerca di ispirazione per i testi.
"Ho sempre amato il regista tedesco Werner Herzog, e all'epoca era appena uscito 'Fitzcarraldo', la storia di uno squilibrato tentativo di trasportare un piroscafo su una montagna nel bacino amazzonico. Nel film, l'antieroe interpretato da Klaus Kinski dichiara: 'Sono solo i sognatori che spostano le montagne'. E quella frase mi ha portato fuori dal mondo. Aveva la giusta dose di romanticismo, di pazzia assolutamente in linea con il nostro 'Everything is possible'. Poi c'erano film come 'Alphaville' di Godard, 'Berlin Alexanderplatz' di Fassbinder, i film di Fellini, di Pasolini, cose enormi. Tutte produzioni europee che davano un senso a quello che stava là fuori, e che il più delle volte era passato inosservato sopra le nostre teste".
Durante le registrazioni, alla fine un problema saltò fuori: lo stile di Ogletree era inadeguato per l'album.
Sebbene avesse avuto l'idea per l'intro a base di drum machine della title track, Ogletree appariva piuttosto lento e poco a suo agio con le dinamiche di uno studio di registrazione. Walsh contattò un turnista di fiducia con il quale aveva già lavorato in passato, Mel Gaynor, sperando di dare un po' più di personalità alle tracce. La situazione era delicata, ma Walsh fu decisamente empatico nel gestire l'avvicendamento proprio durante l'incisione della title track: mise i due batteristi uno di fronte all'altro, circondati da una foresta di microfoni, e chiese loro di suonare a parti alternate le strofe (uno la prima, uno la seconda) e i piatti della batteria, orchestrando il tutto.
Alla fine, il contributo di Ogletree restò su "New Gold Dream", "Somebody Up There Likes You" e "Colours Fly And Catherine Wheel", mentre Gaynor si incaricò di tutto il resto, forte dell'esperienza maturata con band di British funk piuttosto affermate (da qui l'inizio di una lunga collaborazione: Gaynor diventò il batterista ufficiale della band e restò in formazione fino al 2016).
3 - Il suono degli anni Ottanta
Fu proprio il suono che la batteria restituiva in quella sala del Townhouse (oggi trasformato in lussuoso residence) a diventare uno dei reference point per la realizzazione del disco, insieme all'attitudine della prima registrazione di "King Is White And In The Crowd" in gennaio e quella catturata dal ghettoblaster di Walsh a Fife.
Peter in quel periodo aveva anche altri riferimenti personali, tipo le chitarre su "Heroes" di Bowie, la batteria sui dischi di Quincy Jones, le tastiere di Kraftwerk e Jean-Michel Jarre, ma il suo obiettivo principale era tenere la band in una sorta di bolla sonora nella quale le influenze esterne erano ridotte al minimo.
Dando seguito esattamente a quanto già sperimentato per "Promised You A Miracle", Walsh rimosse una buona parte di quello che i Simple Minds avevano buttato giù durante la pre-produzione, concentrandosi su contributi in linea con paesaggi aperti, pieni di luce e freschezza, in grado di evocare tanto il vento sulle scogliere dell'isola di Skye quanto un pomeriggio su una spiaggia bianca nel mezzo del Mediterraneo.
A controbilanciare un'indole mite e gentile, "Walshy" (come veniva affettuosamente chiamato nell'ambiente musicale) trasmetteva spesso segnali di difficoltà nel gestire la pressione psicologica. Burchill: "Pete si era inizialmente prefissato di smettere di fumare e bere, diceva spesso 'ora bevo molto raramente'... ma alla fine del lavoro era tornato a una sigaretta dietro l'altra, con fottute bottiglie ovunque".
Nel periodo di registrazione, la band spesso utilizzava i weekend per partecipare a qualche festival e sperimentare la resa live del materiale. In quella sede, il suono risultava decisamente più aggressivo, tanto da spingere molti dell'entourage a pensare che la mancanza di sufficiente esperienza da parte di Walsh avrebbe potuto essere un boomerang (sul banco degli imputati c'era la scelta del produttore di aver lavorato soltanto su un aspetto dei Simple Minds, quello più atmosferico ed etereo, invece di tener conto di una visione di insieme che comprendesse anche l'indole più rock).
Il lavoro in studio si concluse non prima di un ciliegina finale sulla torta, messa il giorno in cui Herbie Hancock prenotò i Townhouse per registrare il suo nuovo disco ("Lite Me Up"). Con buona prontezza, i Minds si presentarono nella sala adiacente e chiesero la sua disponibilità a incidere un solo di tastiera, che aggiunse al quadro già completo di "Hunter And The Hunted" un preziosa cornice.
Il disco fece capolino nei negozi il primo settembre 1982 e scalò rapidamente le classifiche UK fino al n. 3, confortato ancora dalla critica. Pur riconoscendo la bontà del lavoro, la band rimase però inizialmente cauta a proposito del risultato. Nell'immediato, Kerr confermò: "Sono davvero contento che siamo riusciti a fare colpo sul pubblico senza perderci. Avevamo scelto di portare nel progetto un produttore non famoso, perché sentivamo di potercela fare lo stesso, ma poi in realtà abbiamo messo comunque tutto il lavoro nelle sue mani. Sono state dette un sacco di cose belle sull'album, e questo mi piace, ma ci sono anche persone che lo ritengono etereo, annacquato, e tutto sommato non mi dà fastidio".
A distanza di tempo, è più facile notare che fu la stessa intransigenza perfezionistica della band, piuttosto che le scelte del produttore, a creare quella sorta di iniziale freddezza nei confronti dell'album. Walsh non fece altro che catturare l'essenza di un preciso momento nella storia dei Simple Minds (quello in cui era necessario tracciare nuovi percorsi), garantendo una chiarezza di intenti superiore agli episodi precedenti.
"New Gold Dream" fu il disco spartiacque nella carriera della band. Se in precedenza il responso migliore era arrivato prevalentemente dalla stampa specializzata (e successivamente, grazie alla deriva arena-rock, sarebbe arrivato solo dal pubblico), con il nuovo lavoro i Minds misero d'accordo tutti, restando nelle classifiche praticamente un anno intero (con il traino degli altri due singoli "Glittering Prize" e "Someone Somewhere In Summertime"), contribuendo a definire iconicamente il suono del pop/rock anni 80.
Non fu soltanto la cerimonia di ingresso dei Minds nell'olimpo delle nuove band importanti del Regno Unito, ma anche il trampolino di lancio per la carriera di produttore di Walsh, che da quel momento in poi infilò un consistente numero di lavori discografici: dai live curati per Peter Gabriel alla produzione per China Crisis, Alphaville, Pulp (e nuovamente i Minds su "Neapolis" nel 1999), dai dischi dello Scott Walker recente (su tutti, "Tilt" e "Bisch Bosch") alle collaborazioni in terra italica con Cristina Donà, Fiamma Fiumana e PGR.