Chi fissa in faccia il sole ne rimane sempre accecato.
In una mattina d'estate del 1966, Bob Dylan puntò gli occhi verso la palla di fuoco che dominava il cielo e perse il controllo della propria moto, cambiando inesorabilmente il corso della propria vita.
Ma già da tempo lo sguardo di Dylan era abbagliato da una luce troppo intensa per poter essere sostenuta: la sua corsa in preda alle visioni del "fantasma dell'elettricità", culminata negli eccessi del tour del 1966, doveva interrompersi in un modo o nell'altro. Il destino volle che ad arrestarla fosse un incidente motociclistico e quel giorno Dylan decise che era giunto il momento di voltare pagina.
Rintanato nella propria casa di Woodstock con la moglie Sara e i figli, quello che era stato considerato da tutti come un profeta divenne incomprensibile alla sua stessa generazione, andando alla riscoperta delle proprie radici nel tentativo di sfuggire al mito che lui stesso aveva contribuito a creare.
Ma quando Dylan sentì il bisogno di riprendere quella strada da cui si era voluto allontanare, si trovò improvvisamente a scoprire che qualcosa dentro di lui era andato ormai perduto e che tutto ciò che riusciva a fare era osservare lo scorrere del fiume chiedendosi quando avrebbe dipinto il proprio capolavoro. Il più geniale songwriter del proprio tempo doveva imparare a fare in modo cosciente, per usare le sue stesse parole, quello che prima riusciva a fare inconsapevolmente.
Così, tornato da solo nella primavera del 1974 in una New York infiammata dalle prime avvisaglie di quella che sarebbe diventata la rivoluzione punk, Dylan riprese a bazzicare nei locali della Grande Mela e incominciò a frequentare le stravaganti lezioni del pittore Norman Raeben. "Non ti insegnava tanto a dipingere o a disegnare", racconta His Bobness, "ti insegnava però a mettere insieme la tua testa, la tua mente e i tuoi occhi, per farti cogliere e riprodurre in modo visivo qualcosa di concreto… Guardava nel tuo animo e ti diceva ciò che eri". Le tecniche apprese da Raeben presero la forma di nuovi brani durante l'estate del 1974, nel corso di una vacanza nel Minnesota con i propri figli. Ormai Sara era sempre più lontana da Bob e il tormento di questa incolmabile distanza percorreva nel profondo i nuovi versi: ricorda Dylan che, dopo il suo incontro con Raeben, la moglie "non riusciva mai a capire di cosa stessi parlando o a cosa stessi pensando, né io ero in grado di spiegarglielo".
Nel settembre dello stesso anno, dunque, Dylan incise a New York le canzoni che avrebbero segnato uno dei più intensi vertici della propria carriera, dando vita a una silloge scarna ed essenziale di pennellate acustiche sostenute da morbide volute di basso, su cui si facevano lentamente strada il lamento dell'armonica, la carezza di una steel guitar o una soffusa cornice di tastiere.
Nelle liriche di quello che sarebbe divenuto "Blood On The Tracks" è anzitutto l'immagine dylaniana dell'amore a subire la più profonda maturazione rispetto alle sarcastiche ballate degli anni Sessanta.
Seguendo l'archetipo stilnovista di quel misterioso "italian poet from the thirteenth century" che compare in "Tangled Up In Blue" (Petrarca, Dante o qualche autore minore?), per Dylan la donna diventa uno strumento di redenzione e di salvezza, come emerge dal senso di mistico stupore dell'apparizione descritta in "Shelter From The Storm": "suddenly I turned around and she was standin' there / with silver bracelets on her wrists and flowers in her hair / she walked up to me so gracefully and took my crown of thorns / come in, she said, I'll give you / shelter from the storm".
Nel cuore dell'uomo, canta Dylan in "Simple Twist Of Fate", c'è un vuoto incolmabile che sembra dovuto ad un semplice scherzo del destino e che aspira all'assolutezza di una totale comunione della propria anima con la persona amata: l'amore per la donna è segno di questa ricerca, ma sembra essere sempre destinato a un'inevitabile delusione, che lascia soltanto l'insopportabile amarezza della solitudine.
