Rick Wakeman

Liberamente prog

intervista di Michele Savoldi

Rick Wakeman è uno di quegli artisti che significano parecchio per me. Da adolescente non ho mai sognato di diventare un virtuoso della chitarra, ma delle tastiere sì e solo grazie a Rick. Poi la mia innata pigrizia mi ha impedito di seguire le sue orme, portandomi a esprimermi con un'attitudine musicale più punk, attitudine che forse qualcuno con sorpresa – leggendo questa intervista – troverà in parte affine alla visione musicale del biondo virtuoso dei tasti d'avorio. Rick non si risparmia, fiumi di note quando suona e fiumi di parole quando parla: in entrambi i casi, però, il sottoscritto non ne ha mai abbastanza…

Ciao Rick!
Ciao Mickey, stai bene?

Abbastanza bene, abbiamo passato un periodo tosto in Italia ma speriamo di superarlo.
Lo spero anche io per la musica, per i musicisti, i teatri, i locali e per la gente che ama la musica e ha bisogno di esibizioni dal vivo. Se ogni sorta di “industria” ha bisogno di un vaccino per essere aiutata, ne hanno soprattutto bisogno quella musicale, quella artistica e teatrale: senza un vaccino, come possiamo ancora riempire di gente i teatri? Io ho dovuto cancellare tutto quest'anno, tutto per davvero, avevo concerti ovunque: Italia, Ungheria, Svizzera, America, Canada, Australia, Brasile, Argentina, Regno Unito... tutto annullato! È così difficile... io parlo con molte persone e a tutti mancano le esibizioni dal vivo, l'andare ai concerti, vedere persone con cui parlare di musica e di dischi: si tratta di una parte importante della vita sociale, specialmente in paesi come il Regno Unito e l'Italia, una nazione così musicale. Se non vuoi parlare di calcio e musica in Italia, devi trasferirti!

Ahah… davvero! Comunque volevo dirti che intervisterò anche Jon Anderson!
Fantastico, salutamelo davvero! Dovrei chiamarlo in effetti...

Rick WakemanMi ricordo quando lo intervistai per l'album “The Living Tree” (registrato proprio con Rick Wakeman, ndr)...
Sì, quello è stato un album divertente che ha raggiunto molto di ciò per cui era pensato. Per “The Living Tree”, infatti, Jon e io abbiamo parlato a lungo prima di iniziare a registrarlo, entrambi volevamo fare un disco che tornasse alla melodia. La trovavamo una cosa importante perché i dischi degli Yes che erano usciti poco prima erano più basati sulla ritmica e cose simili, laddove la musica degli Yes dei primi tempi, degli anni Settanta, era certamente basata sulla melodia: tutto iniziava con delle melodie. Entrambi pensavamo che questa cosa fosse andata un po' perduta, dunque decidemmo di fare un disco che tornasse alle radici, acustico, piano e voce, in modo da poter tornare ancora alla melodia e al racconto di storie. Effettivamente abbiamo registrato più canzoni rispetto a quelle che ci sono sul disco, dovrebbero essercene altre quattro o cinque, Jon dovrebbe ricordarselo: abbiamo scelto quelle che pensavamo fossero le migliori scartando il resto. È stato davvero divertente realizzarlo e credo che abbia raggiunto l'obiettivo prefissato: pensare ancora alla melodia.

