R.E.M. - Perfect Circle

Around The Sun

AROUND THE SUN (2004)


LEAVING NEW YORK

Rem - Around The SunSempre più celebrità televisive e sempre meno animali da palcoscenico (come ricorda Milena Ferrante, “dopo la fine del Monster Tour il gruppo si è presentato dal vivo di fronte ai fan per un totale di soli tre mesi in sei anni”) i Rem non rinunciano tuttavia al loro impegno sociale e politico, prendendo parte a svariate iniziative, dal concerto benefico organizzato a Seattle per la Groundwork Foundation al benefit del Carnegie Hall di New York per Gay Men’s Health Crisis che celebra vent’anni di lotta contro l’Aids, fino al Love Rocks Concert di Los Angeles, in cui Stipe affianca Bono, ormai star umanitaria del pop, per la sua battaglia a favore della cancellazione del debito dei paesi africani.
Ma la dimensione pubblica della band era ormai così connaturata allo showbiz che non poteva stupire la loro presenza in un episodio dei Simpsons o una domanda su un loro brano in un quiz televisivo come Chi vuol essere milionario, né poteva sorprendere che i tre avessero finalmente ceduto alla legge commerciale del greatest hits, con "In Time - The Best Of R.E.M. 1988-2003".
Così, forse per ritagliarsi qualche angolo d’indipendenza, Stipe si dedica alla fotografia e ai suoi progetti cinematografici con la C-Hundred e la Single Cell, mentre Buck, ormai stabilmente insediatosi a Seattle, imbraccia la sua chitarra al servizio di un nugolo di side-band, forse anche per dimenticare la disavventura londinese del 21 aprile 2001, quando all'aeroporto di Heathrow viene fermato dalla polizia con l'accusa di aver assalito durante il viaggio alcuni membri dell'equipaggio, in palese stato di ubriachezza (sarò lo stesso Bono a testimoniare in suo favore in tribunale, garantendo di non averlo mai visto sbronzo).

Invecchiati, forse meno motivati, forse appagati dal supercontratto con la Warner - quegli 80 milioni di dollari incassati per produrre una decina d'album con cadenza biennale – gli ex-squatter di Oconee Street sembrano, pur dignitosamente, avviati verso il viale del tramonto, incapaci ormai di tenere testa ai loro amici/rivali storici U2, che continuano a fare sold-out negli stadi e a vendere pacchi di dischi (pur non sempre meritevoli). “La musica per me è un’esperienza religiosa” e ancora: “La vita è troppo breve per fare quello che non ti piace”, continuava a ribadire alla stampa uno Stipe disperatamente a caccia di nuovi stimoli. Lo rinfrancherà – come ricorda ancora Ferrante – proprio Bono, ricordandogli, tra saggezza e cinismo, che “si possono scrivere anche canzoni non eccezionali, basta farlo”. E Michael lo farà.

"Around The Sun" (2004), registrato dai tre insieme al bassista Scott McCaughey e al chitarrista Ken Stringfellow, è forse l’episodio più debole dell’intera discografia dei Rem. Non basta a Stipe e compagni buttarla sulla polemica elettorale anti-Bush per restituire freschezza a una proposta musicale lontana ormai anni luce dall'agit-pop dei tempi d'oro della Irs, di "Cuyahoga", di "Orange Crush" e degli altri inni eco-pacifisti degli anni Ottanta. Latitano, invece, le canzoni di razza, le tracce da aggiungere a quell'ideale antologia remmiana che la band di Athens puntualmente, ad ogni nuova uscita, aveva saputo rimpolpare. Anche i tre concetti-cardine del disco annunciati da Stipe – “l’ascesa, la velocità e il movimento” - non rappresentavano certo una straordinaria novità nella poetica dei Georgiani.
Il singolo "Leaving New York" si trascina stancamente tra i consueti carillon chitarristici e le cantilene modulate di Stipe, finché non giunge quel guizzo melodico del ritornello a restituirci, per un attimo, la magia perduta. Il testo è un atto d’amore per la città ancora ferita dai tragici fatti dell’11 Settembre, colorato da nuove riflessioni sulla solitudine e sul distacco.

You might have laughed if I told you
You might have hidden a frown
You might have succeeded in changing me
I might have been turned around

It's easier to leave
Than to be left behind
Leaving was never my proud
Leaving New York, never easy
I saw the light fading out


Avresti potuto ridere, se te lo avessi detto
Avresti potuto nascondere il tuo disappunto
Avresti potuto cambiarmi
Avrei potuto essere preso in giro

È più facile partire
Che essere lasciati da parte
Non sono mai stato orgoglioso di andarmene
Lasciare New York non è mai facile
Ho visto la luce svanire

Quindi, dimenticando gli antichi pudori, colui che ripudiava il sentimentalismo estrae dal taschino la tanto temuta parola “love”. E per ben due volte.

