Il suo recente viaggio in Islanda, la terra del silenzio, è il punto di partenza per il nuovo “Silence”, connubio di atmosfere ambient e accenni di imponenti edifici post-rock, che solcano un perimetro che sta tra i movimenti percussivi di Loscil, le asimmetrie di Tim Hecker fino ai tentativi inespressi di crescendi in stile Godspeed You! Black Emperor. Chitarre, violino e tastiera a creare mondi grandiosi e distanti, arricchiti dalla voce di Stella Talami (nella terza parte) e dalle note d’arpa di Sara Masiero Serra.
Quattro grandi flussi di coscienza, di cui almeno due monumentali (il primo di venti e il terzo di venticinque minuti), si distaccano dalle classiche atmosfere ambient per dispiegarsi in territori più caotici e ambiziosi senza mai liberarsi definitivamente, come un urlo disinnescato dallo sguardo di una natura ostile che ci fa comprendre la nostra piccolezza; tentativi di crescendo schiacciato dalla necessità del silenzio, con chitarre che ripetono pattern in stile Swans ma con decibel ridotti (l’accordo ripetuto dal decimo minuto della terza parte), o che si pongono tra depressione e imponenza (i cauti rimandi a “Midrange” dei Labradford nei primi cinque minuti della prima parte).
Tra corde pizzicate in stile Oldfield e le maestose architetture sonore delle tastiere e delle chitarre sovrapposte, a emergere è l’essenza stessa della natura, non amica bensì potente nemica da guardare, alla maniera del Werner Herzog di "Aguirre", affascinati ma col dovuto timore e rispetto. Un senso di inquietudine che pervade ogni nota del nuovo lavoro di Roberto Galati.
(04/04/2018)