Approda al secondo album l'enigmatica band dell'Essex, a due anni dal buon esordio "Strange House" del 2007. Ed è subito una piacevole quanto inaspettata sorpresa dover constatare come il gruppo sia radicalmente mutato sotto il profilo dello stile e della ricerca sonora. Se ricordavamo infatti gli Horrors come uno scapestrato manipolo di teppistelli dispettosi dediti a una forma di onesto garage psychobilly vagamente cacofonico e infarcito di citazioni che andavano da Nuggets ai Cramps, passando per Suicide, Pussy Galore e Gun Club, il nuovo lavoro "Primary Colours" segna invece uno scarto piuttosto netto in direzione di un eclettismo formale incardinato nei due estremi ideali del post-punk (nella sua variante più scura e malmostosa) e dello shoegaze. La produzione di Geoff Barrow contribuisce in questo senso in maniera decisiva nel caratterizzare il suono del disco, esaltando la sua natura cinematografica e avvolgente, nel complesso assai dilatata e a tratti quasi allucinatoria, invischiata in una bolla deformante di synth stratificati, suoni mandati in loop e chitarre riverberate.
La natura delle nuove canzoni è come detto piuttosto composita, ma l'umore generale è decisamente notturno e decadente, fortemente influenzato dall'esoterismo catacombale e balbettante di un disco come "Closer" dei Joy Division, ma anche dalle produzioni di band come Bauhaus, Virgin Prunes, Theatre Of Hate, primi Sisters Of Mercy (anche, a tratti, Pere Ubu e Swell Maps nei frangenti più destrutturati). Gran parte dell'interesse dell'album risiede però nell'innesto di tale grammatica goth-wave all'interno di un suono denso e granuloso, una sorta di mucosa sonora dalla consistenza filamentosa e dissonante, palesemente debitrice in pari misura delle intuizioni stilistiche dei My Bloody Valentine e dei Jesus And Mary Chain, nella quale i feedback distorti delle chitarre trattate annegano in gorghi di tastiere e organetti sintetici, con risultati spesso di grande suggestione e potere ipnotico.
L'iniziale "Mirror's Image" costituisce un buon compendio di quanto appena osservato, ma di pezzi ragguardevoli se ne trovano diversi, ad esempio il blues sgranato di "I Only Think Of You" che presto si trasfigura in una litania farfugliante o in una specie di mantra ripetuto fino all'autoconsunzione, senza poi trascurare il muro sonoro di chitarre e tastiere che crolla sulla title track seppellendola sotto spesse stratificazioni di detriti sonori compressi l'uno sull'altro, sempre supportati da tracciati ritmici d'impronta marcatamente wave e da una voce nitida e declamante, in perfetto stile Peter Murphy/Robert Smith. Molto belle anche "Do You Remember" (con le maggiori credenziali di spendibilità radiofonica), "Scarlet Fields" (con un giro di basso che pare un omaggio più che esplicito ai Joy Division) e la demoniaca "New Ice Age", tutti pezzi che mettono ben in evidenza la vorace erudizione musicale della band e il suo spiccato trasformismo stilistico/compositivo, capace di manipolare con notevole scaltrezza e agilità una pluralità enciclopedica di generi e strutture, in una sorta di elogio interminabile della citazione, in cui l'artificio imitativo raggiunge esiti di mimetismo davvero impressionanti.
Qualcuno sarà tentato di bollare l'operazione nei termini di uno sterile revival formalisticamente pasticciato e scostante, eppure l'impressione è quella di trovarsi di fronte a dei giovani Zelig senza volto capaci di metabolizzare e riprodurre ogni forma musicale con cui entrano in contatto, sfruttando al massimo tutte le potenzialità tecnico-produttive fornite dalle apparecchiature di registrazione (non per niente gli Horrors sono grandi seguaci di Joe Meek). Da questo punto di vista il capolavoro del disco finisce con l'essere proprio il singolo "Sea Within The Sea", una lunga marcia funebre dal passo saettante e cadenzato, capace di fondere i Neu! e Vangelis con gli Ultravox, attraverso una complessa progressione strutturale articolata in tre movimenti fondamentali.
Con "Primary Colours" gli Horrors si confermano, nonostante la giovanissima età, una compagine talentuosa e creativamente irrequieta, iperconsapevole e sottilmente programmatica in ogni più piccola mossa o scelta di stile. Insieme ad altre nuove voci che stanno guadagnando consensi e attenzione in quest'ultimo periodo (Hatcham Social, Electricity In Our Homes, Neils Children fra gli altri) gli Horrors rappresentano con tutta probabilità quanto di meglio possa offrire oggi la scena rock inglese più vitale e alternativa.
29/05/2009