Marte: che significato ha per te, perché hai deciso di dedicare un album al Pianeta Rosso?
Bisogna tornare indietro di tre-quattro anni, tutto è iniziato durante uno dei tour Anderson-Rabin-Wakeman in America: a me piace molto incontrare persone e parlare con la gente ai concerti per sentire cos'ha da dire chi ama la musica. Molti mi hanno chiesto: “Perché non fai un disco prog strumentale come ‘The Six Wives’ o ‘Criminal Record’, come facevi una volta?”. Il fatto è che quando faccio un concept-album prog strumentale, ho bisogno di un soggetto e non posso semplicemente sceglierne uno e dire: “Ok, quello va bene!”. Deve entrarmi dentro e ispirarmi, in tal caso probabilmente lo farei. Poi abbiamo fatto show per tutta Europa e ancora mi è stata posta la stessa domanda e in più ho ricevuto montagne di mail in cui mi si chiedeva perché non registrassi un album prog strumentale. In seguito, circa tre anni fa, mi sembra, ha avuto luogo lo Starmus Festival che è stato creato da Stephen Hawking, Brian May e da un signore che si chiama Garik Israelian, che ha scoperto i buchi neri. Anche Brian May è un astrofisico, come probabilmente saprai, e mi ha chiamato per dirmi: “Rick, noi facciamo un festival ogni due anni, si chiama Starmus e lo colleghiamo sempre alla musica, alle band. Abbiamo molti astronauti che vengono a parlare, fisici, è una grossa convention…”. E aggiunse: “So che ami lo spazio e che hai fatto dischi come ‘Out There’, ‘2000 A.D. Into The Future’ e ‘No Earthly Connection’, so che te ne intendi e che la Nasa ha mandato la tua musica nello spazio: perché non vieni con la band a suonare al festival?”. Io ho accettato e quell'anno si è tenuto a Tenerife: abbiamo incontrato gente fantastica, mi sono divertito un sacco e sono stato molto coinvolto a livello musicale, ho suonato con Brian May e, mentre ero là, Garik mi ha parlato del successivo festival che si sarebbe tenuto a Zurigo nel 2019. Mi ha chiesto di partecipare insieme a Hans Zimmer, ovviamente Brian May, e Steve Vai dicendo che gli sarebbe piaciuto che suonassi con una grande orchestra, e gli ho risposto: “Ok, c'è una tematica particolare?”. E lui: “Sì, è il cinquantesimo anniversario dello sbarco sulla Luna e avremo con noi ogni astronauta ancora vivente che ha camminato sulla Luna!”. L’ho trovato fantastico e ho pensato che sarebbe stato difficile arrivare di nuovo a quei livelli. Ma lui mi ha anche aggiunto che la successiva edizione, nel 2021, sarebbe stata dedicata all'anniversario del primo Rover sbarcato su Marte. Così gli ho detto: “Grazie Garik, è proprio quello di cui avevo bisogno! Conosco Marte abbastanza, due milioni di anni fa era molto simile alla Terra, con mari, fiumi e acqua. Me ne intendo parecchio e intendo approfondire ulteriormente!. Lui allora mi ha chiesto il perché, e gli ho risposto: “Perché quello sarà il mio prossimo album!”.“Se lo realizzerai, quando faremo il prossimo Starmus Festival nel 2021 verrai a suonare!”, mi ha proposto. Così ci siamo subito accordati. Una volta tornato, mi sono tuffato sui libri e i miei amici alla Nasa mi hanno mandato foto e informazioni, più tutto quello che si trova online. Prendo sempre un sacco di appunti su tutto e alcune delle foto che ho visto mi hanno ispirato, ne ho stampate molte e le ho sparse intorno al pianoforte: una fonte di grande ispirazione! Ho impiegato un periodo di un anno a scrivere musica che fosse adatta, registrando un sacco e scegliendo i pezzi che ritenevo davvero validi, che calzassero per il disco. Ecco come ha funzionato per l'ispirazione iniziale: non riesco a scrivere semplicemente dicendo “lo chiamerò nel tal modo”, proprio non ce la faccio, deve esserci un concetto dietro, che è dato da tutto quello che penso, da tutto quello che leggo in quel periodo.

Hai anche realizzato dei bei dischi e cd pop-up. Quanto ritieni importante il formato fisico nella bizzarra epoca digitale in cui viviamo?
Per me è davvero importante, ho 71 anni e naturalmente sono cresciuto con gli Lp: la gioia degli Lp era per me comprarli, aprirli, leggere le informazioni e apprezzare i brillanti artwork e tutte le cose interessanti che vi potevi trovare dentro. Le band si sedevano per discutere a lungo la copertina dell'album, che era fondamentale per gruppi come gli Yes. Poi, quando sono arrivati i cd, hanno ucciso un po' gli Lp: la copertina non era più così importante, le informazioni stampate nel libretto - a meno che tu non fossi una mosca con una lente d'ingrandimento - erano impossibili da leggere! La gente non ci badava ed era molto triste, era diventato un pezzo di ferraglia da far suonare. Dunque, quando c’è stata la riscoperta del vinile, è stato fantastico - non solo per la gioia dei più giovani - ritrovare la bellezza delle copertine. Quando abbiamo messo insieme “The Red Planet” un anno e mezzo fa, il team di artisti di Martin Cook ha iniziato a lavorarci su lanciando idee, accettandole o scartandole, persino poco prima di stampare, ci sono stati piccoli cambiamenti. Per esempio, i riferimenti a David Bowie sui lati della tuta spaziale e l'aggiunta del MiniMoog. Abbiamo impiegato molto tempo con molta cura, io credo che la copertina debba essere un'indicazione del contenuto: se le persone lavorano bene alla copertina, ci sono buone possibilità che anche la musica abbia ricevuto la stessa quantità di attenzione. È davvero un ritorno a tutto ciò.

