U2

Trent'anni fa lo Zooropa Tour italiano

U2 - ZooropaCercare di stabilire quale sia stato il concerto o il tour più bello di una band, o in assoluto il migliore o peggiore di sempre, significa addentrarsi nel campo della soggettività, anche se "taste is the enemy of art", come dicevano gli U2 riprendendo un aforisma di Marcel Duchamp (che però si riferiva al buon gusto). Tuttavia, con una buona dose di terzietà, si può dire che lo Zoo TV Tour sia stato tra gli spettacoli più importanti messi in piedi dalla band irlandese, se non il più importante. Poco meno di due anni di giro mondiale iniziato a Lakeland, in Florida, il 29 febbraio 1992 e terminato a Tokyo il 10 dicembre 1993, includendo due passaggi nei palazzetti, uno americano e uno europeo, e tre negli stadi, tra cui quello estivo di nuovo europeo del 1993, rinominato "Zooropa" come il loro ottavo album in studio e comprendente anche una capillare campagna italiana, la più lunga di sempre per gli U2, il loro Grand Tour del quale ricorre in questi giorni il trentesimo anniversario.
Dal 2 al 18 luglio, infatti, Bono e soci portano il loro fantasmagorico e iper-tecnologico circo su e giù per lo Stivale (dopo la coppia di serate milanesi del maggio 1992 con la versione indoor dello show). Otto i concerti totali: il 2 e 3 a Verona, il 6 e 7 a Roma, il 9 a Napoli, il 12 Torino e il 17 e 18 Bologna (con unico intermezzo estero, la puntata a Marsiglia del 14). L'Italia è il paese più rappresentato nell'elenco delle date, eguagliata solo dalla Gran Bretagna nel suo insieme però con tre nazioni distinte (Inghilterra, Scozia e Galles).
Ma è tutto lo Zooropa Tour a essere concepito come sorta di riconoscimento al Vecchio continente, un po' trascurato dalla band negli ultimi anni a vantaggio degli Stati Uniti. Del resto "Achtung Baby", l'album del 1991 da cui è originata la cosiddetta "Zoo era", e il summenzionato "Zooropa", la successiva fatica lunga/appendice pubblicata in piena visita italiana, il 5 luglio 1993, sono tematicamente e musicalmente molto Europa-centrici, a differenza del passato recente. Quindi per restare nel solco, il quartetto si prenota per ben tre mesi e mezzo di concerti al di qua dell'Atlantico, una residency mai programmata prima, se non agli inizi di carriera, quando c'era un continente da conquistare: dall'Olanda alla natia Irlanda, dal Portogallo al Regno Unito, passando per Spagna, Francia, Belgio, Germania, Svizzera, Italia, paesi scandinavi e perfino Ungheria, fino a un paio d'anni prima appartenente al blocco sovietico. Nella lista degli appuntamenti figurano anche città mai visitate prima dal gruppo e solitamente lontane dagli itinerari canonici non solo degli U2: Oviedo, Brema, Strasburgo, Budapest, Nijmegen, oltre alle nostre Verona e Napoli. E proprio dalla città di Romeo e Giulietta partiamo col nostro racconto delle date italiane.

 

U2 Zooropa Tour

 

Verona, 2 luglio

 

Stadio Marcantonio Bentegodi, uno degli impianti utilizzati per il Mondiale di calcio Italia 90. Lampi e tuoni minacciano gli spettatori assiepati tra spalti e prato, e intrattenuti nell'attesa, a partire dal tardo pomeriggio, dalla compagnia teatrale irlandese Macnas (vanno in scena con enormi maschere che riproducono le teste degli U2), i rocker An Emotional Fish, anche loro irlandesi nonché autori di "Celebrate", il brano appena coverizzato da Vasco Rossi come "Gli spari sopra", e infine i Pearl Jam, grunge band di Seattle che da un paio d'anni sta portando in giro il suo album d'esordio, "Ten", in attesa di dare alle stampe il sophomore (che uscirà a ottobre col titolo "Vs."). Ci si diverte, insomma, proprio mentre a tre chilometri scarsi di distanza, all'Arena, sta andando in scena l'opera. Ma almeno stasera, il rock batte la musica classica, Bono & C. si fan preferire a Mascagni e Leoncavallo, e i poco meno di quarantacinquemila cuori che affollano la casa dell'Hellas battono più forte dei circa tredicimila comodamente seduti nell'anfiteatro di piazza Bra. Tra i presenti allo stadio, la modella Naomi Campbell, fidanzata del bassista degli U2, Adam Clayton, oltre ad Axl Rose e Slash dei Guns N' Roses.

