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Post-britpop: nuovi sguardi su una scena in penombra

“What’s a wonderwall, anyway?”. La domanda di Fran Healy dei Travis in “Writing To Reach You” suona come un manifesto: la voglia di smarcarsi dall'esuberanza del britpop e di abbracciare un linguaggio più intimo e riflessivo, che lasci spazio al dubbio. La scelta di iniziare da qui la compilation non poteva essere più simbolica: un brano che richiama il giro armonico di “Wonderwall” degli Oasis per metterne in discussione le fondamenta, spostando il focus dalla grandeur alla vulnerabilità.

Il post-britpop prende forma così: come uno spontaneo moto centrifugo rispetto al britpop, avvenuto senza far troppo rumore. Se negli anni 90 dominava l’euforia collettiva, con inni che esaltavano una gioventù spensierata e trionfante, sul finire del decennio si avverte il bisogno di una narrazione più personale. Artisti come Travis, David Gray e Doves incarnano questo passaggio, adottando un suono più acustico, a tratti malinconico, che esplora le fragilità senza ostentazione.
La transizione non riguarda solo i suoni, ma anche i temi: dall’edonismo del britpop si passa a canzoni che parlano di relazioni complicate, insicurezze, ricerca di senso. Sul finire degli anni Novanta, una vena introspettiva emerge dalla coda lunga della Cool Britannia, e il cambio di paradigma troverà ampia eco anche nei primi anni Duemila.

Un crocevia al confine del millennio

Come spesso accade nei generi musicali, la categoria di post-britpop si è formata retroattivamente, con ascoltatori e commentatori che hanno definito i contorni del fenomeno solo a posteriori (la pagina Wikipedia dedicata al filone è del 2010, ma solo da poco l'espressione inizia a essere impiegata nei database musicali come Rateyourmusic). Come il post-punk, il post-rock, il post-progressive, si tratta di una galassia non omogenea, fatta di traiettorie diverse che si allontanano dal nucleo stilistico del genere-madre.
Da un lato, ci sono band che abbracciano sonorità più acustiche e delicate, come Turin Brakes, Catatonia, I Am Kloot. Dall’altro, troviamo formazioni come Feeder o Idlewild che contaminano il proprio suono con influenze alternative rock, una strada già intrapresa in tempi non sospetti dai Manic Street Preachers di "The Holy Bible", e notoriamente esplorata nella maturità dai Blur (la cui “Strange News From Another Star” risulta emblematica del loro ruolo di precursori del cambio di rotta).
Una simile ampiezza di gamma non poteva che prestarsi a stratificazioni sonore ed elaborazioni in senso progressive. Radiohead e Muse sono i nomi più noti, ma il quadro comprende anche Puressence, Elbow, Keane, i Mansun di "Six". La playlist include poi formazioni pienamente riconosciute come prog dagli appassionati del filone: proprio a cavallo fra anni Novanta e Duemila, il suono di Porcupine Tree, Pineapple Thief e anche dei veterani Marillion dialoga con una sensibilità pop che richiama facilmente le sfumature emotive del post-britpop (e mostra punti di contatto anche col suono degli Invincible degli ex-Chameleons Mark Burgess). Per tutti questi artisti, non si tratta di un semplice revival, ma di un processo evolutivo che incorpora elementi contemporanei in nuove fusioni di complessità formale e accessibilità.

Con le intricatezze dream-pop dei Delays a fare da raccordo, si giunge al versante più psichedelico e baroque pop della selezione e del panorama, rappresentato da figure come Electric Soft Parade e Badly Drawn Boy, Alfie, Mull Historical Society. Non è una novità assoluta: un'evidente vena psichedelica, a volte con toni sgargianti, alimentava già il britpop più visionario dei Kula Shaker, dei Super Furry Animals o dei primi Verve. Ma la nuova leva porta un tocco stralunato e domestico alle proprie composizioni, con uno spirito “da cameretta”, lo-fi e intimo, che in quegli anni trova corrispondenze anche oltremanica e al di là dell'Oceano.
Oltre ai nomi più ricordati, la scena post-britpop si compone di molte altre figure, alcune capaci di raggiungere successi importanti, altre rimaste in secondo piano. Gli Athlete, ad esempio, conquistarono il primo posto nella classifica britannica degli album con "Tourist", mentre band come gli Unbelievable Truth - guidati da Andy Yorke, fratello di Thom - operarono nelle retrovie, contribuendo tuttavia a delineare un panorama musicale ampio e variegato. La diversità del filone è anche geografica: il post-britpop non è infatti esclusivamente britannico. A dimostrazione della portata internazionale del fenomeno, la playlist include band provenienti da Svezia (i Kent, all'epoca alle vette delle classifiche in tutta la Scandinavia), Danimarca (i Kashmir, forse gli eredi più personali della libertà armonica dei primi Radiohead), Islanda (Leaves), Polonia (Myslovitz), Irlanda (JJ72) e Sudafrica (Civil Twilight).

