Dieci Piccoli Italiani

Dieci Piccoli Italiani - N. 41

di AA.VV.

nanabangNANA BANG! - In A Nutshell (2014, GuruBanana Rec.)
psych-blues-pop-rock

I due bresciani Andrea Fusari e Beppe Mondini, che già facevano parte dei GuruBanana, stanno portando Avanti ormai da diverso tempo questo progetto, dopo essersi ritrovati da soli. Questo è il secondo album, e rispetto all’esordio c’è un evidente tentativo di aprirsi a un suono più vario e morbido e di arrotondare le melodie. I dieci brani finiscono così per unire in modo particolarmente equilibrato attitudine blues-rock, pischedelia Sixties e melodie che è assolutamente il caso di definire pop. Parte ritmica fantasiosa, ampio ventaglio di modalità di utilizzare – o di non utilizzare – le chitarre, synth che si incunea nel suono in modo sapiente e al momento giusto, timbro vocale in perfetto equilibrio tra rotondità e consistenza, in modo da accoppiarsi perfettamente con la parte musicale descritta, melodie immediate e di qualità. Diviso in due parti, chiamate “day side” e “night side”, con i nomi che parlano da soli sulla differenza di contenuto tra le due metà. Insomma, un ottimo disco di cui non si può che parlare bene sotto qualunque punto di vista lo si voglia osservare (Stefano Bartolotta 7,5/10)


ofeliadormeOFELIADORME - The Tale (2014, Locomotiv Records)
elettronica, wave

Non è da oggi che intravediamo nei bolognesi OfeliaDorme uno dei progetti più interessanti e spendibili della scena tricolore. I riconoscimenti che la formazione felsinea, ora divenuta trio (Francesca Bono, Michele Postpischl, Tato Izzia) mietono a ogni uscita tanto in Italia quanto all'estero non fanno che confermarlo. Con “The Tale” il terzetto cambia in parte traiettoria, mantenendo sì l'impronta di un sound etereo e chiaroscurale, ma veicolandolo in direzione di lidi maggiormente elettronici. Le atmosfere sospese e la duttile voce della Bono conducono così in spazi eleganti e destrutturati, ambienti soffusi nei quali trovano confortevole spazio storie che, ancora una volta, lambiscono tematiche letterarie. Una bella conferma, in attesa di poter ascoltare un nuovo Lp (Fabio Guastalla 7/10)


veronicaredwineserenadersVERONICA & THE RED WINE SERENADERS – The Mexican Dress (2014, autoproduzione)
traditional country-blues

Questo progetto lombardo, capitanato da Veronica Sbergia e Max De Bernardi, è attivo da diversi anni con lo scopo di rinverdire i fasti di certa musica tradizionale americana di tanti decenni fa. Blues, folk e country delle origini vengono rivisitati, album dopo album, conferendo a essi un tocco sia di freschezza che di fruibilità. Ascoltando i dischi di questa band si può notare come il pregio principale sia quello di far convivere il grande amore e rispetto per i padri fondatori degli stili musicali trattati e la capacità di non limitarsi a una rilettura puramente didascalica. Il risultato finale non è, quindi, un viaggio nel tempo, ma è più una finestra aperta nel mondo di oggi verso quell’epoca. Questo è il quinto album e, per la prima volta, sono presenti anche composizioni originali. Gli altri lavori dei Serenaders sono mediamente più immediati e di facile ascolto rispetto a questo, soprattutto quelli più recenti, mentre qui, se non si è abituati a questo tipo di proposta, il primo ascolto può risultare di scarsa presa. Basta, però, concedere al disco qualche altra possibilità e non si può che rimanerne catturati e notare, ancora una volta, che dopo tanti anni la band non ha affatto perso i punti di forza sopra specificati e, anzi, ha il coraggio e l’estro per declinarli in modo sempre diverso (Stefano Bartolotta 7/10)


diodatoDIODATO – A Ritrovar Bellezza (2014, RCA)
italian evergreen, songwriting

Abbiamo visto Diodato aprire concerti per Roberto Dell’Era, abbiamo visto Diodato classificarsi secondo fra le nuove proposte all’ultimo festival di Sanremo, e la sua bella figura la fa sempre, tanto che sono in molti a vederlo oggi come una delle più brillanti promesse del cantautorato nazionale. Per la seconda uscita discografica, Diodato sceglie di rendere omaggio a dieci evergreen della canzone italiana, brani già presentati nel corso della trasmissione televisiva condotta da Fabio Fazio “Che tempo che fa”. Tommaso Colliva mixa, Rodrigo D’Erasmo e Gnu Quartet suonano gli archi, Roy Paci dà una mano su “Arrivederci”, Manuel Agnelli canta alcune parti di “La voce del silenzio”, un bel parterre, un notevole dispiegamento di forze che attira curiosità sul risultato finale. “Ritornerai” di Lauzi, “Piove” di Modugno, “Canzone per te “ di Endrigo, “Se stasera sono qui” di Tenco, “Senza fine” di Paoli, e poi ancora “Il cielo”, “Non arrossire”, “Eternità”. Con un canzoniere simile, una bella voce ed arrangiamenti lussureggianti è davvero difficile non ottenere un buon risultato, e Diodato fa tutto molto bene. Ma ora lo attendiamo ad una nuova prova autografa (Claudio Lancia 6,5/10)