È un piacere tenere in mano una cosa del genere e non semplicemente ascoltare la musica...
Sì, una delle cose per le quali ho sempre discusso è che l'industria musicale e discografica, per molti, molti anni ha commesso errori enormi perché ha continuato a dirci che avevano dei rimpiazzi: hanno pensato di sostituire i 33 giri con le cassette, poi con i cd, quindi con il download e lo streaming sono arrivati a sostenere che non avremmo più avuto bisogno di un supporto fisico, dell'hardware etc. Tutto sbagliato! Quello che avrebbero dovuto fare nel tempo è dire: “Hey, guardate: ecco un altro modo per godersi la musica! Potete avere la musica in cd, in cassetta – e hanno ricominciato a fare cassette proprio ora – tanti modi per avere la musica, non solo uno”. Credo che la cosa fantastica di oggi sia che la gente, anche i giovani, l'abbiamo capito e che possano scaricare musica per l'iPod in modo da ascoltarla in treno, andando al lavoro o in auto; poi c'è il cd che è molto conveniente, l'Lp che è l’ideale per leggere e per godersi la copertina oltre al fatto che è fantastico da far suonare col gesto fisico di mettere la puntina sul disco. La cosa divertente è che la gente all'inizio ci scriveva ascoltando i dischi a 33 giri prima di scoprire che andavano a 45 giri... Qualcuno ci diceva: “Alcune canzoni sono un po' lente!”. E noi: “Esatto! Prova ad ascoltarle a 45 giri”. La ragione per i 45 giri è la miglior qualità.

Rick WakemanCerto... tornando al passato, so che deve essere molto difficile rispondere: quali sono i tuoi migliori e peggiori ricordi di essere stato Rick Wakeman negli anni Settanta?
(Ride) Oh, caspita! Ho dei magnifici ricordi, certamente aver eseguito “Journey To The Center Of The Earth” con l'orchestra, e “King Arthur”, aver suonato con gli Yes e aver realizzato album come “Close To The Edge” e persino nel 1977 aver registrato brani come “Awaken” con gli Yes. E poi aver lavorato con gente come David Bowie e Marc Bolan... Un'epoca fantastica: la cosa migliore degli anni Settanta era che ti svegliavi pensando alla musica, impiegavi la giornata pensando alla musica e andavi a letto pensando alla musica...tutto era musica! Il peggio fu - credo - la fine degli anni Settanta, quando le compagnie discografiche che erano abituate a lasciar comporre la musica tranquillamente alle band e ai musicisti, improvvisamente hanno pensato di conoscere bene la nostra musica, laddove non era così. Allo stesso modo in cui non capivamo nulla di affari, loro non capivano nulla di musica. Hanno cominciato a dire: “Ci serve più basso su questa musica, più batteria...”, così, tanto per dire qualcosa e avevano torto! È interessante notare che per la prima metà degli anni Settanta, fino a circa il 1976-‘77, direi fino a “Going For The One” incluso, ci lasciavano in pace. Poi, niente più. Alla fine degli anni Settanta improvvisamente non mi era più permesso di fare la musica che volevo, mi veniva detto cosa dovevo fare. Sfortunatamente faccio parte di quelle persone che hanno detto: “No, non lo faccio!”, cosa che ha sempre creato problemi. Ho vissuto il meglio e il peggio degli anni Settanta.