 

I presenti si ritrovano davanti lo stesso allestimento scenico che ha già ammaliato il pubblico nordamericano nella branca autunnale del tour, fatte salve alcune piccole modifiche. Un palco monstre, mastodontico e inquietante, la scenografia di "Blade Runner" o qualcosa del genere, un gigante di plastica e metallo a metà strada tra una stazione televisiva, la Zoo Television appunto, e una raffineria di petrolio. Antenne alte come palazzi, schermi di ogni dimensione disseminati sul palco al pari di innumerevoli amplificatori, woofer e speaker, riflettori in quantità e inoltre, calate dall'alto e appese a enormi cavi, alcune Trabant, le utilitarie prodotte nella ex-Germania Est, decorate in stile street art e che avranno pure loro lo scopo di illuminare la scena con i fanali anteriori. Il tutto, sovrastato dal logo luminoso del tour, per una delle più grandi produzioni di sempre in fatto di musica dal vivo. Qualche numero? Un palco profondo 24 metri e largo 76, un team di produzione di 145 addetti e altri 45 impegnati nella costruzione dell'allestimento, 54 camion per il trasporto dell'equipaggiamento, quasi 5 chilometri di cavi elettrici e 40 ore necessarie sia per montare che per smontare il tutto.

 

Quando si abbassano le luci e il "mostro" prende vita, sembra di finire dritti in un romanzo distopico. Le immagini sparate dagli schermi si susseguono a ritmo vertiginoso. Su quello più grande scorrono alcuni frame di "Olympia", il docufilm nazista sui Giochi olimpici di Berlino 1936, mentre nell'oscurità The Edge, Adam e Larry Mullen jr. prendono posto sul palco alla spicciolata, impugnando ognuno il proprio strumento. Improvvisamente, il filmato in bianco e nero sparisce e lascia spazio a una carrellata di frammenti video in rapida sequenza sulle note della Nona di Beethoven, l'inno dell'Unione Europea, prima che lo schermo centrale si colori interamente di blu con in mezzo le dodici stelle gialle disposte a cerchio mentre la silhouette di Bono si palesa contro lo sfondo "europeista". Non appena si arresta la base musicale preregistrata, parte la minacciosa intro di chitarra di "Zoo Station", traccia d'apertura del succitato "Achtung Baby", e il frontman ci sguazza su mimando il passo dell'oca di hitleriana memoria.
Guarda alla storia, il concept dello show, ma è anche attuale, e suona come un monito contro le odierne nostalgie di infauste esperienze totalitarie, alla luce anche del riemergere di movimenti e partiti neonazisti e neofascisti nel Vecchio continente. Non a caso i paesi in cui gli U2 si stabiliscono più a lungo con lo Zooropa Tour sono proprio Italia (come detto, 8 date, la metà delle quali – ironia della sorte - in stadi inaugurati da Benito Mussolini: il Flaminio di Roma e il Renato Dall'Ara di Bologna) e Germania (6 serate, tra cui quella di Berlino, il 15 giugno, nello stesso Olympiastadion teatro dei succitati giochi terzoreich-iani). Il tutto mentre, tra mille problemi, sta nascendo l'architettura tecnocratica che governerà il continente da qui ai decenni a venire. Il 7 febbraio 1992 la firma del Trattato di Maastricht, che entrerà formalmente in vigore il 1 novembre 1993, ha segnato la nascita dell'Ue per come la conosciamo oggi, ma a giudicare dal mood disilluso e decadente dello spettacolo, per gli U2 l'orizzonte non sembra così radioso. Certo, nella title (e opening) track dell'album "Zooropa" cantano "uncertainly can be a guiding light", però qualche traccia dopo dicono pure "I feel like I'm slowly slippin' under/ I feel like I'm holding on to nothing". Del resto è il regno della contraddizione e della stranezza, questa fase artistica degli U2, e la rappresentazione scenica segue di pari passo raccontando la confusione dei tempi correnti, il cosiddetto villaggio globale, inscenando gli odierni paradossi del mondo della comunicazione.