In "Idiot Wind" Dylan grida tutta la disillusione di questo desiderio: "Even you, yesterday you had to ask me where it was at / I couldn't believe after all these years, you didn't know me better than that / sweet lady" e ancora "you'll never know the hurt I suffered nor the pain I rise above / and I'll never know the same about you, your holiness or your kind of love / and it makes me feel so sorry".
Eppure Dylan, sempre animato da un senso fatale del destino, esprime il continuo presentimento di quell'intimo legame capace di rispondere alla sua sete: "I still believe she was my twin, but I lost the ring / she was born in spring, but I was born too late / blame it on a simple twist of fate".
Non si tratta semplicemente dell'amore per una donna, ma della ricerca di un punto che va sempre oltre ogni apparente mèta e di cui ogni cosa diventa in qualche modo simbolo: "You're gonna have to leave me now, I know / but I'll see you in the sky above / in the tall grass, in the ones I love" (da "You're gonna make me lonesome when you go").
Giunti quasi al termine del disco, infatti, i versi di "Shelter From The Storm" rivelano che è la Bellezza l'ideale che il cuore di Dylan insegue nella sua corsa senza fine: "beauty walks a razor's edge, someday I'll make it mine / if I could only turn back the clock to when God and her were born".
Il tormento più terribile è quello di scoprire che, nel tentativo di costruire la propria felicità, si è finito col distruggere con le proprie mani la misteriosa promessa di compimento che si era intravista. E allora non resta che riprendere nuovamente il viaggio (altro tema fondamentale di "Blood On The Tracks"), per ritrovarsi ancora una volta "on the road / headin' for another joint", come proclama Dylan nei versi finali di "Tangled Up In Blue".
Ciò che emerge con prepotenza da quelle che verranno ricordate come le "New York sessions" è dunque l'anima messa a nudo di Mr. Zimmermann, spoglia e vulnerabile come mai era stato prima. Tuttavia Dylan, recatosi ancora nel Minnesota per trascorrere il Natale con i propri parenti più stretti, venne convinto dal fratello David a registrare nuovamente i brani appena completati, con l'accompagnamento di alcuni musicisti locali. Nacque così la versione definitiva di "Blood On The Tracks" (pubblicata nei primi mesi del 1975) che, pur risultando arricchita di più eleganti e variegate sfumature musicali, manca di quell'immediata sincerità e urgenza che nelle New York session era possibile scoprire.
Alcuni brani vennero parzialmente riscritti rispetto alla prima stesura (è il caso in particolare di "Idiot Wind"), mentre il tono dimesso e desolato della voce di Dylan venne sostituito da una più declamatoria enfasi, che pare volersi elevare in un ululato di dolore. Intarsi di chitarre acustiche impreziosiscono con i loro arabeschi "Tangled Up In Blue" e "If You See Her, Say Hello", in brani come "Idiot Wind" o "Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts" il suono dell'organo diviene incalzante e avvolgente e la presenza della batteria conferisce maggiore energia al modo in cui Dylan aggredisce i versi. Basta del resto confrontare la versione di "Idiot Wind" pubblicata sull'album con quella inserita in "Bootleg Series Vol. 1-3", risalente proprio alle New York sessions, per rendersi conto di come sia un livido rancore a prendere il posto della disperazione originaria, fino ad arrivare alla furiosa rabbia della versione live inclusa in "Hard Rain" nel 1976.
Nell'affascinante circolarità di "Tangled Up In Blue", dove la linea del tempo viene volutamente destrutturata, emerge con più evidenza l'influsso degli insegnamenti di Norman Raeben, mentre l'epica cavalcata di "Lily, Rosemary And The Jack Of Hearts" è permeata dal fascino per l'immagine pittorica e per la narrazione cinematografica. Dalla spensieratezza solo apparente di "You're Gonna Make Me Lonesome When You Go" si passa al torrido blues di "Meet In The Morning", fino ad arrivare alla chiusura in chiave dolcemente folk di "Buckets Of Rain": "Life is sad / life is a bust / all you can do is do what you must / you do what you must do and you do it well / I'll do it for you, honey baby, can't you tell?".
Forse la chiave di tutto sta proprio nella semplicità di questa morale dal sapore antico con cui Dylan ha deciso di chiudere il disco: c'è un compito da svolgere, non resta che tornare sulla strada.
Il Tuono Rotolante è ormai alle porte.
29/10/2006