Ho letto un'intervista molto interessante che hai rilasciato insieme al mio amico JJ Burnel degli Stranglers. Personalmente amo tanto il progressive rock quanto il punk rock e talvolta li mischio con la mia band, i Mugshots. Vedi qualche contraddizione?
No, sai... ho letto parecchi articoli che dicevano che odio il punk rock e ciò non è assolutamente vero. Faccio notare alla gente il fatto che sono la persona che ha scoperto i Tubes, portandoli alla A&M, Fee Waybill è ancora un mio grande amico e adoro i Tubes, adoro gli Stranglers, adoro i Jam, ci sono così tante grandi band. Riguardo gli Stranglers, una volta che ho parlato con Hugh Cornwell, mi ha detto: “Ci hanno sempre incluso nel punk, ma non ho mai pensato di fare punk rock!”. Ma non importa dove ti collochi la gente, basta che ti collochi. Penso che ci sia una bella connessione, perché si trattava di una stupenda ribellione contro quello che stava succedendo, una cosa che è sempre accaduta nella musica: c'è sempre un nuovo genere di musica che arriva, se torni agli anni Cinquanta si trattava dei cantanti, li chiamavamo crooner; poi le beat band, le pop band hanno preso il sopravvento suonando canzoni pop e uccidendo il mondo dei cantanti solisti. Poi è successo che molti musicisti hanno voluto fare qualcosa di più che musica pop, perché erano musicisti migliori, con più idee, e così nacque il progressive rock: musicisti che volevano suonare più di tre accordi e avere una bella canzonetta. Così ciò, per un breve periodo di tempo, uccise le band pop. È sempre successo che ci fosse una generazione di persone che dicono: “No, no, no, aspetta un momento, questa cosa non mi piace”. E anche molti musicisti che dicono: “Noi vogliamo suonare, ma non questa roba prog, forse perché non siamo in grado di farla, ma forse anche perché non ci appartiene”. Perché una delle cose più interessanti - ed è lo stesso ovunque - è che quando sei giovane, ascolti la musica che scelgono i tuoi genitori, questa è la musica con cui cresci; ma quando sei più o meno teenager, non vuoi ascoltare quello che volevano i tuoi genitori, vuoi delle cose che siano tue. E questo è esattamente quello che è successo nel tempo: il punk è stato una ribellione contro ciò che accadeva nel mondo, contro la gente, contro la moda, contro l'arte, contro la musica... Per questa ragione quando la gente mi diceva che non sarebbe durato, io invece rispondevo: “Durerà eccome, perché avrà un ruolo importante da giocare negli anni a venire, e guardando indietro vedremo quanto avrà cambiato l'arte, la musica, la recitazione e tutto quanto”. E così è andata. La cosa migliore è che musicalmente è sopravvissuto e giustamente vende, anche. C'era sicuramente un elemento negli Stranglers che era più o meno progressive, il che è grande, perché prog significa infrangere le regole e gli Stranglers hanno infranto le regole.

Sì, di recente abbiamo purtroppo perso Dave Greenfield, il tastierista, che integrò questa influenza...
Lo so, ho incontrato Dave e ho parlato a Hugh di Dave, ho anche realizzato un paio di tributi. Parlando di “Golden Brown”, ci sono stati un paio di tentativi di registrarla non andati a buon fine, e Hugh mi ha raccontato che è stato solo quando Dave l’ha messa insieme che sono riusciti a interpretarla. Naturalmente è uno dei più grandi classici di tutti i tempi.

Rick Wakeman - David BowieHo un paio di domande da parte di due rinomati musicisti italiani. Il cantante e autore Enrico Ruggeri vorrebbe sapere com'è stato lavorare con David Bowie e com'era lui umanamente al di là della musica.
David... non posso dire abbastanza di David, era un uomo fantastico, con una grande visione e mi ha dato grandi consigli negli anni. Uno dei migliori consigli che mi ha dato è: “Quando lavori alla tua musica, sii certo di scegliere musicisti che capiscono quello che vuoi, perché se così non sarà, potrai avere i migliori musicisti al mondo ma se non hanno idea di come pensi musicalmente, non otterrai i risultati che desideri. Scegli musicisti che ti capiscono”. Ed è quello che ha fatto durante la sua carriera: ha cambiato la band un sacco, a seconda della musica che stava facendo. Sceglieva i musicisti che pensava fossero il meglio per la musica che stava facendo in quel momento. Lui diceva di credere in se stesso, ripeteva: “Se credi in qualcosa, non ascoltare i manager, le etichette discografiche e i produttori! Se ci credi, fallo: perché se funziona le etichette e i manager si prenderanno tutto il merito; se fallisce ti daranno la colpa. Non vinci in nessun caso, dunque sii sicuro di fare ciò in cui credi!”. Era grande e come uomo lo amavo davvero. Siamo rimasti molto amici, lo vedevo parecchio nei tardi anni Settanta - dal 1976 in avanti - perché vivevamo entrambi in Svizzera, andavamo in un piccolo club chiamato Museum Club a Montreaux, che è ancora là. Ci incontravamo per mettere giù qualche testo, qualche musica e chiacchierare, non ero mai stanco di incontrare David e di parlare con lui, penso che la sua influenza musicale sia la più importante del tardo XX secolo. Penso che la gente parlerà della sua musica e analizzerà quello che ha fatto per i prossimi cento anni.

