ANTIPHONE - Disappear EP (2015,autoproduzione)
elettronica, art-pop
I romani Massimo Giangrande e Andrea Biagioli sono le due menti dietro al progetto Antiphone, all'esordio con questo Ep autoprodotto e pubblicato in vinile (e digitale) a inizio anno. Un vero e proprio saggio del loro intero spettro espressivo, che si muove agilmente attorno a un'elettronica sognante alla Boards of Canada contaminata dal piano neoclassico di Nils Frahm. Ai primi, convincenti strumentali fa invece seguito una doppietta all'insegna di un songwriting emozionale: da un'eco dei Coldplay che furono (“Circles”) all'intensa mimesi radiohead-iana di “Hands In The Snow”, che improvvisamente sfocia in un romantico scenario avvolto da una chitarra in delay alla Robin Guthrie. Ma non fatevi condizionare dai riferimenti più o meno espliciti: gli Antiphone ci consegnano un sound già molto personale e variegato che, qualora giungesse a una sintesi delle sue parti sulla lunga distanza, potrebbe davvero conquistare il favore del pubblico indie e addirittura renderli una proposta esportabile. E non è da tutti far emergere simili presupposti in un assaggio di appena venti minuti (Michele Palozzo 7/10)
SONIC JESUS – Neither Virtue Nor Anger (2015, Fuzz Club Records)
psych-rock
Esce per la Fuzz Club Records l’atteso esordio dei Sonic Jesus, band laziale protagonista di un personale mix che frulla assieme le ascendenze psych di Black Angels e Brian Jonestown Massacre, le interferenze dark dei Joy Division, i percorsi kraut di Can e Faust e gli armamentari industrial degli Swans. I ragazzi sono già stati protagonisti di un omonimo Ep pubblicato nel 2012 e di uno split condiviso lo scorso anno proprio con i Black Angels che ha schiuso su di loro l’attenzione del circuito indipendente, anche fuori i confini nazionali. I Sonic Jesus suonano spesso in giro per l’Europa e la presentazione ufficiale del disco avverrà a metà aprile presso il Waiting Room di Londra. “Neither Virtue Nor Anger” è un disco solido, denso, sedici tracce per complessivi 90 minuti di musica, un lavoro che fotografa in maniera perfetta lo stile e l’atteggiamento di un gruppo che si candida seriamente ad essere una delle next big thing di casa nostra (Claudio Lancia 7/10)
TONGS – Tongs (2015, Sinusite Records)
avant-rock, Sinusite Records
Il terzo, omonimo album dei Tongs (Carlo Garof batteria e percussioni, Antonio Bertoni basso ed elettronica) segna un ritorno deciso nell'alveo dell'avanguardia più pura. I nove brani vanno a comporre un percorso strumentale fatto di caos e geometrie, deflagrazioni e rallentamenti, fino ad approdare ai miti lidi della conclusiva Mushroom. Quello che sgorga è un rock viscerale, spogliato di qualsiasi orpello (anche melodico), un saliscendi umorale condotto da una batteria nevrotica e graffianti riff di basso. Un'energia oscura e magmatica che va a comporre un'opera solida a livello di suoni e dal punto di vista concettuale, e pertanto da ascoltare nella sua interezza, come fosse un unico atto (Fabio Guastalla 6,5/10)
I DUE BUGIARDI - Pop Hardcuore (2015, autoproduzione)
electropop, punk
Suonare senza prendersi sul serio, criticare senza la pretesa di star rivelando incredibili verità. È questa, in breve, la musica de I Due bugiardi, una band che lega all’electropop testi troppo ironici per essere presi sul serio e troppo seri per essere considerati nonsense. Il loro secondo Ep, “Pop Hardcuore”, non poteva avere una denominazione più azzeccata dato, che le cinque canzoni del disco dondolano tra un suono punk ed uno palesemente pop. Da un lato si tenta di costruire la canzone popolare perfetta, proposito che si concretizza in “Come allungare il pane”: elettronica rotonda ed orecchiabile, con un umorismo percepibile già dal titolo. La sensazione ascoltandola è