 

I nuovi U2 sono ironici, taglienti, vaghi e inafferrabili. Una ricercata ambiguità che sta segnando il nuovo corso e con cui stanno prendendo le distanze dalla loro immagine messianica degli anni 80. Qui il loro passato "evangelico" è bandito. La prima parte di esibizione è, come nel resto del tour, affidata ai brani dell'album che ha dato il via alla fase acido/elettronica del quartetto, quello "berlinese" del 1991. Le prime sei canzoni (a "Zoo Station" seguono "The Fly", "Even Better Than The Real Thing", "Mysterious Ways", "One" e "Until The End Of The World") sono tutte tratte da lì, la ratio è sempre promuovere "Achtung Baby" al punto che addirittura nessun brano dal lavoro di imminente uscita sarà presente in scaletta. Altra stranezza.
Ma è la tecnologia a rendere unica la rappresentazione, ché di opera teatrale, più che di concerto rock, pare trattarsi. Un'opera teatrale futuristica, all'avanguardia, "vorsprung durch technik". L'uditorio viene bombardato da un profluvio di schegge video e frasi nonsense mischiate alla parimenti stordente musica dei Nostri. Le immagini inebetiscono gli astanti e i messaggi scritti che appaiono e scompaiono sui monitor alla velocità della luce sono spesso slogan mutuati dal linguaggio del marketing, o della propaganda, o ancora delle tecniche di manipolazione delle masse di leboniana memoria. Un po' "1984" di George Orwell, un po' "Essi vivono" di John Carpenter. E sono pure incoerenti tra loro, questi motti uduici, non fai in tempo a somatizzarne uno che subito ti tocca sconfessarlo. E tutto ciò mentre la band, sorniona e incurante, sferraglia sulle note dei suoi brani pregni d'elettricità che paiono staccarti la pelle di dosso.
Non c'è un attimo di tregua, lo spettacolo è martellante, concreto. Unico stacco emozionale, la ballata "One", dedicata al popolo della Bosnia-Erzegovina: "A cinquecento chilometri da qui si muore", afferma Bono con riferimento alla guerra nei Balcani prima di attaccare con la canzone. Zoo TV è macchina e uomo, freddezza e calore, distacco e umanità.

 