Ritratto sonoro di una generazione low-key

Se il britpop si presentava con colori sgargianti e atmosfere celebrative, l’immaginario post-britpop è ben diverso. Molte copertine e video delle band del periodo sembrano aderire allo stile grafico che siti come Aesthetics Wiki e Cari hanno battezzato con l'improbabile espressione “Gen X Soft Club”: immagini urbane dai toni smorzati e tinte slavate, caratterizzati da sfocature e motion blur, con un uso vistoso del cross-processing e del bleach bypass per alterare i contrasti e dare un senso di spaesamento. Questo immaginario visivo riflette bene l'umore musicale: un’esplorazione dal taglio personale e riflessivo, spesso solitario e disincantato, talvolta in cerca di vie di fuga anche poco lineari  da una società verso la quale si avverte uno scollamento.
Anche sul piano sonoro, l’estetica del post-britpop è segnata da dinamiche ampie e atmosfere sfuggenti. Come le immagini sgranate e dai contorni incerti di quell’epoca, molte composizioni alternano passaggi rarefatti e momenti più densi, in un gioco di contrasti che riecheggia le tinte desaturate delle copertine. Il movimento è costante, ma sottotraccia: armonie sfumate, variazioni graduali e dinamiche intense ma mai esasperate contribuiscono a un panorama sonoro volutamente ambiguo, quasi in dissolvenza, che punta a coinvolgere più che a stupire. E a dar voce a un sentimento comune a molti giovani in quell'epoca di transizione, un'incertezza riguardo al futuro che resta capace di slanci creativi e voli di fantasia. Più che abbandonarsi alla disillusione, artisti e ascoltatori cercano rifugio in un mondo sonoro personale, dove l’immaginazione diventa via di fuga e strumento di esplorazione emotiva.

Coldplay e Snow Patrol sono le band che hanno portato questa sintesi ai maggiori riscontri commerciali: hanno saputo prendere spunto dalla varietà della tavolozza post-britpop per elaborare formule pop-rock efficaci e di grande successo, capaci di parlare a un pubblico ampio e confermare negli anni il proprio legame coi fan. Attualmente, anche grazie ai frequenti cambi di sound, i Coldplay sono fra le formazioni più seguite del mondo con 95 milioni di ascoltatori mensili su Spotify; meno celebrati in Italia, gli Snow Patrol raggiungono comunque ancora oggi i 10 milioni.
A oggi, mancano purtroppo trattazioni organiche del panorama, che aiutino esplorare oltre questa scena variegata. "When Quiet Was The New Loud - Celebrating The Acoustic Airwaves 1998-2003" di Tom Clayton è tuttavia un testo che offre un'ottima panoramica trasversale su molti degli artisti e dei temi legati alla playlist. Scritto con uno sguardo personale, il libro cattura le sensazioni di chi ha vissuto quell'epoca in diretta, avendo mancato di poco la sbornia britpop e trovando rifugio nel mood più umbratile delle nuove formazioni. Pur includendo anche artisti non direttamente pertinenti alla selezione, come i Kings Of Convenience e Dido, il testo restituisce un quadro efficace del clima musicale più "adulto" in cui il post-britpop si è inserito.

La storia della musica pop spesso celebra le rivoluzioni più fragorose, e non è strano che il post-britpop - nonostante la fama di diversi suoi rappresentanti - abbia finito per essere escluso da gran parte delle narrazioni. Non sarà stato vissuto, all'epoca, come un fenomeno dirompente, ma ha rappresentato comunque un laboratorio di idee che ha lasciato un segno duraturo. La sedimentazione di una consapevolezza sull'identità musicale del filone è stata forse interrotta dall'emergere dell'hype attorno al nuovo garage e alla prima ondata di revival post-punk, che con Strokes e affini ha riportato suoni spigliati ed energizzanti al centro dell'attenzione dei giovani attenti al rock. Eppure, quella breve parentesi di colori attenuati e suoni cangianti ha saputo essere specchio delle sensazioni di giovani sospesi tra la fine di un'era e la ricerca di nuove direzioni. E nascosta in piena vista fra le note di artisti affermati è arrivata fino ai giorni nostri, capace di risuonare ancora con le inquietudini e le sfide della contemporaneità. Merita, se non una celebrazione, almeno una riscoperta.

 

02/03/2025