I told you, forever
I love you forever
I told you I love you
I love you forever
You never, you never
You told me forever

Ti ho detto, per sempre
Ti amo per sempre
Ti ho detto ti amo
Ti amo per sempre
Tu mai, tu mai
Mi hai detto per sempre

Difficile che lo Stipe degli anni Ottanta potesse accettare anche solo di lambire tali livelli di svenevolezza. Ma il problema principale di una ballata come "Leaving New York" è che, pur essendo confezionata con tutti i crismi, non si capisce che cosa possa aggiungere ai suoi innumerevoli predecessori (da "Everybody Hurts" a "Daysleeper").

ELECTRON BLUE

Michael Stipe - BonoSe una novità si può rintracciare su "Around The Sun", questa può essere la scelta di ridimensionare il ruolo delle chitarre elettriche, per puntare i riflettori soprattutto sul canto di Stipe e sugli inserimenti, via via, di archi, piano, organo hammond e tastiere. L'idea poteva anche essere intrigante, ma l'esito non convince appieno nel pop sintetico alla U2 tarda maniera di "Electron Blue", una novelty quasi dance (del resto, McCarthy aveva lavorato con Madonna) cui non bastano le pulsazioni della drum machine e i rintocchi del piano per decollare.
Sfregiato da un ostinato ronzio elettronico, Stipe srotola un nuovo elenco di immagini astratte ed enigmatiche, discettando di avventure ai confini degli oceani e di nuove ascese verso dimensioni insondabili.


The light has started to fade
Your high is timed
You found the climb

It's hard to focus on more than what's
In front of you, electron blue
Adventure rings with a page
And when

It dawns on you, it singes blue
Your buzz beginning to wane

Adventure has laid its claim on you
It's all you want to do
You, you know where to run
You run electron blue

Sei tutta orecchi, l'oceano è vicino
La luce ha cominciato ad affievolirsi
La tua elevazione è programmata
Hai trovato l'ascesi

È difficile mettere a fuoco più di quello che è
Di fronte a te, elettrone azzurro
L'avventura risuona con una pagina
E quando

Albeggia su di te, scintilla di blu
Il tuo ronzio inizia a svanire

L'avventura rivendica diritti su te
È tutto quello che vuoi fare
Tu, tu sai dove correre
Tu corri elettrone azzurro

Più avanti, si accenna al temporale (“electric storm)”, da qui il riferimento del titolo, ovvero le scariche elettriche formate dagli elettroni di colore azzurro.

THE FINAL STRAW

Michael Stipe - Around The SunMentre gli Stati Uniti scivolano inesorabilmente verso l’intervento militare in Iraq, i Rem lanciano un grido d’allarme. Un appello trasmesso in anteprima sul sito REMhq.com, affinché giungesse dritto alle coscienze di tutti gli americani: “Questo è il messaggio più forte che potevamo mandare – annuncia la band sulla pagina web - Dovevamo inviare un messaggio immediato. Preghiamo per la vita di tutte le persone coinvolte, i militari, i civili iracheni, i rifugiati, i prigionieri di guerra, le famiglie dei soldati, gli innocenti; preghiamo che stiano bene e si trovino fuori pericolo. Tutti sani e salvi a casa propria”.
La musica, in realtà, già c’era, e l’aveva confezionata Buck ai tempi di monster, ma probabilmente era stata giudicata troppo morbida per finire nell’album della riscossa rock. Perché "The Final Straw" è un’invettiva in punta di voce, una litania colma di rabbia trattenuta, composta e quasi elegante nel suo incedere, scandito dagli effetti elettronici e da una sinistra chitarrina acustica dal sapore western. Non è certo un capolavoro, ma riesce a rendere l'idea del groppo alla gola che opprime l'America post-11 Settembre.

If hatred makes a play on me tomorrow
And forgiveness takes a back seat to revenge
There's a hurt down deep that has not been corrected
There's a voice in me that says you will not win

And if I ignore the voice inside
Raise a half glass to my home
But it's there that I am most afraid
And forgetting doesn't hold. It doesn't hold

Now I don't believe and I never did
That two wrongs make a right
If the world were filled with the likes of you
Then I'm putting up a fight. I'm putting up a fight
Putting up a fight. Make it right. Make it right

Se l'odio si prende gioco di me domani
E il perdono lascia spazio alla vendetta
Allora deve esserci una ferita profonda che non è stata sanata
C’è una voce in me che dice che non vincerai

E qualora ignorassi quella voce dentro me
Fate un brindisi alla mia casa
Ma è questo che più mi spaventa
E dimenticando non aiuto nessuno. Non aiuto nessuno

Non ci credo ora e non ci ho mai creduto
Che due torti fanno una ragione
Se il mondo fosse pieno di tipi come te
Scatenerei la lotta. Scatenerei la lotta
Combatto. Nel modo giusto. Nel modo giusto