Il primo salto indietro è "New Year's Day", poi di nuovo il presente con "Tryin' To Throw Your Arms Around The World" e annesso ballo con una ragazza del pubblico con contestuale stappo di bottiglia di champagne, dopodiché la band allenta un po' e si concede il primo divertissement: l'esibizione canora in solo del batterista sulle note di un classico pezzo popolare irlandese, "Dirty Old Town", prima della fase centrale perlopiù acustica in cui i quattro "staccano la spina" per approdare a un piccolo palco in mezzo alla folla unito al main stage da una lunga passerella. Qui dominano gli "articoli" del catalogo che più prestano il fianco alla versione unplugged, da "Angel Of Harlem" (con in coda un accenno a "My Girl" dei Temptations) a "When Love Comes To Town", a uno straniante duetto virtuale con Lou Reed, il cui volto prende forma all'improvviso sul megaschermo principale, sulle note di "Satellite Of Love". Poi la band si "ri-plugga" e dà vita all'ultima fase prima dei bis, quella più catartica, dedicata ai brani vecchi, o meglio a quelli degli anni 80 presenti su "The Unforgettable Fire" e "The Joshua Tree": ecco quindi "Bad" (con snippet di "All I Want Is You", da "Rattle And Hum"), "Bullet The Blue Sky", "Running To Stand Still", "Where The Streets Have No Name", la salvifica "Pride", ancora di salvezza in mezzo a tanto caos, e infine "I Still Haven't Found What I'm Looking For", che sfocia nella leggendaria "Stand By Me" di Ben E. King.
Ma è dopo la pausa che Bono sfodera il meglio del suo talento istrionico. Torna sul palco in elegantissimo completo dorato, truccato pesantemente in volto e con un paio di corna in testa: adesso è MacPhisto, suo alter ego europeo (che spodesta il collega nordamericano, Mirrorball Man), boriosa e decaduta rockstar ormai avanti con l'età, uno Ziggy Stardust invecchiato e in lamé che ama intrattenere gli astanti con discorsi da teatro dell'assurdo e... scherzi telefonici. Infatti, di solito, dopo essersi presentato cantando quasi in spoken word una versione molto Einstürzende Neubauten di "Desire", si fa portare un telefono e chiama il primo che gli viene in mente, sia esso un capo di governo o il centralino di una compagnia dei taxi locale. A Verona però quel diavolo del vocalist è in vena di ricorrenze e il numero composto è quello dei Clannad, band connazionale e amica degli U2, ai quali, in collegamento diretto con la televisione irlandese, fa gli auguri per i vent'anni di attività intonando "Happy Birthday" insieme al pubblico, divertito e complice.
La sequenza di canzoni finale è poi affidata a "Ultra Violet", "With Or Without You" e "Love Is Blindness", con chiusura solo voce/chitarra sulle note di "Can't Help Falling In Love", storico pezzo di Elvis Presley, a chiudere il cerchio tra passato, presente e futuro del rock. "Elvis is still in the building", dice Bono alla fine, e in un certo senso pure gli U2 ci resteranno, nell'edificio, non fosse altro perché il palco mica verrà smontato: tra 24 ore si replica.

Verona, 3 luglio

 

Altro giro, altra corsa. La seconda recita nella città veneta, con stessi opening act del giorno prima, è ancora più elettrizzante. Di nuovo derby tra rock e opera (stasera all'Arena c'è la Carmen di Bizet) e di nuovo "Guerre stellari" al Bentegodi con la solita Babele di messaggi e ammiccamenti nella prima parte, poi intermezzo soft e rush finale quasi religioso, prima dei bis. Nel pomeriggio Bono è stato intervistato da Bill Carter, un filmmaker americano che lavora in un campo profughi di Sarajevo e durante il concerto, prima di "One", il cantante riferisce al pubblico che nella capitale bosniaca, sotto assedio da più di un anno da parte delle truppe serbo/jugoslave, è stata allestita una discoteca nei sotterranei dove, per tre giorni a settimana, la gente si ritrova a ballare rock e dance a volume altissimo per coprire il rumore delle bombe e dimenticare, fosse anche solo per qualche ora, l'orrore della guerra.

 

Per quanto riguarda il concerto, alcune variazioni in scaletta, tipo niente "Tryin' To Throw Your Arms" e allegato rituale dello champagne più altre cosucce sparse (bandito il "folk act" di Larry, anticipate di qualche slot "Satellite Of Love" e "I Still Haven't Found What I'm Looking For", e inserite "I Will Follow", la Bob Marley-ana "Redemption Song" e "Sunday Bloody Sunday" nel set suonato sul palco B).
I cambiamenti riguardano soprattutto la parte centrale di show, la meno ingessata e quindi più aperta all'improvvisazione. Che poi altro che improvvisazione, tutto è studiato al dettaglio, ogni singola nota, ogni movimento, discorso, parola, e anche i momenti più rilassati, in realtà, sono tasselli di un palinsesto che spacca il secondo. Il 3 luglio, tra l'altro, è l'anniversario della morte di Jim Morrison, pertanto Bono accenna "The End" in coda a "Running To Stand Still", mentre la telefonata di MacPhisto stasera punta dritto al Vaticano: "Ce lo vedete il Papa che fa un tour mondiale?", chiede ironicamente il cantante ai presenti. "Vediamo se riusciamo a svegliarlo", aggiunge, digitando il numero del centralino di San Pietro, che però squilla a vuoto. "Volevo solo chiedergli se gli serviva qualche pezzo del nostro palco, una volta finito lo Zoo TV", dice infine Bono sconsolato.

