Esordio solista per la musicista e cantante piacentina Annie Barbazza, innato talento musicale che avevamo già conosciuto recentemente nella rivisitazione di "Rock Bottom" di Robert Wyatt con "Folly Bololey" e di alcuni brani dei Elp e dei King Crimson del periodo Greg Lake con "Moonchild". Vicina al rock progressivo e alla scena di Canterbury, Annie esordisce con una lunga serie di collaborazioni invidiabili che fanno ben comprendere quanto sia stimata negli ambienti più nobili del Canterbury rock, del prog meno convenzionale sino all'avanguardia minimalista del nostro paese.
Sono in tanti a renderle omaggio, nonostante la giovanissima età; tra i principali Fred Frith (Henry Cow, Art Bears), Lino Capra Vaccina (Aktuala, Telaio Magnetico), Paolo Tofani (Area), Daniel Lanois, John Greaves (Henry Cow, National Health), Paul Roland e Greg Lake (King Crimson, Elp) che ha contribuito poco prima della sua scomparsa nel brano "Boîte à Tisanes".
Non è facile trovare influenze artistiche nella musica di Barbazza, certamente i rimandi canterburiani sono ridotti al lumicino e il debito maggiore appare essere con gli artisti che hanno fatto della voce il loro strumento.
La voce-strumento, non estrema ai livelli di ricercatrici ai limiti come Maja S.K. Ratkje o Diamanda Galas, ma certamente affine a quel tipo di ricerca, seppur legato ancora a cenni melodici ben riconoscibili. Un viaggio intimo in cui Annie si mette a nudo, mostrando potenzialità inattese, intendendosi come potenzialità solo l'inizio di un percorso appena intrapreso che - se continuerà con la medesima tenacia - non potrà che portare a pagine ancor più sorprendenti. Dal canto del brano avant-folk di "Ys", uno dei più wyattiani, con un andamento simile alla leggendaria "Alifib", dove Annie suona l'harmonium, si passa a "June", brano senza collaboratori (Annie vi suona basso e chitarra), melodico e intenso, pur nel suo assoluto minimalismo. La voce qui rimanda a volte ai momenti più alti del canti di Olivia Chaney, ma avvolti in un contesto legato all'avanguardia. Le melodie pianistiche di "From Too Much Love Of Living" o di "How Beautiful You Are" (scritte da John Greaves), degne di due sonate classiche, fanno da contraltare a "Time", con Lino Capra Vaccina alle percussioni, brano legato al mondo del minimalismo mistico dell'autore milanese.
Dopo una breve e scarna ballata folk-blues ("Nebulae"), si giunge a "Wrote Myself A Letter" (scritta da Paul Roland), uno dei momenti vocali più intensi e quasi "religiosi", decisamente in territorio neoclassical. Il geniale Fred Frith collabora in "Lost At Sea", unico momento rabbioso e urlato, con la voce di Annie che scandaglia nuovi ambiti su un soundscape totalmente scarnificato.
"Phantoms", con un synth debitore della tradizione progressive, aggiunge cori malinconici e decadenti in stile Matt Elliott. Lino Capra Vaccina, insieme all'oboista Camillo Mozzoni, è protagonista assoluto in "Tide", due minuti esclusivamente strumentali che rimandano alla magia della Third Ear Band, mentre "Lotus Flower", con Paolo Tofani e Lino Vaccina, coniuga la voce di Annie con le atmosfere sfuggenti e orientali del duo in perla di equilibrio tra avanguardia e melodia.
"Boîte à Tisanes", prodotta da Greg Lake con Fred Frith alla chitarra, un'elegante ballata da songwriter alternativa, ricca di pathos e melodia, in cui non è semplice trovare riferimenti. "Les Ruines Du Sommeil", scelto come video, è un po' un punto d'incontro dei brani precedenti, un insieme di ricerca e melodia.
Considerato come un esordio, "Vive" è un punto di partenza per una carriera che parte con tante buone premesse. Ma la mia idea è che Annie Barbazza abbia potenzialità ancora superiori, che potranno manifestarsi in Lp ancora più compiuti.
25/03/2020