It's been a weird time for me. I've been in limbo waiting nearly 5 years to release my next project. Now it seems the world has joined me in this bullshit. My escape is music, creating a world where I can escape the bullshit. I hope this album can be an escape for you too.
Sempre parco di dettagli, il londinese Dornik - questo è tutto ciò che ci è dato sapere al momento circa il suo nuovo progetto. Ma tra le possibili cause di questi cinque anni di limbo, una è individuabile anche alla cieca: la fine del rapporto con la casa discografica - nel suo caso, Prm sotto Island. Facile immaginare come possa essere andata, è un po' la stessa storia che si ripete e fa deragliare anche gli artisti più promettenti (a fargli compagnia in tempi recenti, sempre in Uk:
Laura Mvula e
Anaïs). Le moderne
major tendono a elargire contratti con gran facilità seguendo la filosofia del "non si sa mai", ma in verità grossa parte degli sforzi vengono spesso concentrati su quel pugno di nomi già affermati o più spendibili sul web e in radio. Dopo un primo progetto spesso lanciato senza troppi entusiasmi, i rimanenti artisti "minori" vengono messi in sala d'attesa a tempo indeterminato - in "Limboland", appunto.
A monte dell'insuccesso del debutto "
Dornik" di cinque anni fa c'era comunque un problema storico; l'industria anglosassone va nel pallone quando si tratta di piazzare un artista nero che non faccia
garage o
grime - o che non provenga per lo meno dal giro di
Shabaka Hutchings. Dornik, invece, è più affine a
Thundercat e
Dam-Funk, in passato è stato al lavoro col collettivo
OFWGKTA e
Syd degli
Internet. E in una nazione dove il concetto di funk è fermo agli anni 70, e il soul fa rima con
Sam Smith, un batterista a cavallo tra
fusion e hip-hop è
outsider tanto quanto un compositore
avantgarde. Qualche anno fa Dornik aveva provato a uscire dal limbo con un paio di singoli dal più patinato taglio pop ("
God Knows" e "
Bestie"), uno scomodo compromesso che - a tutt'oggi - non ha convinto né il pubblico né lo stesso autore.
"Limboland" esce quindi come progretto indipendente, fuori dai grandi giochi del mercato e probabilmente ormai seguito solo da quei pochi che ancora si ricordano di lui. La frustrazione dell'autore è palpabile, l'ascolto è venato da una rabbia personale ma che vira anche verso l'attuale panorama politico, c'è confusione emotiva ed erotica, tutti sentimenti che confluiscono in un collage sfilacciato e anche un po' disordinato.
La conversazione a tre "Hang On" lascia un cattivo gusto sul palato, "You're The Only Reason" stenta a decollare perché - nonostante la bella atmosfera di contorno - la linea melodica intonata col fare sonnolento di un
Kevin Parker è quasi inesistente. Insondabili gli intermezzi semi-parlati/semi-cantati "Hangin", "Barachiel" e la
title track, quasi facessero parte di un
tape più ad uso suo personale che non dedicato all'ascoltatore.
Fortunatamente, non mancano frizzanti girelle
synth-jazz-funk tipiche dello stile-Dornik; accattivante il duetto con Gavin Turek "Do You Wanna?" sulla scia di
Prince e Jody Watley, ma si passano in rassegna anche eleganti momenti in aria
Nite-Funk come "Temptation", con un
flow di Zelly One piantato nel mezzo, e gli aperti omaggi a
Thundercat nelle giocose trame
jazz-hop di "Galaxxxy" e "Retail Therapy". Certe lievi interpretazioni vocali di Dornik riportano a
Michael Jackson, vedasi la vaporosa "Freshers' Fair (Crush)", qui presentata con una lunga coda di chitarre sbrodolate rispetto alla più svelta e concisa versione singolo.
Con "Limboland" viene meno quella perfetta cesellatura melodica che aveva fatto del debutto di Dornik uno dei best kept secrets del panorama anglosassone degli anni Dieci, e che ancora oggi suona fresco come una rosa.
Il talento è comunque ancora evidente; ottimo batterista e produttore, adesso aperto anche alla collaborazione grazie alla lista di ospiti che costellano la scaletta, un musicista contemporaneo che non ha paura di seguire la propria strada anche a costo di rimanere da solo. Nel suo tono giovanile e scazzato, "Limboland" non sarà certo un punto d'arrivo, ma è sicuramente un tassello di vita vissuta per davvero, capace di descrivere un sentimento di confusione, instabilità e frustrazione, che poi è comune a milioni di persone, specialmente di questi tempi.
Doveroso dargli almeno una chance, il mondo della musica è vivo e interessante anche grazie a gente come lui.
28/05/2020