 

U2 Zooropa Tour

 

Roma, 6 luglio

 

Come detto, alla vigilia del primo concerto romano esce "Zooropa", che gli U2 non hanno ancora minimamente anticipato dal vivo. Quasi tutti si aspettano che accada nella Capitale ma nei giorni precedenti si parla più di burocrazia che di musica. Le date del Flaminio sono infatti precedute dalla polemica sui decibel. I comitati di quartiere sono in rivolta contro gli organizzatori dell'evento, memori anche della precedente visita degli U2, nel 1987 con il The Joshua Tree Tour (ultima volta in Italia prima dell'attuale tournée), quando l'elevata amplificazione sonora provocò danni interni agli appartamenti delle zone Parioli e Flaminio, appunto. Appesi a un filo d'erba, Bono & C., tanto che fino all'ultimo non si sa dove montare il palco, se nell'impianto di viale Tiziano o in un altro spazio. Tra riunioni fiume in prefettura e stravaganti prove tecniche dei tecnici del Comune a mezzo di fonografi, sia allo stadio che in alcune abitazioni scelte a campione tra quelle in prossimità della venue, il tira e molla tra autorità, organizzatori e associazioni di abitanti della zona si protrae fino a poche ore dallo show. Chi si oppone a che il concerto si tenga al Flaminio propone come alternativa lo stadio Olimpico, e in questo caso le serate da due diventerebbero una sola, il 7 luglio; però il Coni non vuole concedere l'utilizzo dell’impianto dove Roma e Lazio disputano le loro partite interne per non rovinare il manto erboso. Negli anni 90 quello dei concerti rock negli stadi è un tema caldo in Italia.
Probabilmente è più un fatto di cultura, e nel 1993 lo scatto di mentalità ancora non c'è stato. Un compromesso potrebbe essere lo speciale tappeto in plastica da stendere sul prato e provato per la prima volta proprio al concerto degli U2 di Verona, ma alla fine, come spesso accade qui da noi, la soluzione è una non soluzione: gli U2 canteranno a voce bassa, ossia gli verrà imposto un limite massimo di decibel (80) superato il quale, eventualmente, scatterebbero severissime sanzioni. La legge in teoria prevedrebbe un tetto di 55 decibel ma il 22 giugno Vasco Rossi, sempre al Flaminio, ha superato i 160. Ma non è finita in fatto di polemiche. Un'altra riguarda il numero di spettatori presenti ai due concerti. Il promoter ha reso noto di aver venduto 35mila biglietti per data, come pattuito, ma i presenti allo stadio risultano essere 42mila per sera e il management della band sospetta che i ticket in più siano stati messi sul mercato illegalmente.

 

Finalmente, una volta aperti i cancelli nel pomeriggio del 6 luglio, la musica torna al centro della scena. Sono ancora An Emotional Fish e Pearl Jam a scaldare il pubblico. Riguardo agli U2, ancora una volta in scaletta non è presente alcun pezzo di "Zooropa", album peraltro molto elettronico e di difficile riproduzione dal vivo. Tra le poche varianti nella lista di canzoni, quasi sovrapponibile a quella della prima data veronese, la presenza per la prima (e ultima) volta in questa parte di tour di "Van Diemen's Land", brano scritto e cantato da The Edge, pubblicato nel 1988 su "Rattle And Hum", storia di emigrazione e soprusi. "Roma, fa caldo", dice Bono prima di "Even Better Than The Real Thing", poi nel consueto atto della phone call il frontman in versione glam/glitterata ci riprova col Papa e stavolta prova a chiamare Castel Gandolfo per chiedere - anticipa al pubblico mentre compone il numero - se il Pontefice è della Roma o della Lazio. All'addetto che risponde, però, dice solo che ha un caro amico che si chiama Giulio Andreotti e che vuole confessarsi. Già, siamo nel pieno di Mani pulite e materiale per ironizzare sull'attualità politica nostrana ce n'è a bizzeffe.