Come per un compositore classico...
Assolutamente! Era così intelligente, faceva sempre cose inaspettate, ecco perché amavo lavorare con lui, non faceva mai quello che ti aspettavi. Era un genio del palco, è stato ancora più brillante nel creare personaggi come Ziggy o Aladdin Sane, sapeva essere persone diverse allo stesso tempo. E quando aveva utilizzato tutto di quel personaggio, se ne sbarazzava e ne compariva un altro. Brillante e davvero, davvero intelligente.

Silvio Capeccia, il tastierista dei Decibel, vorrebbe invece conoscere la tua opinione riguardo il nuovo “Moog One”...
Beh (guardando su Internet, ndr) la verità è che non sapevo della sua esistenza fino a quando non me l'hai chiesto, dunque te ne sono davvero grato e direi che sembra proprio qualcosa che dovrei avere (ride), è tutto quello che posso dire.

Ok, perfetto! Quali sono i tuoi ricordi dell'Italia e hai un messaggio e un saluto finali per i fan italiani?
Amo davvero l'Italia, l'ho amata per anni: sono venuto la prima volta, credo, nel 1970 con gli Strawbs, penso sia stata la prima volta che venivo in Italia. È stato bello, abbiamo suonato in piccoli bar e folk-club, ovunque potessimo suonare, andavamo. Mi appassionai sempre di più all'Italia di anno in anno, sicuramente negli ultimi vent'anni - diventando più vecchio dopo i cinquant'anni - ho iniziato a seguire seriamente l'architettura e il mio architetto preferito di tutti i tempi è il Palladio. È fantastico, ho fatto tanti viaggi qui, a Venezia e dintorni, a Vicenza, per vedere l'architettura palladiana. Sono stato molto fortunato a conoscere persone che mi hanno portato nelle ville private a vedere i suoi lavori e le incredibili strutture degli edifici, delle case e delle ville da lui progettate e costruite. Per me è una gioia venire in Italia, non credo che ci sia stato un anno negli ultimi quindici in cui non sia venuto là almeno una volta, a volte anche di più, sia per i concerti di pianoforte che per i concerti con la band o con l'orchestra, per poi farmi un magnifico viaggio e godermi la fantastica architettura, i musei e le gallerie d'arte. Amo tutto questo e ho semi-vissuto – andando avanti e indietro dal Regno Unito – a Milano e dintorni, era fantastico: avevo amici a Lugano oltre il confine e prendevo il treno per andare a Como dai miei amici, guidavo lì intorno e ovunque andassi incontravo musicisti e gente del mondo della musica. Sono anche un grande fan dell'Opera e del Balletto che erano ovunque. Non mi stanco mai di essere in Italia e mai mi stancherò.

(06/09/2020)

***

Ritratti al piano

di Claudio Fabretti

"Tutto è cominciato dopo la morte di David Bowie. Mi sono messo al piano per registrare una versione strumentale di 'Life On Mars?' per beneficenza. È diventata una hit-single da n.1 e mi ha spinto a fare un intero disco di piano music”. Quello che Rick Wakeman non si aspettava, forse, è che diventasse il primo album “piano solo” a varcare le soglie della Top Ten britannica. Lo storico tastierista degli Yes lo ha proposto dal vivo al pubblico italiano insieme ai classici del suo repertorio. Ne abbiamo approfittato per questa piacevole chiacchierata, che spazia dalla musica alla politica, senza trascurare l'immancabile parentesi calcistica.


Il tuo ultimo album, “Piano Portraits”, è un miracolo di equilibrismo: come sei riuscito a tenere insieme Led Zeppelin, Beatles e Bowie con i temi classici di Debussy e Tchaikovsky?
La cosa più importante è la melodia. Con una melodia efficace puoi fare tante variazioni musicali interessanti. L'unico denominatore comune del disco è stato questo.