gianlucamondoGIAN LUCA MONDO - Petali (2014, Controrecords)
songwriter

Torinese, Gian Luca Mondo debutta giovanissimo con il concept amatoriale “Il ballo di Gein” (1999) co-scritto a tre con Michele Gazich e Filippo Giau. Dopo un ampio periodo di riflessione, Mondo imbocca la carriera solista con il tradizionale folk-rock di “Piume” (2010), dal quale si distingue solamente il pastiche surreale e sognante di “La 100ma lettera”. Dopo un acustico “Perle”, secondo album mai pubblicato, Mondo registra un “Petali” che invece punta tutto sui flussi di coscienza esistenziali, e contemporaneamente amplia oltremodo il suo vocabolario musicale. Prova ne è subito la lunga “Crapshooter”, che si arricchisce di scenari fatalisti tex-mex. “Labbra” e “Rivelazioni” importano l’indole insistente dei Suicide e quella tuonante di Nick Cave, e il declamato da incubo della title track ha risvolti quasi industrial. Anche i momenti di quiete acustica testimoniano una crescita ragguardevole, il Luca Carboni trafitto da un requiem di distorsioni in “Istruzioni per Lipe”, la Fossati-iana “Dimenticare gli angeli” elevata in droni paradisiaci, “Il punto del cinghiale” che richiama lo Springsteen di “Nebraska” ricoprendolo di un velo psichedelico, e l’ancor più estatica e toccante “Lo sbocciare della magnolia”, uno dei gioielli dell’album. Il boogie di “Nebbia tra gli scacchi” e la versione corrusca di Broadway in “Valentina Blues” sono godibili intermezzi meno impegnati. Terzo e ultimo capitolo del suo personale concept di titoli leggiadri che iniziano per “P”, supportato dal secondo libro di poesie “Madonna delle cicatrici” (Erga, 2014; seguito de “Il museo dello sbaglio”, 2011), riorganizza con libertà e innata scaltrezza la frangia vetusta della canzone d’autore impegnata. La soundscape della title track è del producer e videomaker Gianluca “Alec Dreiser” Zenone (Michele Saran 6,5/10)


lilia_02LILIA - 44 Ep (2014, autoproduzione)
songwriting, dream-pop, elettronica

Atmosfere ovattate e fiabesche sembrano essere l’ossessione della cantautrice Lilia, la quale presenta una raccolta di giochi ed esperimenti da cameretta. Persa tra loop elettronici, campionature, gocce di pianoforte e canto delicato diluito in copiosi riverberi cerca di mettere a fuoco uno stile personale in via di sviluppo, in quest’occasione battezzato elf-tronica. In generale il pregio di Lilia sta nell’evitare l’iper-saturazione sonora delle soluzioni proposte, un rischio concreto nell’ambito di ricerca scelto. D’altro canto, talvolta le composizioni soffrono un’eccessiva dilatazione, soprattutto nei due brani di apertura dell’Ep quando la proposta gira intorno a temi eccessivamente zuccherini e mancanti di una messa a fuoco decisa. Fortunatamente il resto del lavoro offre sorprese incoraggianti, nel momento in cui l’artista abruzzese alza i toni e cambia registro introducendo ritmiche ossessive con le quali sembra trovarsi piuttosto a suo agio. Una doppia prova è data dagli episodi di punta “The Snow” e “In My Silence” che non perdono solidità nonostante l’esteso minutaggio. Interessante la vena intimista e malinconica della chiosa di “My” posta a suggello dell’Ep. Concludendo, abbiamo un’artista ancora acerba ma con interessanti margini di sviluppo. Con l’auspicio che possa trovare la sua direzione artistica definitiva - unita a uno spirito di selezione da coltivare - l’aspettiamo alla prossima prova, magari su full-length (Michele Bordi 6,5/10)


moheirMOHEIR - A Rough Soundtrack (2014, autoproduzione)
prog-rock

Quella dei Moheir è una storia che sta nell’underground romano da buoni dieci anni. Assieme alla spinta dello scafato batterista Federico Leo, già in Gronge e Operaja Criminale, Alfredo Mazziotta (chitarra), Marcello Gagliastro (basso) e Alfredo Mazziotta (voce) fondano i Moebius Brain, con due album e un Ep tra 2005 e 2010. Lo stesso anno l’ensemble meno Alfredo Mazziotta si rifonda strumentale per allargare la ricerca e si trasforma in Moheir. Dopo un primo Ep i tre sostituiscono Leo con il nuovo batterista Julian Bellisario e registrano il loro primo lungo “Rough Soundtrack”. Il titolo è appropriato: una base grezza per potenziali colonne sonore non meglio precisate (a parte qualche velato riferimento). La sottile ambience elettronica di “Wave Pressure”, il robusto jazz-rock di “An 80’s Italian Sunny Sunday”, la furia Faith No More-iana di “Heisemberg”, la nevrotica fusion di “White Space Conflicts” e “Cinemon”, hanno un contraltare atmosferico e quasi morriconiano in “Past Dust”, che poi sprofonda in “Need a Gun” (arpeggio in mezzo piano e fortissimo squillante), a mani basse il brano più “composto” del lotto. Il vero momento cinematografico, come pure da titolo, è però il finale “Firelands Theme”, ma com’era prevedibile le melodie non sono il loro forte. C’è di mezzo una volontà generica e omologante (Calibro 35) che offusca le loro qualità - virtuosismo che privilegia lo spettacolo, umore sardonico alla Zappa, ritmo indiavolato - e spinge per farli sembrare ciò che non sono: vintage fumettistico. Prodotto e missato dall’esperto Gianmarco Bellumori (Michele Saran 6/10)