Roma, 7 luglio

 

Durante "Even Better Than The Real Thing", il vincitore di un contest di Mtv viene fatto salire sul palco per prendere il posto di un cameraman tra quelli che operano onstage e riprendere la band per alcuni secondi. Sul lato canzoni, la setlist è simile a quella della seconda data del Bentegodi (l'alternanza tra scaletta "titolare" e "sostituta", peraltro nelle linee guida molto simili tra loro, sarà una costante tra un concerto e l'altro), ma finalmente è il turno di "Zooropa", che fa la sua prima apparizione live nel "momento The Edge" (al posto di "Van Diemen's Land") con il singolo di lancio "Numb", brano originalissimo, scritto e cantato dal solo chitarrista (protagonista anche del relativo videoclip), che su una base pesantemente effettata, tra chitarre e suoni elettronici di varia estrazione, snocciola un testo dalla cadenza quasi rap e formato da singole frasi tutte introdotte dalla negazione "Don't". Uno spasso. Così come divertente è la telefonata di MacPhisto, stavolta all'hotel Raphael dove in teoria alloggerebbe Bettino Craxi e dove, ad aprile, lo stesso, odiatissimo ex-segretario del Psi è stato bersagliato da una pioggia di monetine lanciate dalla folla inferocita per lo scandalo di Tangentopoli. Alla receptionist che risponde il frontman lascia però solo un messaggio per il decaduto leader: "Gli dica che lo cerca Antonio Di Pietro".

 

Alla fine della due giorni, a non essere divertiti sono invece gli abitanti intorno all'area del Flaminio. Gli U2 non hanno rispettato del tutto i limiti di volume, specialmente la prima sera, sforando, seppur di poco, il tetto di decibel imposto dal Comune, per la "gioia" dei cosiddetti pariolini. Già, la polemica ha immancabilmente assunto contorni politici: da una parte il pubblico rock, riconducibile a un immaginario di sinistra; dall'altra i benestanti residenti di una delle zone notoriamente più esclusive della città, ovviamente associati alla destra. Bono e soci vengono denunciati, ma ormai è andata, e loro sono così addolorati che alla fine del secondo concerto se ne vanno a ballare in spiaggia a Fregene.

 

Napoli, 9 luglio

 

U2 Zooropa TourLa prima e finora unica volta a Napoli, per gli U2. Il concerto dello stadio San Paolo, altro impianto "mondiale" nel 1990 al pari del Delle Alpi di Torino e del Renato Dall'Ara di Bologna dove il gruppo è atteso nei giorni successivi, non è stato un regalo di San Gennaro ma, più prosaicamente, l'effetto anche di una veglia notturna organizzata dai fan a inizio febbraio, quando ancora la data era in dubbio, con l'ok definitivo del Comune arrivato solo il mese successivo. Davanti ai 50mila di Fuorigrotta (stranamente non si registra il tutto esaurito), dopo i soliti An Emotional Fish e il nostro Luciano Ligabue (si dice lo abbia scelto Adam in persona), come gruppo "spalla" salgono sul palco nientemeno che gli appena riuniti Velvet Underground. In un mondo ideale sarebbero stati gli U2 ad aprire per Lou Reed, John Cale, Sterling Morrison e Maureen Tucker, ma tant'è.
"Numb" è di nuovo presente in scaletta e durante il set unplugged ancora una volta Bono dedica "Redemption Song" alla martoriata Jugoslavia. E ancora una volta è la politica italiana a ispirare l'ironia del leader nei panni di MacPhisto, che al telefono prova a mettersi in contatto con il carcere di Poggioreale per parlare - annuncia al pubblico - con Nello Polese. Naturalmente non può trovarlo, perché l'ex-sindaco di Napoli è agli arresti domiciliari nella sua villa di Massalubrense; in compenso al telefono risponde l'addetto al centralino del penitenziario che liquida il mefistofelico interlocutore con un "vatt' a cucca', guaglio'". Altra nota di colore sugli stereotipi napoletani, da prendere con ironia, per carità: nelle ore in cui si stava costruendo il palco, qualcuno ha forzato la porta d'ingresso di un deposito per il materiale della crew e ha fatto sparire un carrello elevatore tipo muletto.
Ma anche stavolta gli U2 sono così dispiaciuti che il giorno dopo il concerto se ne vanno in pullman a Positano: prima aperitivo al bar con un bel calice di Caruso di Ravello su una splendida terrazza a picco sul mare, poi pranzo in un ristorante sulla spiaggia (menù: linguine con scampi e frutti di mare, cuoricini di mozzarella e grigliata di pesce misto) e infine capatina in gozzo a Li Galli e ovviamente tuffi e bagni à gogo. E non è finita. Il giorno dopo ancora, visita a Sorrento. Bella la vita da rockstar.

