Quel che colpisce di Sasami Ashworth, musicista queer americana di origini sudcoreane, sono l’innata capacità di trasmutazione, il grande eclettismo. Prima con i Cherry Glazerr, la rock band nella quale ha militato fino al 2018, poi nei primi due album prodotti come solista, Sasami ha avuto la forza, la capacità e la curiosità di imprimere repentine svolte al proprio stile musicale.
Mentre “Sasami” – l’esordio a nome proprio - nel 2019 si posizionava fra un lieve indie rock dai toni confessionali e un intimo bedroom pop non privo di qualche increspatura, il successivo “Squeeze” (2022) si mostrava ben più appuntito, arrivando ad accogliere suoni industrial-nu metal, oltre a evidenziare una scrittura in costante crescita. Con “Blood On The Silver Screen” avviene un’ulteriore inversione che non ti aspetti, questa volta in direzione mainstream pop, con poche - e improvvise - chitarre a supportare ritmiche spesso tendenti all’Edm e lo sguardo rivolto ad alcuni dei nomi che oltreoceano occupano abitualmente le parti alte delle classifiche di vendita.
L’uragano Taylor Swift sta creando un’infinità di imitatrici, non necessariamente esordienti: quello di Gracie Abrams è diventato il caso-scuola, e non è da meno il nuovo singolo di Chappell Roan, “The Giver”, che pare uscito fuori da uno dei lavori country-pop della Swift adolescente. Anche cantanti ben più navigate si stanno ponendo in scia, basti ascoltare “How Bad Do You Want Me”, la traccia numero 8 di “Mayhem”, il nuovo album di Lady Gaga.
Il songwriting di Taylor, i ritornelli killer, i bridge potenti, un certo modo di utilizzare la voce, con espedienti a sorpresa pronti a sorprendere l’ascoltatore, sono tutti elementi posti sotto osservazione da chi oggi scrive canzoni pop. E Sasami ha fatto i compiti davvero molto bene: ascoltate con attenzione le prime due canzoni di “Blood On The Silver Screen”, che conferiscono subito il mood all’album, “Slugger”, e ancor più la successiva “Just Be Friends” (occhio in particolare al ritornello): ci troviamo chiaramente nell’orizzonte stilistico della superstar dei record, brani perfetti sia per ballare che per struggersi, impregnati di malinconia ma al tempo stesso di un certo desiderio di spensieratezza, che nel caso di Sasami viene palesato attraverso l’utilizzo di tappeti ritmici da club.
Nelle canzoni che compongono “Blood On The Silver Screen” vengono affrontate prevalentemente questioni di cuore, e c’è persino una revenge song, “Possessed”, che potremmo inquadrare dalle parti di Caroline Polachek; in “I’ll Be Gone”, invece, la struttura della strofa ricorda “Perfect Stranger” di Fka Twigs (dal recente “Eusexua”), con un’energetica andatura electropop.
Le chitarre emergono nel teen soft-rock di “Love Makes You Do Crazy Things”, in “For The Weekend”, canzone sul romanticismo a breve termine imposto dalle app per appuntamenti, ma anche in “Honeycrash” e nella conclusiva “The Seed”, con quelle armonie stratificate che flirtano volentieri con il grunge.
Il duetto con Clairo “In Love With A Memory” deve molto agli Strokes (o ai Phoenix, fate voi) più nostalgici, mentre Lana Del Rey è il riferimento più ovvio nella costruzione di “Nothing But A Sad Face On”, a rinsaldare l’arrotondamento degli spigoli e l’intenzione di edulcorare il primitivo spirito alt-rock di Sasami.
Ne esce un album a tratti spersonalizzante, prodotto catturando rifrazioni provenienti da altre stelle della musica contemporanea. Difficile stabilire se si tratti di un’operazione furba oppure di sentiti omaggi: il risultato finale è comunque gradevole, a tratti avvincente, anche se non riesce mai a raggiungere il medesimo livello dei riferimenti ai quali si ispira. I fan della prima ora (non che siano poi così tanti eh…) avrebbero di sicuro preferito una produzione meno curata, soluzioni meno studiate a tavolino e suoni complessivamente più grezzi, ma a Sasami va riconosciuto il merito di saper applicare una certa tensione alla tipica estetica radiofonica.
Scrivere canzoni pop è un’arte che merita rispetto, e potremmo aver guadagnato una potenziale popstar del circuito alternativo da tenere in grande considerazione. Potremmo… se non ambisse ogni volta a cambiar volto, manifestando l’intenzione di modificare continuamente il proprio futuro. Instancabili metamorfosi.
18/03/2025