Hai sempre avuto tanti fan qui, qual è il tuo rapporto con l'Italia?
Amo sempre venire in Italia. La mia prima volta fu con gli Strawbs nel 1970, poi tornai con gli Yes nel 1972. Esperienze molto interessanti, anche se a volte furono show un po' caotici, con il pubblico che abbatteva le transenne e voleva salire sul palco. Ma amo l'Italia e quando posso tornare, lo faccio volentieri.

Sei anche un appassionato di calcio. È vero che tifi per il Napoli?
Sì! Amo molto la città e la sua squadra ha i colori della squadra che tifo in Premiership: il Manchester City.

In passato hai anche suonato ad alcuni party dei Tories, che cosa pensi dell'attuale situazione politica nel Regno Unito e della Brexit?
Sono stato a favore della Brexit. Ovviamente sono per il libero commercio tra tutti i paesi, ma non voglio leggi per i cittadini britannici “made in Bruxelles”. Ci sono state tante norme sfavorevoli al nostro popolo, molta gente era arrabbiata e così la maggioranza ha votato Leave. Ma anche chi ha reagito duramente all'uscita della Gran Bretagna dall'Ue e faceva fosche previsioni su disoccupazione e crisi finanziarie è stato smentito: il FTSE 100 (l'indice della Borsa di Londra, ndr) è al suo livello più alto, la disoccupazione a quello più basso dal 1974.

Nessuna speranza, quindi, per l'Unione europea?
Se davvero ci fosse un mercato comune, come era stato progettato inizialmente, potrebbe funzionare. Ma come può un paese essere felice se le sue leggi vengono prodotte da un altro paese?

Rick Wakeman - YesLa tua carriera inizia dopo i tuoi studi giovanili con gli Strawbs con cui hai suonato dal 1969 al 1971 prima di entrare a far parte degli Yes. Cosa ricordi di quegli anni? Quanto hanno influenzato la tua carriera successiva?
Sono stato ufficialmente negli Strawbs dall'aprile 1970 ad agosto del 1971. Ma erano bei tempi. Amo le canzoni e i testi di Dave Cousins e ci siamo divertiti molto a suonare ovunque, dai folk-club alle università e ai piccoli teatri. Una parte memorabile del mio apprendistato musicale!
Dopo gli Strawbs è iniziata la tua carriera con gli Yes, gruppo in cui hai certamente contribuito con il tuo stile a formare quel sound che ha permesso la nascita di pietre miliari come “Fragile” e “Close To The Edge”. Questi capolavori nascono da una perfetta sintesi tra te, Howe, Bruford, Anderson e Squire o li ritieni frutto delle vostre singole capacità tecniche?
Tutti avevamo un ruolo. Ma il segreto era il fatto che ognuno di noi aveva un diverso background e stile musicale. Mescola tutto ciò, e otterrai la ricetta degli Yes.

Rick Wakeman - Keith EmersonSono gli anni in cui nasce tra gli appassionati del progressive rock una diatriba tra te e Keith Emerson. Proprio un anno fa Emerson si è tolto la vita. Quali ricordi hai di lui? Ha influenzato in qualche modo il tuo stile o eravate effettivamente molto diversi come tanti degli appassionati del prog ritenevano?
Keith e io abbiamo sempre pensato che questo dualismo fosse molto stupido. Eravamo musicisti completamente diversi: era come paragonare un portiere a un attaccante. Il suo suicidio mi ha sconvolto, eravamo ottimi amici e ci apprezzavamo molto, ma penso che nessuno di noi sia mai stato influenzato dall'altro.

Gli anni 70 sono stati per te soprattutto gli anni degli Yes; non tutti sanno però che per strane coincidenze hai collaborato anche con i Black Sabbath (“Sabbath Bloody Sabbath” del 1973). Com’è nato questo strano sodalizio?
Eravamo grandi amici e lo siamo ancora. Anche mio figlio Adam suona con loro, da 15 anni. All'epoca mi chiesero di inserire qualche parte di synth nel loro disco e ne fui entusiasta. Poi ho fatto anche “Ozzmosis” con Ozzy, un album che mi piace molto.