Due torti, dunque, non fanno una ragione, così non può essere un’altra guerra a riportare la pace e la democrazia, suggerisce Stipe, condannando la logica dell’ingerenza umanitaria sulla quale l’amministrazione di George W. Bush costruirà le sue fortune (ma anche, alla fine, la sua rovina). In un periodo di disaffezione crescente verso il presidente da parte di una fetta sempre più ampia della società americana, Stipe si lascia andare a dichiarazioni di fuoco in un’intervista a Darren David di Launch News: “America, cazzo, che stiamo facendo? Non ci posso credere che siamo arrivati a questo punto... Non riesco ancora a credere che siamo una democrazia e che il presidente è stato eletto in modo non democratico dalla Corte Suprema che a sua volta era stata creata da suo padre... Così non è un po’ troppo facile?”.

THE WORST JOKE EVER

È proprio sul versante delle ballate malinconiche, comunque, che i Georgiani riescono ancora a tenersi a galla, seppur riciclando soluzioni già ampiamente sperimentate in passato. In ogni caso, se c'è forse un brano di questo disco da aggiungere a un loro ideale “best of”, questo non può che essere "The Worst Joke Ever", un lento scuro e dolente, impreziosito da morbidi ricami acustici e declinato in un registro quantomai struggente da Stipe. Il tutto per raccontare “la peggior barzelletta di tutti i tempi”, un’autoironica meditazione esistenziale, sulla necessità del cambiamento e sugli ostacoli che si frappongono ad esso.

Give me a minute and I'll tell you the setup for
The worst joke ever, I never
I'll tell you my version of the greatest life story
Don't bore me

Now I am floating
I feel released
The moorings have been dropped
The weights unleashed
Everything is crystalline, simple and free

The crime of good men who can't wrestle with change
Or are too afraid to face this life's misjudged unknowns
You're not hurting anybody else's chances
But you're disfiguring your own

Datemi un minuto e vi racconterò com’è fatta
La peggior barzelletta di tutti i tempi, figuratevi!
Vi dirò la mia versione del più grande racconto di una vita
Non annoiatemi

Ora fluttuo
Mi sento libero
Gli ormeggi sono stati mollati
I pesi slegati
Tutto è cristallino, semplice e libero

Il crimine degli uomini buoni che non riescono a combattere col cambiamento
O sono troppo spaventati per affrontare le impreviste incognite di questa vita
Voi non state danneggiando le opportunità di nessun altro
Ma state deturpando le vostre

Un invito a non rovinare le proprie esistenze, rinunciando ai cambiamenti e facendosi soggiogare dalle paure. Con l’immancabile desiderio di “mollare gli ormeggi” ed elevarsi, fluttuando liberi nell’aria, senza più pesi e vincoli.

AROUND THE SUN

Felpata e radiosa, pizzicata sulle corde della chitarra e sussurrata con accenti quasi soul, la title track ritrova il passo sinuoso dei vecchi tempi, ma senza un ritornello all’altezza della situazione. Con quel pizzico di presunzione ed egocentrismo che nei testi di Stipe mancava, ormai, da un po’ di tempo.

I want the sun to shine on me
I want the truth to set me free
I wish the followers would lead
With a voice so strong it could knock me to my knees

Hold on world 'cause you don't know what's coming
Hold on world 'cause I'm not jumping off
Hold onto this boy a little longer
Take another trip around the sun

Voglio che il sole splenda su me
Voglio che la verità mi renda libero
Vorrei che i seguaci potessero condurmi
Con una voce così forte che potrebbe farmi cadere in ginocchio

Arrestati mondo, perché non sai quello che sta per arrivare
Arrestati mondo, perché non intendo mollare la presa
Aggrappati a questo ragazzo ancora un poco
Fatti un altro giro attorno al sole

La baldanza di chi non vuole gettare la spugna e vuole ancora guidare il gioco, nonostante tutto. Ma per around the sun sarà impossibile non pronunciare la parola flop. Insoddisfacenti le vendite, negativi i riscontri di buona parte della critica. Non si tratta di brani scadenti, né mal arrangiati, ma sembrano tenuti in piedi da un'orchestra di replicanti che esegue ormai a oltranza il suo spartito. Non basta neanche l’innesto dietro i piatti del nuovo batterista Bill Rieflin, ex-Ministry, per recuperare un po’ di verve. È musica tenue, senza nerbo, che scivola via come un refolo di brezza mattutina.
Ma per i Rem, forse, l’importante era solo restare vivi. Trovando anche l’occasione di tornare finalmente a suonare dal vivo, di fronte al loro pubblico. L'Around The World Tour girerà effettivamente il globo fino al 2005. E le prime date (dal primo al 10 ottobre) coincideranno trionfalmente con il Vote for Change, una tournée negli usa ideata da Bruce Springsteen per spingere gli americani a votare per il democratico John Kerry e contro l'amministrazione Bush alle elezioni del novembre 2004.