lullabier_01LULLABIER – Osservazione Rilassamento E Assenza Di Giudizio (2014, ViVeriViVe)
slow-core

Riecco il piccolo Alan Sparhawk italiano, che continua nel suo percorso di minimalismo disarmante, qui ammantato dichiaratamente di spiritualità indiana, con cui Andrea Vascellari connota la visione del mondo propria di questo “Osservazione Rilassamento E Assenza Di Giudizio”. Eccezion fatta per il tributo a “Snowstorm” in “Archiloco (svadhistana)”, il disco ripropone l’essenzialità dei Low di “Trust”, con gli accordi rilucenti di “Veleno (vishuddha)” a spiccare. Le riflessioni ridotte all’osso di Andrea navigano rigorosamente al minimo della concessione poetica e pericolosamente vicine al racconto asettico (“Icaro (manipura)”), anche quando quest'ultimo si fa più personale e meno blandamente universale (le riflessioni “antropomorfe” di “Veleno” e “Animali”). Il songwriting però è buono, anche se l’estetica minimalista della musica di Lullabier sembra spesso un po’ costrittiva (la lunghissima “Invocazione”). Impossibile chiedere di cambiare qualcosa, allo stesso tempo (Lorenzo Righetto 6/10)


odfulmineOD FULMINE - Od Fulmine (Greenfog, 2014)
alt-rock

Mattia Cominotto, Fabrizio Gelli, Stefano Piccardo (tutti e tre voce e chitarra), Riccardo Armeni (basso) e Saverio Malaspina (batteria) fanno squadra a nome Od Fulmine debuttando con un primo album lungo omonimo. Il procedimento alla base sta nell’affogare le voci spesso a cappella nel mix di arrangiamenti stratificati, cosicché il valzer con clavicembalo di “Altrove 2” suona come un Riccardo Cocciante che fronteggia i Pearl Jam, e la coda strumentale di “Fine dei desideri” si può fregiare di tastiere ventose come gran finale. Nel mezzo, a parte la rabbuiata “40 giorni” e la serenata alla “Love Is All Around” dei Troggs di “5 cose”, contano lo stornello vaudeville “oltraggioso” di “I preti dormono”, l’intro sospesa di “Poverinoi”, il folk-rock fatalista di “Da quel giorno”, la tromba finale di “Ghiaccio 9”. Da un supergruppo di sorta (ex membri di Meganoidi, Esmen e Numero 6), una collezione di ballate con la data di scadenza passata da un pezzo ma con un onesto pathos e sorprendentemente immuni alla noia. Da far sbavare i Negramaro. Co-prodotto con Prisoner Records (Michele Saran 6/10)


rhoRHÒ – Nebula (2014, autoproduzione)
folktronica

Rhò è un cantautore romano del quale si fa un gran parlare recentemente: un suo brano, “As You Hope”, è stato scelto come sottofondo musicale per il trailer del film diretto da Ridley Scott Killing Kennedy. Proprio “As You Hope” diviene pertanto il gancio che fa da apripista ad un Ep composto da quattro tracce, tutte all’insegna di quella che potremmo definire folktronica. È un lavoro notturno, che segue l’album d’esordio “Kyrie Eleison” e che funge da ponte per le prossime mosse di Rocco Centrella (questo il suo nome all’anagrafe). In scaletta anche due inediti (“Waterfall” e “Footsteps”), più la cover di “Many Of Horror”, personale reinterpretazione di un brano degli scozzesi Biffy Clyro (Claudio Lancia 6/10)

 

Discografia

NANA BANG! - In A Nutshell (2014, GuruBanana Rec.)
OFELIADORME - The Tale (2014, Locomotiv Records)
VERONICA & THE RED WINE SERENADERS – The Mexican Dress (2014, autoproduzione)
DIODATO – A Ritrovar Bellezza (2014, RCA)
GIAN LUCA MONDO - Petali (2014, Controrecords)
LILIA - 44 Ep (2014, autoproduzione)
MOHEIR - A Rough Soundtrack (2014, autoproduzione)
LULLABIER – Osservazione Rilassamento E Assenza Di Giudizio (2014, ViVeriViVe)
OD FULMINE - Od Fulmine (2014, Greenfog)
RHÒ – Nebula (2014, autoproduzione)
Pietra miliare
Consigliato da OR