che se fosse uscita nei primi anni 2000, si sarebbe potuta lanciare come tormentone estivo. Dall’altro lato vi sono, invece, brani con suoni più spinti: si va dall’electropunk di “Buon Compleanno Zeman” e di “E quanto ancora” al sound quasi EDM di “Pescepalla”. I Due Bugiardi fanno canzoni che per certi versi possono essere reputate semplici o poco curate (nonostante l’arrangiamento di ottimo livello), e di certo è un ascolto particolare che potrebbe non convincere tutti, ma hanno il pregio di avere una propria personalità difficilmente accostabile ad altre realtà. L’Ep pecca, purtroppo, nella brevità: quindici minuti, neanche il tempo di farsi un giudizio completo che è già ripartito il disco (Alessandro Fiorito 6,5/10)
TRIVISION - Multiverso (2015, Winter Beach)
alt-rock
I lodigiani Trivision pubblicano un secondo lavoro in studio all'insegna di un buon alt-rock in lingua italiana. Passaggi noise, riff al vetriolo e un filo di psichedelia: sono questi gli ingredienti principali di un album nel quale il grunge di “Vacanze Regolari” fa il paio con il punk-rock de “Il tempo delle piramidi”, le sfuriate hardcore di “Uno” si diradano nel mood chiaroscurale di “Distanze”. Molto duttilità, molto poca originalità: preso atto che il quartetto lombardo sa il fatto suo, non ci dispiacerebbe sentirlo “osare” un poco di più in futuro con la propria musica. In ogni caso tutto fila come dovrebbe e il giudizio non può che essere positivo (Fabio Guastalla 6,5/10)
IL FIENO - I Vivi (2015, autoproduzione)
alt-pop
Il Fieno (quattro ragazzi lombardi) del debutto “I Vivi” è ancora un altro act di pop chitarristico alla Baustelle e Perturbazione. Dopo aver timbrato il cartellino del “si stava meglio quando si stava peggio” sollevato dall’epoca della crisi economica (“Poveri stronzi”), l’album rivela il suo vero cuore, sentimentale appena venato di esistenzialismo. A parte il dosato, acchiappante valzerino di “Hiroshima”, “Il ragazzo che cadde sulla terra” osa una languida ballata psych-pop che s’innalza in un ritornello emotivo alla Verdena, e “T’immagini Berlino” s’incupisce persino in senso post-rock. Dopo aver sfruttato spudoratamente la base di “Transmission” dei Joy Division in “Maelström”, la filastrocca-mantra de “La fine” aggiunge un tocco di elettronica d’atmosfera. Lo spettro è abbastanza ampio (anche un accesso di lirismo nella traccia fantasma di chiusa) e la durata è abbastanza corta da convertire noia e deja vu a genuina passione. Seguito di due Ep, omonimo (2012) e “I bambini crescono” (2013), oltre al singolo anticipatore “Del conseguimento della maggiore età” (2014, con una versione acustica di “T’immagini Berlino”) (Michele Saran 6/10)
SIGNA - Lines EP (2015, autoproduzione)
alt-folk
I milanesi Massimiliano Galli e Stefano Schiavocampo proseguono la loro folktronica meditativa a nome SignA con l’Ep di sei tracce “Lines”. La title track, anche singolo e video, è un nuovo loro manifesto che fa convivere l’ascesi della ballata folk e i più esuberanti effetti elettronici in una veloce samba. Più elegante la sintesi tra folk e techno alla Underworld di “Spoonful Of Honey”. Attraverso il dub ipnotico che termina in un corale di fiati di “White On White” si arriva quindi al vero gioiello, “Memory Shithole”, valzer cullante con pianoforte in cui il ritmo scompare in un’immagine lunare. Se poi “Stupid Us” deborda un po’ nella lounge dei tardi Depeche Mode, la finale “Whales” ne attinge a piene mani, in un lento da pianobar senza più chitarre. Composto e registrato nella nuova base del complesso, Dublino, primo parto con formazione allargata a quattro, completata dai due irlandesi Brian O’Shea (elettronica) e Rossa Cassidy (percussioni). Sia un’acuta appendice del valido e finora unico Lp “Waltzes For Liliputians” (2013) sia un’incerta transizione con canzoni e momenti leggerini. Realizzato anche in vinile 12” con finanziamenti da parte del Fumbally Cafe (Michele Saran 6/10)