Torino, 12 luglio

 

Tre giorni dopo, il carrozzone multimediale degli U2 giunge a Torino. I quattro arrivano nel tardo pomeriggio, anonimamente, su un furgoncino. Non li ha notati nessuno. Mezz'ora prima sono atterrati a Caselle direttamente da Napoli-Capodichino. La pelle arrossata dal sole (dire abbronzatura è eccessivo per delle pallide e lentigginose epidermidi irlandesi come le loro) indica probabili, robuste dormite al sole nelle giornate campane. Prima del concerto Bono, The Edge, Adam e Larry addentano bistecche king-size appena servite da uno chef rigidamente inglese.
Al Delle Alpi aprono ancora An Emotional Fish e Ligabue, ma non i Velvet Underground. Nella capitale italiana dell'auto, MacPhisto non può che prendere di mira Gianni Agnelli. "Vedete queste Trabant appese qui?", chiede ai fan che intanto si sono già portati avanti intonando in coro una serie di "vaffanculo" indirizzata a Villar Perosa. "Me ne sono rimaste solo tre, pensate che la Fiat mi possa aiutare?". Quindi il frontman compone il numero di Mirafiori, ma la voce che risponde riattacca subito e Bono fa giusto in tempo ad accennare il ritornello di "I Just Called To Say I Love You" di Stevie Wonder, fra le risate del pubblico.
L'indomani la band punta verso Saint-Tropez per un'altra giornata all'insegna del relax, prima di dirigersi a Marsiglia per il concerto del 14 luglio, unico detour forestiero della gita italiana. Da noi torneranno il 17 e 18 luglio per le ultime due serate, quelle bolognesi.

Bologna, 17 luglio

 

Questa volta il divertimento cede ancor di più il passo all'orrore della guerra. Per la prima volta gli U2 si collegano in video via satellite con Bill Carter, il cui racconto delle tristi giornate a Sarajevo è terribile tanto che, terminata la diretta, per la band sarà davvero dura riprendere a suonare. "Siamo a circa 500 chilometri da un posto molto diverso da questo – annuncia Bono un attimo prima che Carter appaia sullo schermo – proveremo a raggiungere la gente di Sarajevo usando la nostra merda di tecnologia che abbiamo qui". Poi il resoconto del regista: "Un'ora fa due bombe hanno ucciso un bambino e ferito cinque persone. La gente mangia l'erba e per trovare dell'acqua bisogna camminare dalle due alle tre ore. Oggi sono andato all'ospedale a trovare un mio amico - prosegue l'inviato - e mentre stava prendendo l'acqua una granata gli esplosa vicino e una scheggia gli si è conficcata in testa. Ha due figlie. Chi andrà a prendere l'acqua per loro adesso? Sapete, mi trovo a meno di un'ora d'aereo da Bologna, se prendessi un volo in questo momento sarei lì da voi prima dell'ultima canzone". Bono resta di sasso e non sa che rispondere, limitandosi a balbettare un “vi pensiamo e preghiamo per voi", salvo poi aggiungere, riferendosi agli abitanti di Sarajevo: "L'Europa dovrebbe prendervi più seriamente di quanto sta facendo. Vi stiamo tradendo".
In effetti un momento del genere piazzato nel bel mezzo di un concerto è una mazzata. Qualcuno potrebbe pensare che morte, paura, sofferenza e devastazione siano ridotte a  intrattenimento, tanto che Bono, poco più tardi, prima di attaccare con "Redemption Song" è costretto ad  ammettere: "C'è dell'osceno in questo, qualcosa non quadra". Ma purtroppo neanche questo basta a eliminare il macigno, che continuerà a pesare sul resto dello show. Ci pensa MacPhisto ad alleggerire un po' il clima telefonando al suo amico Luciano Pavarotti, modenese doc, che ovviamente è a conoscenza della chiamata che sta per arrivare e quando risponde chiede come sta andando il concerto. "Benissimo – risponde Bono – la gente di Bologna è splendida stasera. Come sta la voce del Maestro? So che ultimamente stai dimagrendo ma a me piaci così come sei". Però l'invito a cantare, Big Luciano, lo lascia cadere limitandosi ad augurare salute e felicità a tutti.

