E se i fratelli D'Addario avessero sorprendentemente estratto il coniglio dal cilindro? Giunti al loro quinto album in studio, Michael e Brian potrebbero aver compiuto quel salto di qualità che molti fan attendevano da almeno un paio di loro produzioni. "A Dream Is All We Know" è il titolo del nuovo progetto con il quale i due newyorkesi proseguono nell'operazione volta a esprimere la loro personale versione di ciò che ha caratterizzato i decenni 60 e 70. Molto più che nelle precedenti occasioni, i Lemon Twigs forniscono, mediante i dodici brani in scaletta, una chiave di lettura verosimile del loro mondo costruito tra beat, psichedelia, folk, surf e glam rock, regalando consapevoli sprazzi di modernità, ma senza snaturare minimamente le ataviche radici.
Tra i solchi emerge un'evidente crescita artistica, che aveva già fatto parzialmente breccia nel malinconico soft-rock del predecessore "Everything Harmony". A cesellare ulteriormente tanta costruzione artistica, arriva in sostegno una puntuale vena songwriting, che confeziona con dovizia l'accurata struttura melodica. Sembrano scomparse quelle periodiche pause che, in quasi tutti i lavori precedenti, avevano generato alcuni pericolosi istanti di monotonia.
Questa volta, il menu proposto da Michael e Brian prevede trenta minuti abbondanti di puro divertimento, che parte a razzo con "My Golden Years", sospesa tra Beach Boys e Kinks, con qualche richiamo ai losangelini Rembrandts e ai Supergrass degli esordi.
In continuità con l'opener, medesime sensazioni emergono da "Sweet Vibration", "They Don't Know How To Fall In Place" e "If You And I Are Not Wise", dove la miliare ombra dei Byrds si palesa con vigorosa insistenza, mentre "How Can I Love Her More?" pare maggiormente sintonizzata sul canale surf-psichedelico marchiato da Brian Wilson & C..
Se "Church Bells" stacca il doveroso ticket ai Fab Four, sia la title track sia "Ember Days" si appartano con determinate intenzioni sulle tipiche ballad à-la Paul McCartney, con qualche spezia ricavata anche da quello stregone di Todd Rundgren.
I virgulti psych-beat di "Peppermint Roses" (un po' Coral degli albori) e le sospettose, nonché eccellenti, acustiche di "I Should've Known Right From The Start" accompagnano alla chiusura a tinte glam/rock'n'roll di "Rock On (Over and Over)", un gustoso passaggio mutaforma posto tra Chuck Berry e Marc Bolan.
È vero, la lunga sequenza di mostri sacri sciorinata nelle righe precedenti potrebbe indurre a considerare "A Dream Is All We Know" un disco troppo derivativo e quindi trascurabile. Lungi dal voler accreditare a questo Lp improbabili gradi di alfiere di una scena musicale che ha già espresso il proprio massimo nei periodi di competenza, risulterebbe, però, un'azione troppo snob non ammettere che i fratelli D'Addario siano stati in grado di affondare magistralmente il colpo in un territorio revivalistico, che in tanti stanno attualmente sondando sotto mentite spoglie (e discutibili risultati). Un luogo sottovalutato dai più, che nasconde troppe insidie se affrontato con scarsa attenzione e non congruo rispetto.
Canzoni fresche, solari, perfette per un ascolto effettuato durante una luminosa giornata di tarda primavera. In un periodo dove synth-pop, post-punk, R&B, rap/hip-hop e affini la fanno da incontrastati padroni, i Lemon Twigs rispondono al prossimo senza sferrare alcun pugno nello stomaco, ma con gesti docili ed eterni: una carezza e un sorriso sornione pieno zeppo di colori ed essenze.
09/05/2024