Un marchio storico del britpop, che ha contribuito a fondare, ma anche ad allargare il movimento tingendolo di glam: i Suede di Brett Anderson sono i protagonisti nuova puntata di Rock in Onda, il programma condotto da Claudio Fabretti tutti i mercoledì dalle 12 alle 14 sulle web-frequenze di Radio Città Aperta (www.radiocittaperta.it).
La puntata copre la storia della band londinese dagli esordi fino al momentaneo scioglimento e alla reunion, che, a partire da "Bloodsports" (2013), ha rilanciato la loro carriera. Un lungo racconto in musica, dal 1992 a oggi, con ben brani selezionati dalla discografia del gruppo e dalle incursioni soliste del suo leader.
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Suede
I Suede sono un gruppo rilevante, che dimostra in modo inequivocabile come il britpop fosse un fenomeno molto più frastagliato e divergente dal punto di vista formale di quanto si possa oggi ritenere. È infatti abitudine ormai consolidata da parte di certa critica associare il brit-pop ai Beatles e schiacciare così tutti i gruppi del movimento sotto quell'ingombrante (e piuttosto generico) paradigma estetico. Ebbene, la novità dei Suede risiede anche nel fatto che la loro esperienza si situa all'interno di un orizzonte stilistico e culturale molto più complesso, che trova il proprio baricentro formale in un recupero e in una decisa riattualizzazione del glam e del magistero di uno degli indiscussi protagonisti della musica pop inglese: David Bowie. Dal Duca Bianco i Suede fanno derivare un approccio intellettuale e dandistico, la fondamentale importanza attribuita all'immagine, intesa come componente attiva e decisiva della propria musica e del suo spettacolo, e un certo gusto barocco e teatrale nell'intonazione e negli arrangiamenti.
Questo il punto di partenza dei Suede arricchito poi da numerose altre influenze non meno determinanti: la tenera e struggente melanconia dei T Rex di Marc Bolan, rivisitata attraverso un impianto retorico e scenografico che forse ricorda i primi Queen; l'estro melodico febbricitante dei Cure, abilmente mescolato alle tinte fosche di un malessere metropolitano in bilico tra decadentismo francese e Velvet Underground, unita però a suggestive fascinazioni new romantic. Senza poi dimenticare l'indispensabile contributo offerto dagli Smiths di Steven Morrissey, dai quali i Suede mutuano una scrittura disinibita e aguzza, capace talvolta di graffiare e dare scandalo facendo dono di sé e della propria fragile nudità, provocatoriamente esibita e raccontata.
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