Bologna, 18 luglio

 

"Zooropa" è l'album più venduto della settimana in Italia e Bono si dice entusiasta della notizia. Ciononostante, "Numb", suonata anche al Dall'Ara oltre che a Napoli e Torino, resterà l'unica canzone dal nuovo disco proposta nel nostro paese in questo tour. Benché la "botta" del collegamento con Sarajevo della sera precedente non sia stata assorbita del tutto, la band ci "rifà" nel secondo appuntamento felsineo. "In tv non sai se ciò che stai guardando è reale o no – afferma Bono -. Non si capisce più la differenza tra la pubblicità e il notiziario della Cnn. Non puoi fare domande alla televisione. Però qui alla Zoo TV noi ci proveremo". Nel bollettino odierno, Carter racconta che in giornata ci sono stati alcuni combattimenti a Sarajevo, ma a dodici chilometri di distanza, quindicimila rifugiati sono stati presi di mira da un attacco di artiglieria e ora non hanno dove andare. Il cineasta racconta pure che il suo amico colpito dalla granata è morto durante la mattinata. Ma a parlare in diretta video stavolta non è solo lui bensì anche un residente a Sarajevo di nome Darko, ed è la prima volta, in 17 mesi di guerra, che un bosniaco riesce a parlare in diretta al mondo: "Grazie a tutti voi – dice l'uomo – stasera ci sentiamo meno soli. Personalmente, penso che la cosa più triste della guerra sia ritrovarsi divisi dalla propria famiglia, da mia moglie e dai miei figli. Loro vivono e crescono da qualche parte all'estero, senza di me e senza che possiamo nemmeno sentirci. Ma la cosa ancora più terribile è che i miei genitori vivono a quattro chilometri da qui e io è un anno che non riesco a mettermici in contatto". Il Dall'Ara applaude commosso.

 

Riguardo allo stadio bolognese, c'è da dire che fu inaugurato nel 1926 alla presenza di Mussolini, e proprio a Bologna, il giorno dopo, durante il passaggio del cordone presidenziale presso l'angolo tra via Rizzoli e via Indipendenza, l'anarchico Anteo Zamboni provò a sparare all'allora primo ministro, salvo fallire il colpo ed essere poi linciato in piazza dagli squadristi. Bono probabilmente non è a conoscenza del fatto, però, nei diabolici panni di MacPhisto, si diverte a parlare del Duce: "Credete sarebbe stato bene con indosso un vestito come il mio?", chiede alla folla. "Mi manca, e a voi?", insiste. Ovviamente il pubblico in coro risponde di no. "Credo però che lui abbia una nipote molto carina", aggiunge, ammiccante, prima di comporre il numero di Alessandra Mussolini, all'epoca deputata missina, per lasciarle un messaggio in segreteria: "Ero un grande amico di tuo nonno, stai facendo un ottimo lavoro. Domattina lascerò l'Italia ma ti porterò per sempre nel cuore". Già, nel cuore, lo stesso posto dove gli oltre 350mila fortunati che hanno assistito alle date italiane porteranno per sempre gli U2, questi U2.