NEW ADVENTURES IN LO-FI – So Far (2015, Stop)
alt-rock
Finalmente arrivano al “disco lungo” i New Adventures In Lo Fi, all’inizio progetto solista di Enrico Viarengo, uno dei dei ex machina della scena indipendente torinese, e fin dagli esordi credibile produttore in proprio, oltre che importatore, del cantautorato post-emo. In “So Far” i NAILF sono invece una band a tutti gli effetti, anche se la base cantautorale rimane: guitar-pop-rock emozionale in stile ultimo Ola Podrida (“Fall Down”), echi dei Red House Painters più pacificati (“Nobody’s Rest”, ma soprattutto la conclusiva “WG”) e la consueta, prescritta dose di onestà (post)adolescenziale (“Expectations”, la cover di Geoff Farina“Shoe In”, i Death Cab For Cutie prima maniera di “Daffodils”). Nonostante un cambio di passo nella cura degli arrangiamenti e nelle soluzioni strumentali in generale, sotto il profilo della scrittura manca qualche intuizione che renda i pezzi riconoscibili, oltre il prefissato binario emozionale del brano. Contributi di Matthew Randall dei Plantman in "Expectations" (Lorenzo Righetto 6/10)
NUJU - Urban Box (2015, Mk)
folk-rock
Per i Nuju è il momento di una coerente svolta. Passata anche l’ultima sbornia patchanka di “Il terzo mondo”, che concludeva una trilogia iniziata con “Nuju” (2009) e proseguita con “Atto secondo” (2011), il complesso in qualche modo ricomincia la carriera con “Urban Box”. L’impianto è ben più quieto e pensoso del loro passato prossimo, e ha anche qualche momento adulto e meditato che trova comunque origine in “Come vorrei”, ultimo brano dell’album precedente. L’uso di diverse intensità in una stessa canzone governa “Luna piena”, “Regalami”, “Caffè”, “Mondo di plastica”, e una delle migliori, l’orientaleggiante Tom Waits-iana “Cani malati”. Il tutto è anche più coerente perché forse la vena sotto sotto è sempre stata melodica, come provano “Tempi moderni”, lo ska di “Ora di punta”, l’ampia e spiegata ballata “Monociclo Rossi”, e anche quando ricorrono al loro high energy di sempre come per la funky “Le distanze”. Probabilmente il miglior disco della compagine emiliano-calabrese, con un affilato show di canto caldo straccione e gigionamenti elettronici ai synth del vocalist Fabrizio Cariati (Michele Saran 6/10)
URO - Pocca! (2015, autoproduzione)
post-rock
Di Lecce, Jory Stifani (chitarra), Pierluigi Sabato (basso) e Alberto Scarpello (batteria) formano gli URO nel 2011 e debuttano due anni dopo con un breve disco omonimo di post-rock scattante in senso emo e prog. Scarpello nel frattempo avvia il duo elettronico dei Corridoiokraut (“.dov’eraleiaquell’ora.”, 2014). Il seguito “Pocca!” è di fatto una collaborazione tra queste due imparentate realtà. Da parte del trio permangono gli stessi problemi del debutto, giacché “Nappi” ha un interplay sicuramente ribollente ma anche e soprattutto poco fantasioso e “Zagabria” per il medesimo motivo ha una durata ambiziosa (10 minuti) e sostanzialmente ingiustificata, anche se nel mezzo diffonde un discreto studio di timbri d’avanguardia. Il duo invece contribuisce con “.hoppiciolla.”, canto new age su base elettronica spartana, e “.gemelleOlsenOlsen.”, un bozzetto di sdato suono vintage (Jean-Michel Jarre e simili). Dove queste due componenti sembrano integrarsi realmente è solo nei 9 minuti finali di “Hai sentito di Jory”, specie grazie all’interludio sospeso e dolente. Per il resto c’entrano come i cavoli a merenda: sono due album brevi, e fiacchetti, giustapposti a forza nello stesso spazio d’ascolto. E’ un peccato perché - tra brani estesi e accensioni sperimentali - ci sono in ballo le intenzioni più sane (Michele Saran 5/10)