È vero che non sei mai apparso nella formazione ufficiale dei Sabbath perché Ozzy Osbourne era preoccupato delle reazioni dei loro fan?
In quegli anni le band metal erano al 100% “guitar orientated” e, per quell'epoca, era giusto così. I tempi oggi sono decisamente cambiati, se penso che i Judas Priest, nel loro ultimo lavoro, hanno cercato di fare un concept-album. E anche i dischi solisti di Ozzy hanno alcune belle parti di tastiera. La musica progredisce, e Ozzy è uno che sta sempre avanti, uno che guarda al futuro.

La tua carriera solista inizia molto presto, in concomitanza con la tua appartenenza agli Yes. Uno dei tuoi album solisti più noti è il poderoso “The Six Wives Of Henry VIII” del 1973. Perché in quegli anni che dovevano essere molto pieni per te hai sentito il bisogno di iniziare a pubblicare album da solo? C’era qualcosa che non riuscivi a esprimere con gli Yes o con i Black Sabbath?
Non tutto ciò che scrivi può funzionare per la band di cui fai parte, ma non è detto che non abbia altro rilievo o significato. La mia carriera solista mi ha permesso di suonare e registrare materiale che era esclusivamente quello che sentivo musicalmente e che era importante per me.

Hai anche collaborato con un altro grande artista scomparso di recente, David Bowie, a cominciare dalla celebre parte di piano di “Life On Mars?”. Che cosa hai provato quando hai saputo della sua scomparsa?
Niente mi ha mai sorpreso di David, ma la sua morte è stata un colpo durissimo per me. Gli sono riconoscente per averci lasciato tanta splendida musica, ma anche arte, moda, ricordi... Per tutto.

Ti sei dedicato molto alle colonne sonore, ne ho contate una ventina. Perché ti sei avvicinato così a questo genere?
Perché è un bellissimo esercizio, quello di lavorare con le immagini. Ti permette di scrivere musica che normalmente non riusciresti a comporre.

Hai appena compiuto 50 anni di carriera, in gran parte nel segno del progressive rock. Che cosa può offrire oggi, il prog, alle nuove generazioni?
È semplice: la libertà. Il progressive rock ha incoraggiato musicisti di tutto il mondo a essere se stessi e a fare musica con la mente e con il cuore. E spero possa continuare a farlo a lungo.

(07/05/2017 - Versione estesa di un'intervista pubblicata su "Leggo")

Discografia

STRAWBS
Dragonfly (A&M Records, 1970)
Just A Collection Of Antiques And Curios (live A&M Records, 1970)
From The Witchwood (A&M Records, 1971)
YES
Yes(Atlantic, 1969)
Time And A Word(Atlantic, 1970)
The Yes Album(Atlantic, 1971)
Fragile(Atlantic, 1972)
Close To The Edge(Atlantic, 1972)
Yessongs(live, Atlantic, 1973)
Tales From Topographic Oceans(Atlantic, 1974)
Relayer(Atlantic, 1974)
Going For The One(Atlantic, 1977)
Tormato(Atlantic, 1978)
Drama(Atlantic, 1980)
Yesshows(live, Atlantic, 1980)
90125(Atco, 1983)
9012Live: The Solos(live, Atco, 1985)
Big Generator(Atco, 1987)
Union(Arista, 1991)
Talk(Victory Music, 1994)
Keys To Ascension(live+studio, Essential, 1996)
Keys To Ascension 2(live+studio, Essential, 1997)
Open Your Eyes(Eagle, 1997)
The Ladder(Eagle, 1999)
House Of Yes: Live At The House Of Blues(live, Eagle, 2000)
Magnification(Eagle, 2001)
Symphonic Live (live, Eagle, 2002)
Fly From Here(Frontiers, 2011)
Heaven & Earth(Frontiers, 2014)
The Quest (Sony, 2021)
CON ANDERSON, BRUFORD, WAKEMAN, HOWE
Anderson Bruford Wakeman Howe (1989)
An Evening Of Yes Music Plus (2000)
CON I BLACK SABBATH
Sabbath Bloody Sabbath (1973)
CON OZZY OSBOURNE
Ozzmosis (1995)
CON DAVID COUSINS
Wakeman & Cousins - Hummingbird (2002)
CON MARIO FASCIANO
Black Nights In The Court Of Ferdinand IV (1989)
Stella Bianca alla corte de Re Ferdinando (1999)
RICK WAKEMAN
Piano Vibrations (1971)
The Six Wives Of Henry VIII (1973)
Journey To The Centre Of The Earth (1974)
The Myths & Legends Of King Arthur & The Knights Of the Round Table (1975)
Lisztomania (1975)
No Earthly Connection (1976)
White Rock (1977)
Rick Wakeman's Criminal Record (1977)
Rhapsodies(1979)
The Burning (Film Soundtrack) (1981)
1984 (1981)
Rock'n'Roll Prophet (1982)
Cost Of Living (1983)
G'ole! (1983)
Crimes Of Passion(1984)
Silent Nights (1985)
Live At Hammersmith (live, 1985)
Country Airs (Original) (1986)
The Family Album (1987)
The Gospels (1987)
Time Machine (1988)
A Suite Of Gods (1988)
Zodiaque (1988)
The Word And The Gospels (1988)
Black Knights At The Court Of Ferdinand IV (1989)
Sea Airs (1989)
Night Airs (1990)
Phantom Power (1990)
In The Beginning (1990)
Rock'n'Roll Prophet Plus (1991)
Aspirant Sunrise (1991)
Aspirant Sunset (1991)
Aspirant Sunshadows (1991)
The Classical Connection (1991)
2000AD Into The Future (1991)
African Bach (1991)
Softsword (1991)
Country Airs (1992)
The Classical Connection 2 (1993)
Wakeman With Wakeman (1993)
The Heritage Suite (1993)
No Expense Spared (1993)
Prayers (1993)
Unleashing The Tethered One - The 1974 North American Tour (1993)
Wakeman With Wakeman - The Official Bootleg (1994)
Live On The Test (1994)
Wakeman With Wakeman Live (1994)
Almost Live In Europe (1995)
The Piano Album (1995)
The Private Collection (1995)
Romance Of The Victorian Age (1995)
The Seven Wonders Of The World (1995)
Rick Wakeman In Concert (1995)
Visions (1995)
Cirque Surreal (1995)
Fields Of Green (1996)
The New Gospels (1996)
Tapestries (1996)
Can You Hear Me? (1996)
Vignettes (1996)
Orisons (1996)
The Word And Music (1996)
Tribute (1997)
Simply Acoustic - The Music (1997)
Fields Of Green '97 (1997)
Themes (1998)
Return To The Centre Of The Earth (1999)
White Rock II (1999)
The Natural World Trilogy (1999)
The Art In Music Trilogy (1999)
Official Live Bootleg (1999)
Stella Bianca alla corte de Re Ferdinando (1999)
Preludes To A Century (2000)
Chronicles Of Man (2000)
Christmas Variations (2000)
Rick Wakeman Live In Concert 2000 CD (2000)
Morning Has Broken (2000)
Out Of The Blue (2001)
Classical Variations (2001)
Two Sides Of Yes (2001)
Treasure Chest Volume 1 - The Real Lisztomania (2002)
Treasure Chest Volume 2 - The Oscar Concert (2002)
Treasure Chest Volume 3 - The Missing Half (2002)
Treasure Chest Volume 4 - Almost Classical(2002)
Treasure Chest Volume 5 - The Mixture (2002)
Treasure Chest Volume 6 - Medium Rare (2002)
Treasure Chest Volume 7 - Journey To The Centre Of The Earth + (2002)
Treasure Chest Volume 8 - Stories (2002)
Two Sides Of Yes - Volume 2 (2002)
The Yes Piano Variations (2002)
Wakeman & Cousins - Hummingbird (2002)
The Wizard And The Forest Of All Dreams (2002)
Out There (2003)
Rick Wakeman At Lincoln Cathedral (2005)
Retro (2006)
Live At The BBC (2007)
Retro 2 (2007)
The Six Wives Of Henry VIII Live At Hampton Court Palace (2009)
Always With You (2010)
Past, Present And Future (2010)
Anderson/Wakeman - The Living Tree (2010)
Anderson/Wakeman - The Living Tree In Concert Part One (2010)
In The Nick Of Time (2012)
Journey To The Centre Of The Earth 2012 (2012)
The Myths & Legends Of King Arthur & The Knights Of The Round Table 2016 (2016)
Piano Portraits (2017)
Pietra miliare
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